Il trapianto di microbiota fecale potrebbe prevenire/ridurre le recidive dell’encefalopatia epatica, una complicanza della malattia epatica cronica
Il trapianto di microbiota fecale rappresenta una nuova strategia che potrebbe prevenire/ridurre le recidive dell’encefalopatia epatica, una complicanza frequente e grave sia della malattia epatica cronica che dell’insufficienza epatica acuta, che causa uno stato simile alla demenza. Se ne è parlato del corso della sessione di apertura del Congresso dell’European Association for the Study of the Liver (EASL), svoltosi a giugno a Milano.
Il trapianto di microbiota fecale (FMT), noto anche come trapianto di microbiota intestinale, potrebbe prevenire le recidive di encefalopatia epatica (HE) nei pazienti affetti da cirrosi.
Con il FMT, si trasferisce un ecosistema di microbi “buoni”, in modo da modificare il microbioma intestinale dei pazienti con malattia epatica avanzata; così facendo si ottiene il risultato di ridurre la tossicità cerebrale associata.
Come dimostrano i risultati di uno studio randomizzato controllato di fase 2, presentato nel capoluogo lombardo, è emerso come il FMT ha ridotto in modo significativo le recidive di HE rispetto al placebo nei pazienti con cirrosi in trattamento standard. Non solo il FMT è risultato più vantaggioso, ma non ha avuto importanza la via di somministrazione, orale o tramite clistere, il che è positivo perché quest’ultima via di somministrazione pare piuttosto sgradita. Anche il profilo del donatore (vegano o onnivoro) e l’intervallo di dosi non hanno influito sull’efficacia del FMT.
Encefalopatia epatica
L’encefalopatia epatica è una complicanza frequente e grave sia della malattia epatica cronica che dell’insufficienza epatica acuta, come anche di uno shunt porto-sistemico. L’HE causa uno stato simile alla demenza: si manifesta con un ampio spettro di anomalie neuropsichiatriche, da alterazioni subcliniche (lieve deterioramento cognitivo) a disorientamento, confusione e coma marcati. L’onere clinico ed economico dell’HE è considerevole e contribuisce notevolmente a compromettere la qualità della vita, la morbilità e la mortalità.
Il trattamento principale dell’HE è costituito da disaccaridi non assorbibili come il lattulosio e la rifaximina. Tuttavia, tali terapie standard spesso non danno risultati, il che significa che il paziente viene frequentemente ricoverato in ospedale. Questo è un onere per la famiglia e per i pazienti ed è molto difficile da gestire dal punto di vista clinico e psicosociale. Sono necessari strumenti migliori per prognosticare quali pazienti svilupperanno l’HE, ma le strategie basate sul microbioma e sulla metabolomica paiono promettenti.
Lo studio
Lo studio in doppio cieco, randomizzato e controllato con placebo ha coinvolto un totale di 60 pazienti con cirrosi che avevano sofferto di HE. Di età compresa tra i 61 e i 65 anni, i partecipanti avevano punteggi MELD (Model for End-Stage Liver Disease) di 12-13, tutti assumevano lattulosio e rifaximina e tutti avevano manifestato l’ultimo episodio di encefalopatia epatica 8-13 mesi prima.
I partecipanti presentavano simili livelli cognitivi di base, Sickness Impact Profile (SIP) e gravità della cirrosi. Sono stati esclusi i soggetti con infezioni recenti, che assumevano altri antibiotici, con un punteggio MELD > 22, che avevano ricevuto un trapianto o che erano immunosoppressi.
I partecipanti allo studio sono stati suddivisi in quattro gruppi in base alla somministrazione terapeutica (n=15 ciascuno):
⦁ terapia FMT attiva orale e clistere (gruppo 1),
⦁ FMT attiva orale e clistere con placebo (gruppo 2),
⦁ placebo orale e clistere con FMT attiva (gruppo 3)
⦁ placebo per via orale e mediante clistere (gruppo 4).
