Dolore cronico negli anziani: con buprenorfina meno oppioidi


Dolore cronico negli anziani: tra le varie opzioni farmacologiche la buprenorfina potrebbe rivelarsi molto utile per la sua efficacia e per il fatto di comportare meno rischi

dolore polineuropatia

Le persone anziane possono facilmente soffrire di dolore e, al crescere dell’età, aumentano di pari passo anche i danni causati dai farmaci utilizzati per il controllo del dolore cronico. Tra le varie opzioni farmacologiche la buprenorfina potrebbe rivelarsi molto utile per la sua efficacia e per il fatto di comportare meno rischi rispetto agli oppioidi.

«Il dolore causa danni che vanno oltre la semplice sofferenza fisica» ha affermato Diane Meier, geriatra e specialista in cure palliative presso il Mount Sinai Medicine di New York City che cura molte persone tra gli 80 ei 90 anni. «Gli effetti a valle del dolore non trattato potrebbero includere perdita di mobilità e isolamento e, dato che questi danni sono in aumento, alcuni medici potrebbero non fare ricorso alla buprenorfina, un analgesico che potrebbe portare un grande sollievo».

La buprenorfina è un agonista parziale dei recettori degli oppioidi utilizzato per il trattamento del dolore che, rispetto ad altri antidolorifici oppioidi, può causare depressione respiratoria, tolleranza e dipendenza meno severe. Viene inoltre impiegata anche nella terapia della disassuefazione da oppioidi. «Le persone pensano alla buprenorfina come al metadone o che venga prescritto per trattare il disturbo da uso di sostanze, mentre in realtà è un analgesico efficace in altre situazioni» ha aggiunto Meier.

La buprenorfina è migliore nel trattamento del dolore cronico rispetto ad altri oppioidi che comportano un rischio di dipendenza più elevato e spesso causano stitichezza nei pazienti anziani. È un farmaco meno dannoso per i reni e presenta un rischio di dipendenza inferiore rispetto agli oppioidi come l’ossicodone.

Sotto forma di cerotto transdermico, viene cambiata una volta alla settimana e il trattamento viene iniziato a basse dosi. Jessica Merlin, medico di cure palliative e medicina delle dipendenze presso il Medical Center dell’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania, raccomanda di iniziare la terapia con una dose di 10 microgrammi/ora nei pazienti anziani con dolore cronico. I medici potrebbero monitorare gli effetti collaterali, che generalmente sano di lieve entità, senza aumentare la dose fintantoché il dolore è sotto controllo.

Terapie alternative e ricorso ai farmaci quando necessario
Molte alternative ai farmaci possono migliorare i sintomi del dolore cronico a qualsiasi età e la terapia non farmacologica è molto sottoutilizzata ha fatto presente Merlin. La terapia cognitivo-comportamentale o la terapia dell’accettazione e dell’impegno possono entrambe aiutare le persone a ridurre l’impatto del dolore, così come i programmi di terapia fisica, lo yoga o il tai chi aiutano a rafforzare le difese dell’organismo contro il dolore.

Tuttavia a volte i farmaci sono necessari. Infatti non è possibile convincere una persona anziana a partecipare alla riabilitazione se soffre di dolori forti, e un uso giudizioso dei farmaci dovrebbe andare di pari passo con il trattamento non farmacologico.

«Quando i farmaci sono inevitabili, inizio con iniezioni topiche nel sito del dolore, come per esempio un’articolazione problematica, piuttosto che con trattamenti sistemici che colpiscono più organi e il cervello» ha osservato Douglas Paauw dell’Università di Washington a Seattle, che ha in cura persone che si avvicinano ai 100 anni. «Cerchiamo di non inondare il loro corpo di farmaci per risolvere problemi localizzati, dato che l’obiettivo è migliorare le funzionalità quotidiana e la qualità della vita dei pazienti».

Quando il dolore è diffuso in tutto il corpo anziché concentrarsi in una sola area può essere necessario usare farmaci sistemici se la terapia fisica e approcci simili non sono stati in grado di ridurlo. Seguendo le raccomandazioni delle linee guida dell’American Geriatrics Society (AGS), in questa situazione Paauw inizia con il paracetamolo come trattamento sistemico del dolore a rischio più basso.

Ai pazienti più anziani consiglia di iniziare con 2 grammi al giorno, per passare a 3 grammi se con la dose più bassa gli effetti collaterali sono gestibili, piuttosto che con la dose standard di 4 grammi che ritiene più adatta ai pazienti più giovani. Quando il paracetamolo non riduce sufficientemente il dolore o aggrava l’infiammazione, Paauw utilizza pregabalin o l’antidepressivo duloxetina, soprattutto se il dolore sembra essere neuropatico.

Gli antidepressivi triciclici in passato erano raccomandati per il dolore neuropatico negli anziani, ma ora rientrano nei criteri di Beers dell’AGS che identificano i farmaci potenzialmente inappropriati nella popolazione anziana a causa del rischio di causare vertigini o stress cardiaco. Tuttavia potrebbero essere utilizzati dopo un’attenta analisi del rapporto rischio-beneficio.

I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’ibuprofene o il naprossene potrebbero funzionare per brevi periodi, ma possono causare sanguinamento gastrico o danni ai reni nei pazienti più anziani. Per questo motivo non sono raccomandati dall’AGS per la gestione del dolore cronico.

Gli oppioidi come l’ossicodone non funzionano a lungo a basse dosi e spesso portano a un aumento della dose e alla dipendenza. Inoltre possono interagire con altri farmaci aumentando il rischio di cadute, quindi sono sconsigliabili nei pazienti anziani che vivono da soli.