Su Rai 5 dal Festival di Spoleto “Orfeo e Euridice” firmato da Michieletto e diretto da Manacorda. Protagonisti Raffaele Pe, Nadja Mchantaf e Josefine Mindus con l’Orchestra di Santa Cecilia
Quello di Orfeo ed Euridice è uno dei miti più rappresentati, ha attraversato ogni forma d’arte e affonda le sue radici in una classicità antica. Dalle prime versioni di Ovidio e Virgilio, al melodramma di Monteverdi, poi ulteriormente rivisitato nell’opera di Gluck, l’amore del poeta Orfeo per la ninfa Euridice sfida la morte e conduce l’uomo nell’oscurità degli inferi, nel tentativo di riportare con sé la sua amata, morta in seguito al morso di un serpente. La versione originale del mito ha un tragico epilogo: Amore offre al poeta la possibilità di condurre con sè Euridice nel mondo dei vivi, ma a patto di non voltarsi a guardarla nel viaggio di ritorno. Orfeo però, annebbiato dalla paura di poterla perdere nuovamente, si volta indietro e la donna muore un’ultima volta. Gluck non si arrende all’irreparabilità di questo finale e e sceglie un lieto fine. È nuovamente Amore, vedendo l’uomo consumato dalla disperazione, a riportare in vita Euridice e a far congiungere i due amanti.
L’opera portata in scena a Spoleto offre un’ulteriore rivisitazione del mito: Damiano Michieletto attualizza la storia e rende i due personaggi ancora più vicini al pubblico di oggi, perché come lui stesso afferma «il mito è fatto della realtà degli uomini» e della realtà deve nutrirsi.
«Orfeo ed Euridice è una grande storia d’amore – racconta Michieletto – e come accade spesso nelle grandi storie d’amore, la perdita e la lontananza generano un valore; ti accorgi di qualche cosa nel momento in cui non ce l’hai più. Orfeo nel momento in cui sente di aver perso il contatto con l’amata cerca in tutti i modi di recuperarlo fino a discendere negli inferi, a osare tutto quello che prima non avrebbe mai pensato di fare.»