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Mastocitosi sistemica avanzata: risposte durature con avapritinib

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I pazienti affetti da mastocitosi sistemica avanzata trattati con l’inibitore di KIT D816V avapritinib continuano a mostrare risposte profonde e durature

I pazienti affetti da mastocitosi sistemica avanzata trattati con l’inibitore di KIT D816V avapritinib continuano a mostrare risposte profonde e durature, con un profilo rischio-beneficio favorevole, anche dopo oltre 3 anni di follow-up, indipendentemente dal sottotipo di mastocitosi sistemica avanzata o dall’aver già effettuato una precedente terapia, anche se i risultati migliori si ottengono nei pazienti naïve ai trattamenti.

Lo dimostrano i risultati aggiornati dello studio di fase 2 PATHFINDER, da poco presentati a Madrid in una sessione orale al congresso annuale della European Hematology Association (EHA) da Andreas Reiter, del Dipartimento di Ematologia e Oncologia dell’Ospedale universitario di Mannheim e dell’Università di Heidelberg, in Germania.

Nei pazienti valutabili, il tasso di risposta obiettiva (ORR) è risultato del 73%, percentuale che è salita quasi al 90% nei pazienti non trattati in precedenza con nessun’altra terapia. Inoltre, dopo oltre 3 anni di follow-up la mediana di sopravvivenza globale (OS) non era ancora stata raggiunta né nella popolazione complessiva né nei diversi sottotipi di malattia, e indipendentemente dalla storia di trattamento.

«Avapritinib ha davvero un’attività disease-modifying nei pazienti con mastocitosi sistemica avanzata e continua a mostrare effetti profondi e mantenuti nel tempo, con un profilo rischio-beneicio favorevole», ha affermato Reiter a conclusione della sua presentazione.

La mastocitosi sistemica avanzata
La mastocitosi sistemica avanzata è una rara neoplasia ematologica clonale scatenata nel 95% dei casi dalla presenza della mutazione driver D816V del gene KIT e che comprende diversi sottotipi di malattia: la mastocitosi sistemica aggressiva (ASM), la mastocitosi sistemica associata a una neoplasia ematologica (SM-AHN) e la leucemia mastocitaria (MCL).

Si tratta di una malattia clonale dei mastociti, cellule che hanno origine nel midollo osseo e che normalmente fungono da effettori del sistema immunitario, con un ruolo importante nella difesa dell’organismo dalle infezioni e nella mediazione delle reazioni allergiche e infiammatorie.

Questa neoplasia, ha spiegato Reiter, è caratterizzata dalla proliferazione e infiltrazione dei mastociti in vari organi, che può tradursi in un danno d’organo potenzialmente letale e una diminuzione della sopravvivenza. Inoltre, l’iperattivazione e il rilascio di mediatori da parte dei mastociti causano spesso sintomi severi e invalidanti, associati a una compromissione funzionale e a una marcata riduzione della qualità di vita.

Di fatto, i pazienti affetti da mastocitosi sistemica avanzata hanno una cattiva prognosi, con una sopravvivenza mediana di 3,4-6,2 anni nel caso della ASM, 2-2,9 anni per la SM-AHN e 0,2-1,9 anni per la MCL.

La mutazione KIT D816V e avapritinib
Avapritinib è stato progettato per colpire in modo potente e selettivo la mutazione D816V del gene KIT. Questo gene produce una proteina di superficie che funge da recettore per lo stem cell factor (SCF), una proteina che stimola la maturazione, la moltiplicazione e il differenziamento delle cellule provviste di tale recettore.
La mutazione D816V è una mutazione puntiforme acquisita che determina la sostituzione dell’amminoacido acido aspartico (D) con l’amminoacido valina (V) nella posizione 816 della sequenza amminoacidica ed è la mutazione più comune del gene KIT.

Avapritinib è un inibitore altamente selettivo della proteina alterata derivante dalla mutazione KIT D816V ed è un farmaco che ha già dimostrato di produrre risposte profonde e durature nei pazienti adulti affetti da mastocitosi sistemica avanzata negli studi di fase 1 EXPLORER (NCT02561988) e nelle analisi ad interim dello studio di fase 2 PATHFINDER (NCT03580655), indipendentemente dal sottotipo di malattia o dall’aver effettuato o meno una precedente terapia sistemica.

