Debora Mele debutta sulla scena editoriale con “Regno nero”


“Regno nero”, il romanzo d’esordio di Debora Mele disponibile nelle librerie e online, è un invito alla resilienza e alla rinascita

debora mele

Sarà forse per la grande capacità stilistica e narrativa di Mele o per l’eleganza con cui vengono affrontati i temi cari all’opera e all’autrice, che risulta praticamente impossibile abbandonare “Regno nero” prima che si sia giunti, tra lacrime e sorrisi, dinnanzi all’ultima pagina.

“Regno nero” segna l’esordio della giovane scrittrice sarda – emiliana d’adozione, e invita i lettori (in modo particolare le lettrici) a cercare la luce nel buio.

Un invito alla resilienza, alla rinascita dopo l’oscurità. Un grido di coraggio che investe chiunque si appresti a leggere l’opera. La prefazione è molto intima e funzionale alla narrazione: intima perché è scritta direttamente dalla figlia dell’autrice, Stella, ma è anche funzionale all’intreccio narrativo perché fornisce al lettore un dettaglio significativo che mette in moto la storia – poiché se il lettore conoscerà il corso degli eventi che travolgono la protagonista a mano a mano che la narrazione procede, fin dall’incipit gli è manifesto sia che la protagonista avrà una figlia sia che sarà vittima di abusi e infinito dolore. Poche pagine a seguire, infatti, subito dopo l’estratto dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ci si ritrova immersi nella storia di “Regno nero”, quando Debora, ormai maggiorenne, rifiuta il sistema di valori e morali con cui ha dovuto fare i conti per tutta l’infanzia. Debora decide di abbandonare la Sardegna, in una fuga che la condurrà lontano dall’isola apparentemente felice – ma fatta di sguardi giudicanti, ancora legati ad antichi e sbagliati modi di pensare – e da una famiglia devota ai precetti dei Testimoni di Geova.

«Ma davvero questa sarà la mia vita? Piena di terrore? Con l’ansia che possa cambiare tutto ed io non potevo farci niente, se non lasciarmi trasportare dagli eventi? Io non sono d’accordo. Qualcuno ha chiesto il mio parere? A me non sembra, non ricordo. Anzi, era così e basta, questo, perché eravamo alla fine del sistema di cose. Alla fine? Di che cosa? Quale sistema?»

La autobiografia di Debora Mele è dolorosa ma carica di sensazioni positive. Nella sua crudezza non si risparmia di raccontare gli eventi così come accadono, ma è anche intrisa di fiducia e comprensione verso gli altri, di speranza e gioia – perché parte dall’assunto che Debora abbia già ottenuto il proprio riscatto quando la narrazione esordisce. Stilisticamente parlando, l’opera appare come una lunga lettera, una epistola che alterna la prima alla seconda persona e che talvolta si presenta come un monologo interiore, una specie di flusso di coscienza che aiuta la protagonista a trovare la propria strada: eppure il lettore non si smarrisce, viene guidato per mano, tramite piccole anticipazioni disseminate lungo le pagine che si chiariscono solo procedendo nella lettura. Attraverso salti temporali e spaziali continui, Debora decide di riappropriarsi di tutto ciò che le è stato sottratto. In primis la dignità – persa a causa dei maltrattamenti di un padre severo, egoista, referente massimo di un’organizzazione religiosa ancora agli albori. Un padre che non riesce a mettersi mai nei panni della figlia e del dolore della moglie, che pretende e decide ogni cosa. Ma Debora si riappropria anche dell’amore per tutto ciò che la circonda, di un modo spensierato – per lei inedito – di vivere la vita. Perché Debora, quando abbandona l’isola per il continente è come se avesse disimparato ad amare: o meglio, è come se non avesse mai avuto modo di conoscere l’amore prima della fuga.

A permeare l’intero “Regno nero” c’è il dolore causato dalle violenze paterne e dai silenzi della madre, di cui Debora non potrà mai dimenticarsi.

Eppure, anche per quella donna, Debora ha sempre una parola buona: non la difende ma la comprende, nonostante abbia dovuto pagare a caro prezzo il peso dei suoi silenzi. E di madri, in questo romanzo autobiografico ce ne sono almeno due, perché non si può che accennare almeno qualcosa di Vita – la cugina del padre che accoglierà Debora a Roma, nella prima tappa della sua fuga, disposta ad andare contro i precetti religiosi e le minacce familiari. Una quasi inspiegabile malattia che colpisce la mandibola e la testa, un diploma conquistato in età adulta con tutte le difficoltà che comporta, una figlia piccola da tirar su – e un padre, se tale si può considerare, che la forza ad avere quella bambina. E ancora: l’università e la laurea in Scienze dell’Educazione: questo sarà l’esordio della seconda vita di Debora, fino al riscatto amoroso, l’incontro con una persona che dal primo momento le fa capire che è quella giusta, la prima da cui possa di nuovo cominciare a fidarsi di qualcuno; fino ai viaggi in giro per il mondo, l’incontro con personaggi singolari da cui Mele apprende sempre qualcosa. L’opera prima di Debora Mele è un’opera necessaria: una denuncia coraggiosa che trasmette forza e consapevolezza su uno dei mali peggiori che affliggono il nostro mondo.

Titolo dell’opera: Regno nero – Dal sorgere dell’alba al calore del tramonto
Autore: Debora Mele
Editore: Gruppo editoriale Albatros
Genere: Biografia, romanzo
Pagine: 128