Oggi il primo dei quattro satelliti della missione europea Cluster rientrerà nell’atmosfera terrestre in modo “mirato” sopra l’area disabitata dell’Oceano Pacifico meridionale
L’8 settembre 2024, il primo satellite della missione Cluster dell’Agenzia spaziale europea (Esa) rientrerà nell’atmosfera terrestre in modo “mirato” sopra l’area disabitata dell’Oceano Pacifico meridionale. Dei quattro satelliti Cluster – soprannominati Rumba, Salsa, Samba e Tango – Salsa sarà il primo a bruciare nell’atmosfera terrestre. Il rientro della missione Cluster sarà il primo del suo genere, per garantire una fine “pulita” della missione che vada oltre gli standard internazionali, configurando l’Esa come leader mondiale nell’esplorazione spaziale sostenibile.
«A gennaio abbiamo messo a punto l’orbita di Salsa per fare in modo che l’8 settembre effettui la sua caduta finale da un’altitudine circa 110 km alla quota di 80 km», spiega il responsabile delle operazioni di Cluster Bruno Sousa dell’Esa. «Questo ci permette di avere il maggior controllo possibile sul punto in cui la sonda sarà catturata dall’atmosfera e inizierà a bruciare».
Nonostante la certezza che nessun frammento residuo cadrà vicino alla terraferma, sono ancora pochi i dati a disposizione degli scienziati sul comportamento dei veicoli spaziali durante l’attraversamento degli strati più bassi dell’atmosfera. Il rientro controllato dei satelliti Cluster rappresenta un’occasione molto utile per imparare a prevedere ancora meglio il momento e la posizione dei rientri dei satelliti e garantire la sicurezza degli esseri umani sulla Terra. L’Esa sta valutando anche la possibilità di osservare l’ingresso in atmosfera di Salsa e degli altri satelliti da un aereo, perché le loro traiettorie leggermente diverse e le differenti condizioni meteorologiche offriranno l’opportunità unica di condurre un esperimento di rientro per studiare la disgregazione dei satelliti.
Con questo rientro mirato, l’Esa consacra Cluster da pioniere del monitoraggio meteorologico spaziale a pioniere della mitigazione dei detriti spaziali, due elementi chiave negli obiettivi di sicurezza spaziale europea. Senza un intervento mirato, i quattro satelliti Cluster sarebbero rientrati naturalmente in modo meno prevedibile, potenzialmente anche sopra una regione popolata. Inoltre, intervenendo in modo attivo sui rientri dei satelliti, l’Esa sta contribuendo a evitare un ulteriore aumento (già vertiginoso) della spazzatura spaziale in orbita intorno alla Terra.
Questo momento segnerà la fine della storica missione dopo oltre ventiquattro anni dal suo lancio, nel 2000. Considerato un pioniere della sicurezza spaziale, Cluster era stato lanciato per misurare l’ambiente magnetico terrestre, per studiare uno degli elementi chiave che rende la Terra un mondo abitabile: la magnetosfera, che come un enorme scudo magnetico ci protegge (in gran parte) dalla pioggia di particelle provenienti senza sosta dal Sole. Le raffiche di questo vento solare sono in ogni caso in grado di raggiungerci inviando una cascata di particelle energetiche verso la superficie terrestre, dando come risultato più comune le aurore boreali, e – più raramente – disturbi alle forniture di energia elettrica e alle comunicazioni radio. L’influenza del vento solare sull’ambiente magnetico della Terra – il cosiddetto tempo meteorologico spaziale – era un mistero prima delle conoscenze che la missione Cluster ci ha fornito.
Dopo il rientro di Salsa, gli altri tre satelliti Cluster rimanenti entreranno in modalità di sicurezza e, pur non effettuando misurazioni scientifiche, verranno monitorati per ridurre al minimo il rischio di collisione con altri satelliti o con la Terra stessa. L’assetto dell’orbita di Rumba verrà reso definitivo entro fine agosto, mentre a novembre verranno manovrati in modo analogo Samba e Tango, pronti per l’addio definitivo di Cluster nell’agosto 2026.