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Artrite psoriasica: swap da anti-TNF ad anti IL-17 strategia migliore

Artrite psoriasica: la terapia di combinazione a base di metotressato e leflunomide induce miglioramenti di entità maggiore dell'attività di malattia

La strategia “swap” basata sul passaggio da un farmaco anti-TNF ad un inibitore di IL-17 come secukinumab è la miglior scelta per l’artrite psoriasica

I risultati di uno studio multicentrico italiano di real world evidence, messo a punto dal gruppo italiano BIRRA (BIologic Retention Rate Assessment) e presentato al congresso EULAR, ha dimostrato che l’adozione di una strategia di “swap” (basata sul passaggio da un trattamento di prima linea con un farmaco anti-TNF ad un inibitore di IL-17 come secukinumab) rappresenta la miglior scelta, in termini di retention rate (persistenza in terapia), nei pazienti con PsA che non rispondono ad un trattamento di prima linea con un anti-TNF.

Questo studio suffraga pertanto l’ipotesi che il cambiamento del meccanismo d’azione del farmaco impiegato in seconda battuta potrebbe migliorare le chance di adottare il trattamento più efficace per la PsA nella pratica clinica reale.

Razionale e obiettivi dello studio
L’impiego dei farmaci biologici anti-TNF ha portato a significativi progressi nel trattamento di malattie come l’artrite reumatoide (AR), l’artrite psoriasica (PsA) e le spondiloartriti assiali (axSpA). Tuttavia, circa il 40%-50% dei pazienti nella pratica clinica non presenta una risposta soddisfacente a questi farmaci, a causa dell’incapacità di mantenere una buona risposta al trattamento nel tempo o dello sviluppo di eventi avversi (AE) che conducono alla sospensione del trattamento. In risposta a questa sfida, in reumatologia si è iniziato a considerare il “cycling” e lo “swap” terapeutico come due alternative per il trattamento di seconda linea in caso di fallimento terapeutico.

Il “cycling” terapeutico si riferisce alla sostituzione di un farmaco con un altro che ha lo stesso meccanismo d’azione (ad esempio, un farmaco anti-TNF sostituito da un altro farmaco anti-TNF come trattamento di seconda linea).
Lo “swap” terapeutico, invece. implica la sostituzione di un farmaco con un altro che ha un meccanismo d’azione diverso.

Ad oggi, le linee guida sul trattamento della PsA non danno indicazioni in merito all’impiego preferenziale del “cycling” o dello “swap” terapeutico. Infatti, se si considerano le motivazioni alla base dell’implementazione della raccomandazione n.10 del documento delle raccomandazioni EULAR sulla PsA recentemente aggiornate, si evince come la sua formulazione “…sia rimasta invariata rispetto al 2019, con livelli di evidenza invariati, (…) non essendovi ancora dati solidi per preferire uno switch con un cambio di meccanismo d’azione rispetto ad un cycling all’interno della stessa modalità d’azione”.

“Il gruppo BIRRA – spiega ai nostri microfoni il dott. Simone Parisi (Reumatologo Struttura Complessa di Reumatologia, A.O.U. Citta della Salute e della Scienza di Torino) – è un gruppo di studio che si occupa di analizzare fondamentalmente l’andamento delle terapie con farmaci biologici nei pazienti affetti da reumatismi infiammatori. L’obiettivo di questo studio multicentrico italiano di real life che abbiamo presentato al congresso è stato quello di verificare se, in presenza di un fallimento terapeutico con un farmaco anti-TNF. sia meglio ricorrere al “cycling” o allo “swap” terapeutico ai fini della retention rate (cioè la persistenza in terapia) – un surrogato, di fatto, dell’efficacia di un trattamento nella real life.

Disegno dello studio 
In questo studio multicentrico osservazionale retrospettivo, sono stati arruolati pazienti affetti da PsA (secondo i criteri CASPAR) che erano andati incontro ad insuccesso terapeutico con un anti-TNF utilizzato in prima linea, successivamente sottoposti a trattamento con un altro farmaco anti-TNF o con un inibitore di IL-17.

