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L’arpagofito è un prezioso alleato per il dolore articolare

La remissione clinica nell'artrite reumatoide è associata a benefici economici, quali una riduzione fino al 75% dei costi medici legati alla patologia, secondo nuovi studi

L’arpagofito, soprannominato “artiglio del diavolo” è tradizionalmente usato come tonico amaro per trattare emicranie, dolori, ferite o febbri e patologie articolari

L’artrite reumatoide (AR) colpisce circa l’1% della popolazione, si manifesta soprattutto tra i 25 e i 50 anni di età e interessa più le donne che gli uomini (di 2–3 volte). Le cause della malattia non sono ancora del tutto note. È considerata una malattia autoimmune e quindi si ritiene che le componenti del sistema immunitario attacchino le parti molli che ricoprono le articolazioni.

Con il passare del tempo la cartilagine, l’osso e i legamenti delle articolazioni risultano erosi e questo comporta deformità, instabilità e formazione di tessuto cicatriziale all’interno dell’articolazione. Le articolazioni infiammate si presentano rigide al momento di alzarsi al mattino per almeno 30 min. e dopo un lungo periodo di inattività tendono a bloccarsi in una posizione al punto di non potersi flettere o estendere completamente.

Nel 90% dei soggetti con AR la velocità di sedimentazione (VES), esame che misura la velocità con cui i globuli rossi si depositano sul fondo di una provetta contenente sangue, aumenta e questo indica la presenza di un’infiammazione in atto. Così pure nel 70% dei soggetti con AR è presente il fattore reumatoide (anticorpi caratteristici nel sangue); inoltre è presente una lieve anemia. La patologia articolare più frequente è comunque l’artrosi, detta in passato artrite degenerativa. Si tratta di una malattia cronica della cartilagine articolare e dei tessuti circostanti, caratterizzata da dolore, rigidità e deficit funzionale.

Le donne di età compresa tra i 40 e i 70 anni hanno maggiore probabilità di sviluppare l’artrosi. Dopo i 70 anni la patologia si sviluppa in egual misura sia nelle donne che nell’uomo. L’artrosi con ogni probabilità inizia con un’alterazione delle cellule che sintetizzano il collagene e i proteoglicani (i componenti della cartilagine). Successivamente la cartilagine tende a trattenere i liquidi, si gonfia e si lacera in superficie diventando ruvida e scavata. L’osso può a sua volta svilupparsi oltre ogni misura ai margini dell’articolazione dando luogo a sporgenti visibili e palpabili.

Anche le altre componenti dell’articolazione e cioè la capsula articolare, il tessuto sinoviale, i tendini e i legamenti possono indebolirsi con conseguente alterazione articolare. L’AR è una malattia che difficilmente regredisce spontaneamente. Il riposo e una dieta ricca di pesce e di oli vegetali, ma povera di carni rosse, possono giovare al paziente con AR. Lo stretching e l’esercizio posturale aiuteranno invece a migliorare lo stato di salute della cartilagine e l’ampiezza di movimenti articolari nei casi di artrosi. Comunque, per alleviare i sintomi e rallentare la progressione di queste malattie, si ricorre ai farmaci antinfiammatori non steroidei (per es. paracetamolo), ai farmaci ad azione lenta (sali d’oro, pennicillamina, sulfasalazina), ai corticosteroidi, agli immunosoppressori (metotrexate, azatioprina, ciclofosfamide, ciclosporina). La terapia farmacologica presenta dei benefici, ma anche dei rischi.

Questo ha portato in anni recenti a riesaminare l’efficacia dei prodotti vegetali sia in campo sperimentale che clinico. Risultati incoraggianti si sono ottenuti con l’arpagofito. Alcuni studi clinici considerati di “alta qualità”, in quanto soddisfano più del 50% dei criteri di qualità metodologica, sono stati analizzati in due revisioni sistematiche e i risultati ottenuti consentono di affermare che l’arpagofito allevia il dolore e migliora l’infiammazione muscolare e la mobilità delle articolazioni nei casi di lombalgia, artrosi del ginocchio e dell’anca e in altre patologie artritiche.

