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Colangite biliare: due interrogazioni parlamentari sul caso acido obeticolico

La Colangite Biliare Primitiva colpisce oggi, in Italia, oltre 18.000 persone. Dietro questo dato si nascondono però molti casi sommersi

Due interrogazioni riguardanti il farmaco per la colangite biliare sono state rivolte al Ministro della Salute dai senatori Elisa Pirro e Ignazio Zullo

Il farmaco per la cura della Colangite Biliare Primitiva

Il caso sul farmaco acido obeticolico (nome commerciale Ocaliva) arriva in Parlamento: martedì scorso, infatti, sono state presentate in Senato due interrogazioni a risposta scritta, rivolte al Ministro della Salute Orazio Schillaci rispettivamente dalla Sen. Elisa Pirro (M5S) e dal Sen. Ignazio Zullo (FDI). L’obiettivo è duplice, ossia quello di scongiurare che l’acido obeticolico sia ritirato dal mercato europeo, privando i pazienti affetti da colangite biliare primitiva dell’unico trattamento “di seconda linea” ad oggi approvato, e quello di garantire la continuità terapeutica per i pazienti Italiani in cura con il farmaco nel caso in cui la sua approvazione venisse revocata.

UNA MALATTIA AUTOIMMUNE DEL FEGATO

La colangite biliare primitiva (PBC), un tempo nota come cirrosi biliare primitiva, è una malattia epatica autoimmune rara e progressiva che danneggia i piccoli dotti biliari, causando danni al fegato che possono portare a insufficienza epatica, necessità di trapianto di fegato e morte. La patologia si manifesta prevalentemente tra i 45 e i 65 anni e nove pazienti su dieci sono donne. In Italia, le persone affette da PBC sono stimate in 27,90 per 100.000 abitanti, con un’incidenza annuale di 5,31 casi ogni 100.000 abitanti. Si stima che circa 12.000 pazienti necessitino della terapia “di prima linea” con acido ursodesossicolico (UDCA), a cui circa il 40 per cento non risponde: per questa coorte di pazienti non responsiva, l’acido obeticolico rappresenta l’unica opzione terapeutica disponibile.

IL FARMACO

In Europa l’acido obeticolico ha ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata nel dicembre 2016, per il trattamento “di seconda linea” della PBC, e in Italia è stato rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale a decorrere dal 2017. Si stima che nel nostro Paese i pazienti trattati con l’acido obeticolico oggi ammontino a oltre 1.000: è un trattamento raccomandato da tutte le principali società scientifiche nelle loro linee guida cliniche e utilizzato da oltre 7 anni dalla comunità scientifica italiana nella pratica clinica.

Il farmaco è stato sottoposto dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ad una procedura di revisione dell’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata (ex articolo 20 del regolamento CE n. 726/2004) per l’esigenza di riesaminare il rapporto tra rischi e benefici del farmaco, quindi non per motivi di sicurezza. Il 28 giugno 2024, all’esito della procedura, il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA ha espresso una raccomandazione che indica di ritirare l’acido obeticolico dal mercato UE. Tuttavia, per poter essere vincolante nei confronti dei Paesi europei, tale raccomandazione deve essere ratificata dalla Commissione Europea.

LO STUDIO “COBALT”

Alla base della raccomandazione del CHMP vi sono i dati di un unico studio randomizzato e controllato con placebo (ICPT 747-302; COBALT), scarsamente rappresentativo della popolazione che beneficia della terapia nella pratica clinica. Inoltre, i risultati dello studio COBALT sono stati inficiati da un’alta percentuale di pazienti arruolati nel gruppo placebo che ha abbandonato lo studio per iniziare il trattamento di seconda linea disponibile con l’acido obeticolico. Pertanto, i dati parziali generati dallo studio non possono essere considerati affidabili.

I DATI DI REAL-WORLD EVIDENCE DELLO STUDIO “RECAPITULATE”

Ciò che il CHMP sembra non aver preso in considerazione sono i dati dello studio di real-world evidence chiamato RECAPITULATE, pubblicati nel marzo 2023 e nel giugno 2024. Questo studio, condotto in linea con le migliori pratiche e progettato secondo gli standard della statunitense Food and Drug Administration (FDA), ha mostrato che se 1.000 pazienti fossero stati trattati per 5 anni con l’acido obeticolico si sarebbero evitati 43 decessi, 85 ricoveri ospedalieri per scompenso epatico e 16 trapianti di fegato.

dati italiani raccolti dalla comunità scientifica nella pratica clinica a decorrere dal 2018 su 759 pazienti trattati con l’acido obeticolico in 66 centri hanno dimostrato un beneficio clinico del farmaco nel ridurre la progressione della malattia e lo sviluppo di danni epatici irreversibili. Qualora la raccomandazione del CHMP dovesse essere ratificata dalla Commissione Europea nelle prossime settimane, tale decisione avrebbe sui pazienti italiani un impatto significativo, privandoli di fatto di un trattamento finora ricevuto, nonostante i dati di real-world evidence ne abbiano dimostrato l’efficacia, l’appropriatezza e la sicurezza.

LA PROTESTA DEI PAZIENTI

Tra la comunità scientifica e le associazioni dei pazienti vi è una forte preoccupazione per la sorte delle persone attualmente in cura con l’acido obeticolico, considerato che ad oggi non esistono dati riguardo a un’eventuale reazione all’interruzione del trattamento. Nel nostro Paese l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF), l’associazione dei pazienti EpaC e l’Associazione Malattie Autoimmuni del Fegato (AMAF) hanno pubblicamente rassicurato i pazienti in trattamento sui profili di sicurezza del farmaco. In Europa, intanto, le polemiche e le proteste diventano sempre più forti e molti esperti si sono schierati apertamente contro la decisione del CHMP.

LE RICHIESTE AL MINISTRO DELLA SALUTE

In questo contesto, i senatori Elisa Pirro e Ignazio Zullo hanno chiesto al Ministro della Salute italiano di attivarsi presso la Commissione Europea (CE) affinché venga disposto il riesame dell’autorizzazione al commercio dell’acido obeticolico, dopo un’attenta valutazione dei dati di real-world evidence disponibili e tenendo conto della difficile situazione in cui potrebbero trovarsi molti pazienti in Italia e nel resto d’Europa attualmente in trattamento con il farmaco. In attesa di questi risultati, gli interroganti chiedono inoltre che venga sospesa la ratifica della raccomandazione del CHMP da parte della CE.

Qualora il Comitato dell’EMA dovesse confermare la sua attuale valutazione, i senatori domandano al Ministro se intenda adoperarsi presso l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) affinché venga consentita la commercializzazione del medicinale ai pazienti già in cura. La direttiva 2001/83/CE, recepita con il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, prevede infatti all’art. 117, paragrafo 3, che in caso di revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco le autorità competenti nazionali possano, in circostanze eccezionali, continuare a consentire la fornitura del medicinale a pazienti già in cura. Le disposizioni applicative di questo articolo sono dettate nel nostro ordinamento dall’art. 43 del decreto ministeriale 30 aprile 2015.

FONTE: OSSERVATORIO MALATTIE RARE

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