La dose di FMT è stata somministrata con una frequenza pari a zero (tutti i placebo), oppure una, due o tre, a distanza di un mese l’una dall’altra.
Tra coloro che, in aggiunta alle cure standard, hanno ricevuto la FMT attiva, i due terzi l’hanno avuta da donatori onnivori e un terzo quella da vegani.
Le unità formanti colonie utilizzate erano standard e uguali sia che venissero somministrate tramite capsule orali che tramite clistere. Una procedura simile a quanto fatto nello studio di fase 1.
Sono state eseguite analisi intent-to-treat (ITT) con dati a 6 mesi. Gli esiti primari sono stati la sicurezza e la recidiva di HE (definita come di grado ≥ 2 secondo i criteri di West-Haven). Gli outcome secondari hanno incluso altri eventi avversi, variazioni delle infezioni, della gravità della cirrosi e della cognizione, nonché gli esiti riferiti dai pazienti. È stata inoltre condotta una rivalutazione statistica per la recidiva di encefalopatia epatica. I pazienti sono stati seguiti per 6 mesi o fino al decesso.
I risultati
La recidiva di HE è stata più alta (40%) nei pazienti del gruppo 4 rispetto a quelli del gruppo 1 (13%), del gruppo 2 (13%) e del gruppo 3 (0%), così come le ospedalizzazioni legate a problemi epatici (47% vs 7%-20%).
Con la FMT sono migliorati i punteggi SIP totali/fisici e psichici (p=0,003).
Quando tutti i pazienti sono stati inclusi nell’analisi, la ricorrenza dell’encefalopatia epatica è risultata correlata al numero di dosi (odds radio [OR], 0,27; 95% CI, 0,10-0,79; p=0,02), al sesso maschile (OR, 0,16; 95% CI, 0,03-0,89; p=0,04) e alla SIP fisica (OR, 1,05; 95% CI, 1,01- 1,10, p=0,05).
Tuttavia, analizzando i risultati relativi ai soli riceventi di FMT, non state riscontrate correlazioni tra le recidive e il dosaggio, la via di somministrazione e la fonte del donatore.
Tra i pazienti trattati con il solo placebo, 6 (40%) hanno avuto una recidiva rispetto ai 4 (8,8%) trattati con FMT. La risposta di un paziente che ha ricevuto almeno una dose di FMT è stata migliore di quella di un soggetto che non ne ha ricevuta nessuna.
Sei pazienti si sono ritirati: due del gruppo 1 sono morti in seguito a encefalopatia epatica e cadute, mentre uno del gruppo 2 è morto dopo una crisi epilettica. Altri tre non sono tornati per le visite di controllo. Quattro pazienti hanno sviluppato infezioni, tra cui peritonite batterica spontanea, colecistite e cellulite, tutte non correlate alla FMT.
Conclusioni
I risultati di questo trial evidenziano il ruolo centrale del microbiota intestinale della disbiosi nella fisiopatologia dell’encefalopatia epatica.
Questa ricerca può essere particolarmente importante per i pazienti immunocompromessi che sono a maggior rischio di trasmissione di infezioni. Anche il fatto che la via di somministrazione non sia significativa va considerato un risultato rilevante, poiché la somministrazione orale è molto più percorribile rispetto a quella per clistere. Inoltre, come anticipato, è auspicabile trovare un’alternativa alla rifaximina e al lattulosio, che sono spesso mal tollerati.
Questa ricerca di fase 2 pone le basi per studi più ampi di fase 3 in pazienti che non rispondono alla terapia di prima linea. A parere degli autori, considerando che la FMT sembra essere ben tollerata ed efficace in questi pazienti, se lo studio più ampio di fase 3 mostrerà risultati simili, si può sperare che questa diventi una terapia standard.
Bajaj et al. Thematic trial: phase 2 dose-ranging randomized clinical trial of capsular or enema fecal microbiota transplant to prevent hepatic encephalopathy in cirrhosis already on Rifaximin and Lactulose. General Session I: GS-001. EASL, 5-8 giugno 2024 Milano
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