Conosciuto con il nome scientifico di Harpagophytum procumbens, l’arpogofito (o artiglio del diavolo) è una pianta da fiore della famiglia del sesamo originaria delle regioni desertiche dell’Africa Sudorientale. La parte utilizzata sono i rizomi, frutti con piccole sporgenze a forma di uncino.

Anche se la pianta fu raccolta e descritta da ricercatori europei nel 1820, i potenziali terapeutici dell’arpagofito furono scoperti solo più tardi, nel 1907, da Mehnert, un coltivatore tedesco che viveva in Namibia. Costui, venuto a conoscenza delle proprietà terapeutiche che questa droga vantava presso gli indigeni, incominciò a inviare campioni di arpagofito in Germania con l’intento di farla studiare da un punto di vista chimico e farmacologico. Zorn, dell’Università di Jena, fu il primo a studiarne le proprietà antiflogistiche; grazie a questi studi l’arpagofito verrà utilizzato di lì a poco nell’artrite reumatoide e nell’osteoartrite, oltre che per combattere tendinite, mal di testa, lombalgia, dolori mestruali.

In Africa numerosi gruppi etnici utilizzano abitualmente i rizomi dell’artiglio del diavolo per svariati usi. Per curare lo stomaco, dolori post-partum, febbre, inappetenza, indigestione, per guarire le malattie infettive, curare l’infertilità femminile e i dolori agli arti. L’artiglio del diavolo è diventato oggetto di molteplici studi scientifici negli anni ‘50 quando gli scienziati tedeschi hanno iniziato a interessarsi alla medicina tradizionale della Namibia.

Da allora, si utilizzano preparati a base di tuberi per trattare le artrosi dolorose, le tendiniti, la gotta, la lombalgia, la mialgia, la dispepsia, l’inappetenza e come terapia di sostegno per i reumatismi degenerativi. Fino agli anni ‘90, si sapeva poco delle sostanze attive precise, dei loro effetti esatti e della loro efficacia. Ormai ulteriori studi hanno mostrato che alcuni estratti di arpagofito sono efficaci e il loro utilizzo non presenta controindicazioni.

Al giorno d’oggi, l’arpagofito è uno dei prodotti altamente protetti in Botswana, Repubblica di Sud Africa e Namibia, in modo che la sua raccolta ed esportazione sono sottoposti a severi controlli e limitazioni, essendo inserita nella lista CITES (Convenzione sul Commercio Internazionale di Specie Minacciate di Fauna e Flora selvatica). Una caratteristica determinante della fisiologia di questo arbusto è la sua elevata resistenza agli agenti atmosferici e ai parassiti, rispetto ad altre piante, che è dovuta alla produzione di una sostanza che la rende capace di resistere alle alte temperature, agli attacchi dei parassiti propri delle aree desertiche e all’azione dei raggi ultravioletti.

PRINCIPALI COMPONENTI DELL’ARPAGOFITO
L’arpagofito presenta la sua ricchezza in composti di diverse proprietà terapeutiche che migliorano la salute, che sono ulteriormente rafforzate con altri principi attivi generati da questa pianta, che rende questa sostanza secreta dall’arpagofito un vero tesoro all’interno del vasto campo della medicina naturale, come confermano molti specialisti del settore. Non a caso, agli inizi del secolo scorso si sono aperte linee di ricerche che hanno portato alla scoperta di circa una cinquantina di composti organici con attività biologica per ridurre i dolori e i problemi di salute sono, essendo la maggioranza quelli appartenenti al gruppo degli iridoidi, e al loro interno i glicosidi monoterpeni, che rappresentano circa il 3% della sostanza secca della pianta di arpagofito. E fra questi loro, il ruolo più importante è quello dell’arpagoside, principio attivo che è stato incluso nella farmacopea e meritevole del titolo di massimo responsabile delle proprietà curative di Harpagophytum procumbens, e di miglior anti-infiammatorio estratto da una pianta medicinale.