Sulla base di questi due studi, avapritinib è stato approvato sia negli Stati Uniti sia in Europa per il trattamento di pazienti con mastocitosi sistemica avanzata già trattati con almeno una linea di terapia sistemica, mentre in Italia attualmente è rimborsato dal Servizio sanitario nazionale per il trattamento della mastocitosi sistemica indolente, sulla base dei risultati dello studio PIONEER (NCT03731260).

Al congresso di Madrid, Reiter ha riportato i risultati aggiornati di efficacia e sicurezza dello studio PATHFINDER con un follow-up di oltre 3 anni.

Lo studio PATHFINDER
PATHFINDER è uno studio multicentrico internazionale, in aperto, a singolo braccio, disegnato per valutare efficacia e sicurezza di avapritinib in pazienti adulti (di almeno 18 anni) con mastocitosi sistemica avanzata confermata centralmente. Inoltre, per poter essere arruolati, i pazienti dovevano avere un performance status (PS) ECOG compreso fra 0 e 3 e un valore di piastrine di almeno 50 x 109/l.

I partecipanti sono stati trattati con avapritinib 200 mg una volta al giorno (solo due sono stati trattati con 100 mg) come dose iniziale, apportando aggiustamenti di dosaggio, se necessario.

L’endpoint primario era il tasso di risposta globale (ORR ) aggiudicato a livello centrale, in base ai criteri di risposta modificati dell’International Working Group-Myeloproliferative Neoplasms Research and Treatment-European Competence Network on Mastocytosis (mIWG-MRT-ECNM), mentre gli endpoint secondari includevano il tempo alla risposta, durata della risposta (DOR), la sopravvivenza libera da progressione (PFS), l’OS, la variazione media rispetto al basale dei biomarcatori del carico di malattia (infiltrazione dei mastociti nel midollo osseo; livello di triptasi; variazione della frazione allelica di KIT D816V; volume splenico) e la sicurezza. È stata analizzata anche la variazione rispetto al basale dei monociti e degli eosinofili nei pazienti con monocitosi o eosinofilia.

Circa un terzo dei pazienti al primo trattamento
Al momento del cut-off dei dati (15 settembre 2023), erano stati arruolati 107 pazienti con mastocitosi sistemica avanzata, che avevano iniziato il trattamento con avapritinib, di cui 38 naïve al trattamento (il 36%) e 69 (il 64%) già trattati con una terapia sistemica. Il 20% era affetto da ASM, il 66% da SM-AHN e il 14% da MCL.
L’età mediana del campione era di 68 anni (range: 31-88), il 58% dei pazienti era di sesso maschile e il 26% aveva un PS ECOG 2 o 3. Dei pazienti già trattati, il 39% aveva effettuato una sola linea di terapia in precedenza e il 25% ne aveva effettuate almeno due. «L’80% dei pazienti già trattati era stato trattato precedentemente con midostaurina», ha specificato l’autore.

Tassi di risposta elevati
Reiter ha riportato i risultati relativi agli 83 pazienti in cui si poteva valutare la risposta. In questo gruppo, l’ORR è risultato complessivamente del 73% (IC al 95% 63-83), mentre è risultato dell’87% (IC al 95% 69-96) nei pazienti naïve al trattamento e del 66% (IC al 95% 52-79) nei pazienti già esposti a un precedente trattamento.
«i tassi di risposta sono risultati simili nei diversi sottotipi di malattia», ha sottolineato il professore. Infatti, l’ORR è risultato del 77% (IC al 95% 46-95) nei 13 pazienti valutabili con ASM, 75% (IC al 95% 61-85) nei 55 valutabili con SM-AHN e 67% (IC al 95% 38-88) nei 15 valutabili con MCL.
Il tasso di remissione completa/remissione completa con recupero ematologico parziale è risultato complessivamente del 29%, «ma due volte più alto nei pazienti naïve al trattamento (43%) rispetto ai pazienti già trattati con almeno una terapia sistemica (21%)», ha fatto notare Reiter.
Per quanto riguarda la carica allelica di KIT D816V, si è osservata una riduzione al di sotto dell’1% nel 90% dei pazienti naïve e del 57% in quelli già esposti almeno a una linea di terapia.