“I farmaci anti IL-17 utilizzati nello studio – ha sottolineato Parisi – erano rappresentati dal secukinunab e da ixekizumab, anche la coorte in studio era costituita prevalentemente da pazienti trattati con secukinumab in ragione della sua introduzione in commercio in Italia fin dal 2015”.
Per ciascuno degli individui inclusi nello studio erano state raccolti, al reclutamento, i dati seguenti:
– informazioni anamnestiche (età, sesso)
– durata di malattia
– presenza di PsA assiale
– punteggio DAPSA di attività di malattia
– terapie biologiche effettuate
– impiego di DMARDcs e steroidi
– durata del trattamento
– causa di insuccesso terapeutico

I pazienti sono stati divisi in due gruppi in base alla strategia utilizzata: cycling (cioè da TNFi a TNFi) (CG) o swap (cioè da TNFi a IL17i) (SG).

I ricercatori hanno fatto ricorso alle curve di Kaplan-Meier per mettere a confronto l’efficacia nella real life delle due strategie e all’analisi multivariabile di Cox per identificare i fattori di rischio in grado di influenzare la persistenza in terapia.

Risultati principali e considerazioni conclusive
La coorte in toto dello studio era costituita da 347 pazienti – 160 di sesso maschile, 187 di sesso femminile, aventi un’età media di 56 anni (IQR: 47-63). Di questi, 217 erano stati sottoposti a “cycling” terapeutico, mentre 130 a “swap” terapeutico.

Dall’analisi dei dati è emerso che la persistenza in terapia dei pazienti sottoposti a “swap” terapeutico era più elevata rispetto a quella dei pazienti sottoposti a “cycling” (57,8% vs. 45,2%, p= 0,01), un vantaggio che ha raggiunto la significatività statistica (p=0,01).

Inoltre, considerando la coorte di pazienti in toto, è stato osservato che i fattori predittivi, rispettivamente, di interruzione del trattamento e di mancata interruzione (e, quindi, indirettamente, di efficacia della terapia) erano rappresentati, dal punteggio DAPSA di attività di malattia (HR: 1,03; IC95%: 1.01-1.05; p=0.0009) e dall’adozione della strategia di “swap” terapeutico (HR:0,49; IC95%:0,27-0,90; p=0,02).

Nel commentare i risultati, il dott. Parisi ha tenuto a sottolineare, in primis, come lo studio da loro presentato abbia dimostrato come a 5 anni, la differenza di persistenza in terapia con i due regimi terapeutici messi a confronto sia stata del 10-15% a favore del regime di “swap” terapeutico.

Non solo: rispetto ad altri studi simili, lo studio presentato aveva la peculiarità di valutare il dato della persistenza in terapia in base all’anno di prescrizione dei farmaci sopra indicati. Ciò ha permesso di scattare una fotografia reale di quello che poi è il cambiamento di atteggiamento terapeutico avvenuto nella pratica clinica all’interno della comunità reumatologica.

“Benchè lo studio fosse inizialmente sbilanciato a favore della strategia del “cycling” degli anti-TNF – spiega  Parisi – in quanto all’inizio  era disponibile solo questa classe di farmaci nel trattamento della PsA, con il tempo e con l’introduzione degli anti IL-17 si è visto come lo “swap” terapeutico abbia migliorato la “retention rate” di questi pazienti”.

“Pertanto – conclude – i risultati di questo studio sembrano suggerire che modificare il meccanismo d’azione del farmaco utilizzato come trattamento di seconda linea potrebbe aumentare le possibilità di scegliere il trattamento più efficace per la PsA nella pratica clinica quotidiana.

Bibliografia
Ariani A et al, on behalf of BIRRA, Cycling vs swap TNFi and IL17i in psoriatic arthritis: results from the BIRRA retrospective observational study. Poster POS0266, EULAR 2024, Vienna

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