Leucemia linfatica cronica: super tasso di risposta con zanubrutinib più venetoclax


Leucemia linfatica cronica/linfoma a piccoli linfociti: tasso di risposta globale del 100% con zanubrutinib più venetoclax

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Il trattamento con la combinazione di zanubrutinib (inibitore selettivo della tirosin-chinasi di Bruton, BTK) e venetoclax (inibitore della proteina anti-apoptotica Bcl-2) può produrre un tasso di risposta obiettiva (ORR) del 100% in pazienti con leucemia linfatica cronica o linfoma a piccoli linfociti portatori di delezioni del cromosoma 17p e/o mutazioni di TP53, naïve al trattamento. A dimostrarlo sono i risultati relativi al braccio D dello studio di fase 3

A dimostrarlo sono i risultati relativi al braccio D dello studio di fase 3 SEQUOIA, presentati a Madrid durante il congresso della European Hematology Society (EHA).

I dati hanno mostrato che, a un follow-up mediano di 31,6 mesi (range: 0,4-50,5), i 65 pazienti del braccio D valutabili per la risposta hanno ottenuto un tasso di risposta completa (CR) del 46%, un tasso di recupero incompleto delle conte ematiche (CRi) del 2%, un tasso di risposta parziale (PR) del 51% e un tasso di PR con linfocitosi del 2%.

«Con i risultati preliminari del trattamento con  zanubrutinib più venetoclax nel braccio D dello studio SEQUOIA vediamo un profilo di sicurezza e tollerabilità favorevole, senza nuovi segnali di sicurezza», ha detto durante la sua presentazione Paolo Ghia, dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «I tassi di fibrillazione atriale e ipertensione sono stati bassi» ha aggiunto l’autore.

Lo studio SEQUOIA
SEQUOIA è uno studio di fase 3 che ha prevedeva quattro bracci. Nei bracci A e B, pazienti con leucemia linfatica cronica o linfoma a piccoli linfociti non trattati in precedenza sono stati assegnati in modo casuale secondo un rapporto 1:1 al trattamento con zanubrutinib da solo (braccio A) o bendamustina più rituximab (braccio B).

Da sottolineare che i risultati precedenti della parte randomizzata dello studio hanno contribuito a supportare l’approvazione di zanubrutinib per il trattamento di pazienti con leucemia linfatica cronica o linfoma a piccoli linfociti da parte della Food and drug administration nel gennaio 2023.

Lo studio comprendeva anche due bracci non randomizzati. Nel braccio C, pazienti con leucemia linfatica cronica/linfoma a piccoli linfociti con delezioni del 17p, precedentemente non trattati, sono stati trattati con zanubrutinib in monoterapia.

Il braccio D, pazienti non trattati con delezioni del 17p e mutazioni di TP53
Per poter essere arruolati nel braccio D, i pazienti dovevano avere una leucemia linfatica cronica o un linfoma a piccoli linfociti non trattati in precedenza, che soddisfacessero i criteri per il trattamento dell’International Workshop on CLL e che avessero una malattia misurabile mediante Tac o Rm. Inoltre, i pazienti dovevano essere portatori di delezioni del 17p confermate centralmente tramite FISH e/o mutazioni di TP53.

All’interno del braccio D (114 pazienti), la popolazione comprendeva due gruppi: pazienti con delezioni del 17p e/o mutazioni di TP53 (66 pazienti) e senza delezioni del 17p (48 pazienti). L’arruolamento in questi gruppi è iniziato rispettivamente a novembre 2019 e gennaio 2022. Al congresso di Madrid sono stati presentati i dati del primo gruppo.

Tutti i pazienti nel braccio D sono stati trattati con zanubrutinib e venetoclax. Zanubrutinib è stato somministrato alla dose di 160 mg due volte al giorno in monoterapia per tre cicli di lead-in, poi alla stessa dose in associazione con venetoclax. Quest’ultimo è stato aumentato fino a 400 mg una volta al giorno per 12-24 cicli e zanubrutinib è stato somministrato per almeno 27 cicli.

Possibile interrompere il trattamento in caso di MRD non rilevabile
Il protocollo dello studio prevedeva anche regole di interruzione del trattamento per ciascun agente basate sul riscontro di una malattia minima residua (MRD) non rilevabile. Venetoclax doveva essere somministrato per almeno 12 cicli prima di essere interrotto e zanubrutinib per almeno 27 cicli.

Per interrompere il trattamento con entrambi gli agenti dovevano inoltre essere soddisfatte tutte le seguenti condizioni: ottenimento di una CR/CRi confermata tramite biopsia del midollo osseo, MRD non rilevabile (valutata con una sensibilità pari a 10-4) in due esami consecutivi del sangue periferico condotti a distanza di almeno 12 settimane l’uno dall’altro, MRD non rilevabile (valutata con una sensibilità pari a 10-4) in due esami del sangue consecutivi del midollo osseo condotti a distanza di almeno 12 settimane l’uno dall’altro.

Gli endpoint nel braccio D includevano l’ORR valutato dallo sperimentatore, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) valutata dallo sperimentatore, il tasso di MRD non rilevabile valutata con una sensibilità pari a 10-4 e la sicurezza.