L’arpagoside è responsabile dell’eliminazione dei problemi di dolore legati all’infiammazione e migliorare efficacemente la salute attraverso un trattamento naturale. Proprio a causa della massiccia domanda di oggi delle proprietà dell’artiglio del diavolo tra i rimedi naturali, quasi senza confini geografici, si è progressivamente introdotta da alcuni anni la sua coltivazione organizzata alla ricerca di un impianto di produzione sufficiente a sostenere le esigenze industriali dei laboratori che producono le varie presentazioni.

Possiamo creare una lista separata delle diverse sostanze che entrano in gioco quando si configura il potere medicinale dell’arpagofito, in modo da poter dire che le sostanze a cui deve il suo potere terapeutico sono:

• Glicosidi del tipo iridoide: arpagoside o arpagide, procumbide, arpagido e acido cinnamico libero, tra gli altri.
• Glicosidi fenolici: acteoside, verbascoside e isoacteoside.
• Fitosteroli: beta-sitosterolo e stigmasterolo.
• Steroli liberi ed esterificati.
• Flavonoidi, come il kenferol.
• Acidi triterpenici, come l’oleanolico.
• Stachiosio (zucchero composto da fruttosio, glucosio e galattosio).
• Acido caffeico
• Oli essenziali aromatici

BENEFICI DELL’ARAPAGOFITO
Il gruppo di principi attivi chiamato iridoide (talvolta vengono chiamati anche glucoiridoidi) si distingue per produrre l’inibizione di alcune delle principali sostanze coinvolte nel processo infiammatorio, le prostaglandine; questo effetto si ottiene riducendo la permeabilità delle membrane cellulari e prevenendo l’azione dell’enzima sintetasi-prostaglandina. La presenza dei glicosidi iridoidi, composti amari che stimolano la produzione dei succhi gastrici, conferisce alla droga anche proprietà digestive (2,4).

Un’altra funzione abbastanza avvalorata dell’arpagofito, e in parte legata al contesto della salute articolare, è il suo aumento della diuresi, in quanto da questo deriva una migliore facilità di escrezione dell’acido urico in eccesso nel sangue, e risaputa è l’influenza di alti livelli di questo composto nel deterioramento dell’integrità dell’articolazione per il fenomeno di cristallizzazione che lo riguarda (per questo viene spesso utilizzato come una delle piante con il miglior effetto calmante per gli intensi dolori caratteristici della gotta). Detto questo, risulta chiara la sua capacità di agire come agente depurante nel corpo, poichè oltre a contribuire alla escrezione di urato lo fa con una moltitudine di sostanze tossiche attraverso l’urina, agendo simultaneamente come arma preventiva, a lungo termine, delle coliche renali.

Gli studi preclinici hanno mostrato proprietà antinfiammatorie, antireumatiche, e antidolorifiche dell’arpagofito in diversi modelli animali (2). Tali effetti sembrano da ricondurre ad un’interferenza con la cascata dell’acido arachidonico, con conseguente riduzione dei fattori infiammatori (1,2); più recentemente, è stata riportata anche una modulazione del sistema endocannabinoide (3). L’utilizzo dell’artiglio del diavolo è sostenuto scientificamente grazie alla sua azione calmante (5,6) in caso di disturbi articolar (7,8) e di dolori lombari (9,10). L’estratto di questa pianta può inoltre essere impiegato in creme e gel per uso esterno (11,12).

Gli estratti di arpagofito sono contenuti all’interno di diversi prodotti per uso orale (integratori alimentari usati principalmente per favorire il benessere articolare) e per uso cutaneo (creme o pomate utilizzate per lenire sintomi dolorosi dovuti ad affezioni articolari e affezioni di natura reumatica).

