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Chiesa Ortodossa Ucraina al bando: intervista a Monsignor Filippo Ortenzi

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Intervista al Metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana, Monsignor Filippo Ortenzi, sulla messa fuori legge della Chiesa Ortodossa Ucraina

È di queste ore la notizia della messa al bando in Ucraina della Chiesa ortodossa, ritenuta dal governo Zelensky troppo legata al Patriarcato di Mosca.  In merito all’episodio abbiamo intervistato Monsignor Filippo Ortenzi (Filippo I) Metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana, arcivescovo di Roma, vescovo del Mercurion e Presidente della U.I.C.O.A. (Unione Internazionale delle Chiese Ortodosse Autocefale).
 
Secondo il Parlamento di Kiev la Chiesa ortodossa Ucraina è assoggettata al Patriarcato di Mosca, da qui la decisione di metterla al bando. Qual è la sua opinione al riguardo Monsignore?
In Ucraina con il governo Zelensky le libertà costituzionali sono state di fatto sospese. Tutti i partiti politici della minoranza russofona e quelli di sinistra sono stati messi al bando, rimanendo solo le forze politiche, legate al regime. Si tratta di una delle peggiori derive autoritarie del nostro tempo. Che anche la Chiesa Ortodossa Ucraina venisse colpita c’era da aspettarselo, vi erano già tutte le premesse, mancava solo il passo ufficiale con la ratifica del Parlamento, come appunto è avvenuto in questi giorni.
Mi permetta, Monsignore, a prescindere dalla sua premessa, peraltro supportata dai fatti, l’accusa del governo Zelensky che tale Chiesa sia assoggettata al Patriarcato di Mosca, potrebbe avere qualche elemento di verità? 
Dobbiamo considerare innanzitutto l’importanza della Chiesa Ortodossa Ucraina all’interno di quello Stato, che vede, infatti, una presenza di oltre seimila tra chiese, monasteri e altri beni, addirittura più di quello che possiede la Chiesa Ortodossa in Russia. Già mesi fa era stato chiuso il monastero di Pečerska Lavra, da dove erano stati scacciati trecento monaci. Un monastero considerato da sempre il centro spirituale più importante di tutta l’ortodossia russa. In realtà la richiesta di scioglimento fu avanzata alla Duma di Kiev il giorno prima che la Russia invadesse il Donbass. Sintomatico!
Il provvedimento poi è stato sospeso, il che non toglie buona parte  dei sacerdoti della Chiesa Ortodossa Ucraina, in tutta la parte occidentale dell’Ucraina, fossero stati cacciati manu militari dalla polizia e dagli estremisti scissionisti ortodossi filo occidentali e dai greco cattolici. In Ucraina il Governo favorisce le minoranze evangeliche e islamiche, cerca di accreditare la scisssionista Chiesa Ucraina, nata nel 2019 e legata a Costantinopoli, quale unica realtà ortodossa ammessa nello Stato e favorisce la cattolicizzazione della nazione, come dimostra il fatto che parecchie di luoghi di culto della Chiesa Ortodossa, soprattutto in Galizia, Volinia, e territori vicini, sono stati occupati  dalla Chiesa Greco Cattolica Uniate, più gradita al regime.

Ci spiega nel dettaglio perché la Chiesa ortodossa Ucraina è tata accusata di essere assoggettata al Patriarcato i Mosca, da cui la recente messa al bando?

Facciamo un attimo un passo indietro. La conversione della Russia all’Ucraina fu fatta a inizio del Primo millennio da Vladimir il Santo il quale era principe variago della Rus’ di Kiev, un territorio che comprendeva parte dell’Ucraina, della Bielorussia e soltanto una piccola parte della Moscova. La Russia è nata in Ucraina e Kiev è stata la prima metropolia della Chiesa ortodossa russa, ricordiamolo bene questo. Solo successivamente la sede si sposto’ in Russia, per intenderci quella conosciuta come la Grande Russia. I primi metropoliti di Mosca si chiamavano metropoliti di Kiev. E la chiesa è stata sempre una sola.

L’ ortodossia russa, ripeto, è nata a Kiev, che da sempre è la città sacra, appunto, dell’ortodossia russa.

Oltre che della messa al bando della Chiesa ortodossa ucraina che, secondo il governo di Zelensky, sarebbe legata a Mosca, oggi si parla di un’altra chiesa ortodossa ucraina, quella creata dagli scissionisti legati al patriarcato di Costantinopoli. Ci spiega, Monsignore, meglio questa realtà?