Tra i 66 pazienti con leucemia linfatica cronica che presentavano una delezione del 17p e/o una mutazione di TP53, tre hanno lasciato lo studio prima dell’inizio del trattamento con venetoclax , di cui due perché deceduti e uno per decisione del paziente. Al momento del cut-off dei dati (31 gennaio 2024), tre dei 63 pazienti che avevano iniziato zanubrutinib più venetoclax non erano più nello studio, di cui due perché deceduti e uno perché preso al follow-up.

Cinque pazienti erano nel follow-up per la valutazione della sopravvivenza a lungo termine (due) e dell’efficacia post-trattamento (tre). Cinquantacinque pazienti erano ancora in trattamento, di cui otto trattati con zanubrutinib più venetoclax e 47 trattati con zanubrutinib in monoterapia dopo aver interrotto il trattamento con venetoclax.

Undici pazienti (il 17%) avevano interrotto il trattamento con zanubrutinib a causa di effetti avversi (8%), progressione della malattia (3%), trattamento completato con un’interruzione precoce grazie alla non rilevabilità della MRD (5%) e ritiro del paziente (2%). Cinquantacinque pazienti (83%) avevano interrotto il trattamento con venetoclax a causa di eventi avversi (3%), progressione della malattia (3%), decisione dello sperimentatore (2%) e completamento del trattamento (76%).

In coloro che hanno completato il trattamento con venetoclax, i motivi per l’interruzione includevano il raggiungimento di 24 cicli (74%) e l’interruzione precoce in virtù di una MRD non rilevabile (2%).

La popolazione in studio
L’età mediana dei pazienti inclusi nel braccio D era di 66 anni (range. 26-87) e il 55% dei pazienti aveva almeno 65 anni di età. La maggior parte di essi erano maschi (52%) e bianchi (88%). Per quanto riguarda il performance status ECOG, il 48% dei pazienti aveva un punteggio pari a 1 e il 3% un punteggio pari a 2. Inoltre, il 5% dei pazienti aveva un linfoma a piccoli linfociti. Il 44% presentava una lesione target con un diametro più lungo di almeno 5 cm e l’8% presentava una lesione target con un diametro più lungo di almeno 10 cm.

Tutti i pazienti presentavano delezioni di 17p e/o mutazioni di TP53. Il 64% dei pazienti presentava una delezione del 17p e contemporaneamente una mutazione di TP53, il 26% una delezione del 17p con TP53 wild-type e l’11% una mutazione di TP53 ,ma nessuna delezione del 17p. L’85% dei pazienti, inoltre, aveva immunoglobuline (IGHV) non mutate. Per quanto riguarda i cariotipi complessi, il 50% dei pazienti presentava almeno tre anomalie citogenetiche e il 36% ne presentava almeno cinque. La percentuale mediana di nuclei anomali con delezioni del 17p era del 60,5% (range: 1%-98%).

Tassi di MRD non rilevabile aumentati nel tempo e mediana di PFS non raggiunta
La percentuale di pazienti ad alto rischio di sindrome da lisi tumorale (TLS) è diminuita del 91% dopo il periodo di lead-in di zanubrutinib. Al basale, il 34,8% dei pazienti era ad alto rischio di TLS e, prima di iniziare il trattamento con venetoclax, tale tasso è sceso al 3%.

Con l’aumentare della durata del trattamento, sono aumentati i tassi di MRD non rilevabile nel sangue periferico. Il più alto tasso di MRD non rilevabile nel sangue periferico registrato in qualsiasi momento nei pazienti valutabili con almeno un campione (66) è risultato del 59%, mentre il più alto tasso di MRD non rilevabile nel midollo osseo per i pazienti con almeno un campione (35) è risultato del 37%.

La PFS mediana non è stata raggiunta e i tassi di PFS a 12 e 24 mesi sono risultati rispettivamente del 95% e 94%.

Il profilo di sicurezza
Per quanto riguarda la sicurezza, gli eventi avversi manifestati durante il trattamento (TEAE) riportati in almeno il 10% dei pazienti sono stati COVID-19 (grado 1/2: 52%; grado ≥ 3: 3%), diarrea (30%; 9%), nausea (30%; 0%), contusioni (29%; 0%), affaticamento (23%; 0%), neutropenia (5%; 17%), artralgia (15%; 0%), epistassi (11%; 0%), caduta (11%; 0%) e petecchie (11%; 0%).

I TEAE di particolare interesse sono stati infezioni (grado 1/2: 56%; grado ≥ 3: 15%), emorragie (52%; 2%), neutropenia (5%; 17%), seconda neoplasia maligna primaria (5%; 8%), ipertensione (2%; 8%), anemia (6%; 2%), trombocitopenia (6%; 2%) e fibrillazione atriale/flutter (0%; 2%).

I TEAE hanno richiesto l’interruzione  di zanubrutinib, l’interruzione  di venetoclax e causato il decesso rispettivamente nell’8%, 3% e 5% dei pazienti.
«Lo studio è in corso e, si spera, nei prossimi anni presenteremo i risultati dopo l’interruzione del trattamento per il riscontro di una MRD non rilevabile,» ha concluso Ghia.

Bibliografia
M.A. Shuo, et al. Combination of zanubrutinib + venetoclax for treatment-naive CLL/SLL with del(17p) and/or TP53: preliminary results from SEQUOIA arm D. EHA 2024; abstract S160. leggi