L’arpagofito può essere utilizzato in associazione con altre sostanze per migliorare reciprocamente le loro proprietà, come ad esempio nel caso di prodotti contenenti acido ialuronico o collagene, entrambi riconosciuti come stimolanti con proprietà rigenerative dei tessuti cellulari, in particolare quello cartilagineo e connettivo. Per assumere arpagofito con altre sostanze, è necessario conoscere gli effetti collaterali e le controindicazioni dell’arpagofito. In particolare, la sinergia si traduce in: l’arpagofito riduce il dolore associato con l’infiammazione mentre l’acido ialuronico si comporta nella matrice extracellulare come uno stimolo per aumentare il tasso di divisione cellulare di fibroblasti, che sono le cellule che occupano la maggior parte del tessuto connettivo, sospesi in una matrice di collagene che loro stessi producono. Da tutto ciò emergono straordinari benefici non solo nell’elasticità e la compattezza dei tessuti molli, ma anche nella capsula sinoviale delle articolazioni.

CONTROINDICAZIONI, effetti collaterali dell’Arpagofito
Il consumo regolare di artiglio del diavolo può causare lievi problemi intestinali, tra cui un transito accelerato. La pianta può anche irritare lo stomaco, da qui la necessità di assumerla con il cibo. L’arpagofito è controindicato in caso di ulcere gastriche o duodenali, nonché nei diabetici e nelle persone con malattie cardiovascolari. Anche le donne in gravidanza dovrebbero evitare di assumere l’arpagofito.

Fonti:
https://www.hsnstore.it/blog/nutrizione/piante/arpagofito/
https://www.natsabe.it/blog/medicina/l-arpagofito-artiglio-del-diavolo-come-antiflogistico-antireumatico-/?idC=62115&idO=65648

Pubblicazioni scientifiche
L’arpagofito è oggetto di 191 pubblicazioni scientifiche (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/?term=Harpagophytum%5BTitle%2FAbstract%5D)

BIBLIOGRAFIA:
1. Pharmaceuticals 2021, 14, 726. https://doi.org/10.3390/ph14080726
2. EMA/HMPC/627058/2015
3. Nutrients, 12(9), 2545. https://doi.org/10.3390/nu12092545
4. Decreto direttoriale del 4 agosto 2021 che modifica l’Allegato 1 del DM 10 agosto 2018
5. Community herbal monograph on Harpagophytum procumbens DC. and/or Harpagophytum zeyheri Decne, Radix Committee On Herbal Medicinal Products (HMPC) Doc. Ref.: EMEA/HMPC/251323/2006 http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Herbal_-_Community_herbal_monograph/2010/01/WC500059018.pdf
6. Anti-inflammatory and analgesic effects of an aqueous extract of Harpagophytum procumbens.
Lanhers MC, Fleurentin J, Mortier F, Vinche A, Younos C. Planta Med. 1992 Apr;58(2):117-23. Pubmed: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/1529021
7. Harpagophytum und Harpagophytum-Präparate in der Schweiz
Dr. Christoph Bachmann Phytotherapie Nr. 3 • 2004 ASTRAL: http://phyto.astral.ch/Phyto/ALL/phytotherapie/003-2004/05-harpagophym-praep-CH.pdf
8. A review of the biological and potential therapeutic actions of Harpagophytum procumbens. Grant L, McBean DE, Fyfe L, Warnock AM. Phytother Res. 2007 Mar;21(3):199-209. Pubmed: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17128436
9. Effectiveness of Harpagophytum procumbens in treatment of acute low back pain.
Chrubasik S, Zimpfer C, Schütt U, Ziegler R. Phytomedicine. 1996 May;3(1):1-10.
Pubmed: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23194854
10. Harpgophytum procumbens for osteoarthritis and low back pain: a systematic review.
Gagnier JJ, Chrubasik S, Manheimer E. BMC Complement Altern Med. 2004 Sep 15;4:13.
PMC: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC520753/pdf/1472-6882-4-13.pdf
11. A novel ex vivo skin model for the assessment of the potential transcutaneous anti-inflammatory effect of topically applied Harpagophytum procumbens extract. Ouitas NA, Heard CM. Int J Pharm. 2009 Jul 6;376(1-2):63-8. Pubmed: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19383533
12. Effect of the major glycosides of Harpagophytum procumbens (Devil’s Claw) on epidermal cyclooxygenase-2 (COX-2) in vitro. Abdelouahab N, Heard C. J Nat Prod. 2008 May;71(5):746-9.
Pubmed: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18412394

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