Chmp dice sì a elafibranor per il trattamento della Colangite Biliare Primitiva


Il Chmp ha espresso parere positivo circa l’approvazione di elafibranor per il trattamento della Colangite Biliare Primitiva, in combinazione con acido ursodesossicolico o da solo

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Il Comitato per i medicinali ad uso umano (Chmp) dell’ Ema (Agenzia Europea per i Medicinali) ha espresso parere positivo circa l’approvazione di elafibranor per il trattamento della Colangite Biliare Primitiva (PBC), in combinazione con acido ursodesossicolico (UDCA) negli adulti con una risposta inadeguata all’UDCA o come monoterapia nei pazienti che non tollerano l’UDCA.

Elafibranor è un trattamento primo nella sua categoria (first-in class), agonista orale del recettore attivato dal proliferatore del perossisoma (PPAR). Ipsen ha acquisito i diritti per elafibranor da Genfit nel 2021.

Il parere positivo del Chmp si basa principalmente sui dati dello studio di fase III ELATIVE. L’endpoint composito è stato raggiunto, con esiti che hanno dimostrato miglioramenti statisticamente significativi nei livelli di fosfatasi alcalina (ALP) e bilirubina totale (TBC), due biomarcatori della progressione della PBC. Per l’endpoint secondario chiave, la variazione dell’intensità del prurito, utilizzando il punteggio PBC Worst Itch NRS, è stata osservata una tendenza al miglioramento del prurito non statisticamente significativa per elafibranor rispetto al placebo.
Per valutare il prurito sono state utilizzate altre due misure secondarie di esiti riferiti dal paziente nelle quali sono state osservate riduzioni maggiori con elafibranor rispetto al placebo alla settimana 52 secondo nel dominio del prurito del questionario sulla qualità della vita PBC-40 (differenza media LS -2,3; IC 95%, da -4,0 a -0,7) e secondo il punteggio totale della scala 5-D Itch (differenza media LS, -3,0; IC 95%, da -5,5 a -0,5).1

“La PBC è una malattia progressiva con un elevato numero di pazienti che non rispondono ai trattamenti attualmente disponibili o che non li tollerano. Questo può comportare una continua progressione della patologia, che potrebbe non essere rilevata fino alla successiva visita del paziente, un intervallo che in alcuni casi può durare fino a 12 mesi. – ha spiegato Marco Carbone, Professore di Gastroenterologia, Università di Milano Bicocca e consulente epatologo presso il Centro Trapianti di Fegato dell’ospedale Niguarda di Milano – È importante non solo esaminare regolarmente i pazienti affetti da PBC per garantire che i livelli di fosfatasi alcalina, o ALP, e bilirubina siano entro i limiti di normalità, ma anche discutere dei sintomi che potrebbero compromettere la qualità della vita, determinando potenzialmente la sospensione dei trattamenti in corso”.

“È utile che le persone con diagnosi di PBC sappiano che la progressione della malattia deve essere monitorata attraverso i livelli di biomarcatori nel sangue, come l’ALP. – ha affermato Sindee Weinbaum, Patient Advocate della European Liver Patients’ Association – Essere consapevoli di questi livelli aiuta la persona con PBC ad avere un maggiore controllo della malattia e a intraprendere un dialogo costruttivo con il proprio medico, al fine di controllare i sintomi e individuare quale sia il trattamento più adatto. Questo è importante per le persone con PBC, che a volte possono sentirsi inascoltate”.