Il patriarcato di Costantinopoli è da oltre quattrocento anni che ha concesso il diritto di autocefalia al Patriarcato di Mosca, per cui non aveva alcun diritto di creare una chiesa scismatica nel territorio canonico di un’altra chiesa. Chiesa, quest’ultima, che non è  riconosciuta dalla maggior parte delle chiese ortodosse mondiali. In realtà l’ ortodossia ormai si è divisa in due. Abbiamo quella di Mosca che ha rotto le relazioni con le Chiese Greco Ortodosse, che sono collegate a Costantinopoli, come il Patriarcato di Alessandria d’Egitto,  la Chiesa di Cipro,  quella della Grecia e quella dell’ Albania. Mentre, ad esempio la Chiesa di Serbia, di Georgia, di Antiochia, d’America e altre, non riconoscono la Chiesa scismatica di Ucraina che sta sotto Costantinopoli.

Quali, quindi, i Patriarcati che non riconoscono questa Chiesa ortodossa ucraina dello scisma. E ancora la Chiesa Ortodossa italiana che lei rappresenta che posizione ha in merito?

Dei quattro Patriarcati storici, quelli della Pentarchia, tolto il Patriarcato di Roma, andato in scisma nel 1054, la Chiesa scismatica è riconosciuta dai Patriarcati di Costantinopoli e di Alessandria d’Egitto, mentre non lo è né da Gerusalemme né da Antiochia. Quanto a noi, fermo restando che non abbiamo rapporti ne’ con la Chiesa che riconosce come guida spirituale Costantinopoli, né con quella sotto la guida spirituale di Mosca,  consideriamo assurdo che il nostro Paese spenda i soldi dei contribuenti per armare uno Stato come l’Ucraina che, come nella narrazione di pressoché tutti i mass media, si pone quale difensore dei principi della democrazia, ma che in realtà ha messo al bando una chiesa nella quale si riconosce la stragrande maggioranza degli ucraini e che è la Chiesa Ortodossa Ucraina, che pur essendo sotto la guida spirituale del Patriarca di Mosca, ha una propria autonomia ed un proprio Metropolita. Mentre, per essere precisi, la Chiesa scissionista, sotto l’egida del Patriarcato di Costantinopoli, sebbene si proclami aurocefala, in realtà non ha autonomia, essendosi Costantinopoli riservato una serie di diritti tra cui quello di consacrare il myron (olio crismale) e di porre sotto la propria giurisdizione tutte le chiese ucraine della diaspora. Trattasi in ogni caso di una Chiesa scissionista fatta sul territorio canonico di un’altra Chiesa.

Da ultimo, Monsignore Ortenzi, qual è il suo giudizio nella sua veste di Metropolita e rappresentante della Chiesa ortodossa italiana su quanto accaduto?

Il giudizio non può che essere assolutamente negativo e di grande sconforto per quanto accaduto in Ucraina. Provo una viva preoccupazione per la tenuta della democrazia in quel Paese. Il mio auspicio e il mio appello è che il governo italiano si faccia promotore della libertà religiosa e, ovviamente, di una incisiva azione a favore della Pace in quel territorio sempre più martoriato dalla guerra. Episodi simili, di messa al bando di una chiesa, non si erano mai visti se non nei peggiori regimi comunisti. Sono gravissimi sintomi di una deriva autoritaria pericolosa. Persino Stalin, il più famigerato dei dittatori comunisti, aveva ripristinato il Patriarcato riconoscendo una seppure minima libertà alla Chiesa Ortodossa Russa. Nell’attuale Ucraina non c’è nemmeno questo, è stato cancellato persino quel minimo di libertà religiosa, uno dei cardini per la sopravvivenza delle moderne democrazie e della nostra civiltà.

Cosa chiede la vostra Chiesa al Governo italiano?

La nostra Chiesa chiede al Governo italiano di intervenire presso le autorità ucraine in difesa della libertà religiosa del popolo ucraino, ricordando che l’Ucraina il 28 febbraio 2022  ha fatto domanda di adesione alla Comunità Europea e dal 14 dicembre 2023 ha iniziato le trattative per entrare a farne parte. Si ricorda che per aderire all’Unione occorre riconoscersi nella Carta dei diritti fondamentali della stessa che,  all’articolo 10 riconosce a tutti il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione e che tale diritto alla libertà di culto è un principio fondamentale che non dovrebbe mai essere compromesso, neanche in tempi di crisi.
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