Risposte durature e basso tasso di progressione
Inoltre, ha affermato l’autore, «il trattamento con avapritinib ha prodotto risposte durature e mantenute nel tempo, senza casi di progressione della mastocistosi sistemica».
Al momento dell’analisi, il follow-up mediano era di circa 3 anni (38 mesi). Il TTR mediano è risultato complessivamente di 2,3 mesi (range: 0,3-20,3), e un po’ più lungo per il sottogruppo di pazienti con MCL (7,3 mesi; range: 1,7-12,2).

Le mediane della DOR e della PFS non erano ancora state raggiunte al cut-off dei dati, a testimonianza della capacità di avapritinib di indurre risposte prolungate nel tempo.

«Molto importante», ha rimarcato il Professore, «quando si è osservata una progressione, in quasi tutti i casi è stata riscontrata nella neoplasia ematologica associata (e non nella mastocitosi sistemica, ndr) e per i restanti casi nel compartimento di cellule diverse dai mastociti. Il tasso di progressione è stato veramente basso, specie se si considera che circa due terzi dei pazienti erano già stati trattati in precedenza». Tale tasso è risultato, infatti, del 14% e, dei 15 pazienti su 107 andati incontro a progressione, 11 hanno mostrato una progressione della neoplasia ematologica associata e quattro a carico di cellule diverse dai mastociti per cause non determinate.

Mediane di OS non ancora raggiunte, indipendentemente da sottotipo di malattia e storia precedente di trattamento
Anche la mediana di OS, con un tempo mediano di osservazione di 38 mesi, non era ancora stata raggiunta al momento dell’analisi, «un dato considerevole se si confronta con le attuali mediane di OS riportate per questi pazienti», ha sottolineato Reiter, e il tasso di OS a 36 mesi è risultato del 75% (IC al 95% 66-83).

Il Professore, inoltre, ha fatto notare come la mediana di OS non fosse ancora stata raggiunta nemmeno nel sottogruppo con ASM e nemmeno in quello con SM-AHN, in quello con MCL (la forma con la prognosi più infausta e la sopravvivenza più bassa) e nemmeno in quello con MCL senza AHN, con tassi di OS a 36 mesi rispettivamente del 93% (IC al 95% 79-100), 70% (IC al 95% 59-81) 72% (IC al 95% 49-95) e 90% (IC al 95% 71-100).

Inoltre, la mediana di OS risultava non raggiunta sia nel sottogruppo di pazienti naïve sia in quello di pazienti già sottoposti almeno a una linea di trattamento, con tassi di OS a 36 mesi rispettivamente dell’86% (IC al 95% 75-97) e 68% (IC al 95% 56-80).

Profilo rischio-beneficio favorevole
«Avapritinib continua a mostrare un profilo di sicurezza molto buono dopo oltre 3 anni di follow-up», ha affermato l’autore. «La sicurezza e tollerabilità a lungo termine sono ben caratterizzate e sono risultate in linea con quanto riportato in precedenza».

Gli eventi avversi sono stati gestiti generalmente con variazioni di dosaggio, ha spiegato Reiter. Il 76% dei pazienti ha richiesto riduzioni della dose, il 63% sospensioni delle somministrazioni e il 13% l’interruzione definitiva del trattamento a causa di eventi avversi correlati al trattamento stesso.

L’incidenza degli eventi avversi di tipo cognitivo correlati al trattamento è rimasta simile a quella riportata in precedenza e la maggior parte di tali effetti è stata di grado 1 o 2.

Gli eventi avversi correlati al trattamento più frequenti (con un’incidenza  almeno del 25%) sono stati edema periorbitale (qualsiasi grado: 41%; grado ≥3: 6%), trombocitopenia (40%; 18%), edema periferico (38%; 2%) e anemia (32%; 13% ).

Inoltre, non sono stati osservati ulteriori episodi di sanguinamento intracranico rispetto al precedente cut-off dei dati (22 settembre 2022; 3,7%) e non si si sono registrati decessi correlati al trattamento. «Per i sanguinamenti intracranici, che sono risultati associati alla dose, ma anche alla conta piastrinica, abbiamo modificato il protocollo e ora teniamo presente che iniziamo con 200 mg ed eventualmente riduciamo la dose a seconda del valore delle piastrine», ha specificato l’autore.

Bibliografia
A Reiter, et al. Avapritinib in Patients with Advanced Systemic Mastocytosis (AdvSM): Efficacy and Safety Analysis from the Phase 2 PATHFINDER Study with 3-Year Follow-up. EHA 2024, abstract S224. leggi

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