Adattarsi al cambiamento per Wild Italy e un viaggio alla scoperta della Barcellona della Sardegna con “Il vento di Alghero” stasera su Rai 5
È in un quadro tendenzialmente positivo, in cui sensibilità dell’opinione pubblica e l’attenzione alle problematiche ambientali aiutano il cammino verso la sostenibilità, che arriva come un macigno l’incognita rappresentata dal surriscaldamento globale, dalle crisi idriche, dai fenomeni meteo estremi che vengono attribuiti al cambiamento climatico, dovuto all’effetto serra, cioè all’accumulo di gas di combustione nell’atmosfera. Lo racconta “Wild Italy”, in onda domenica 8 settembre alle 21.15 su Rai 5. L’incremento della temperatura del mare, la sua tropicalizzazione anche per l’invasione di specie di mari caldi giunte dal canale di Suez, da Gibilterra e da altre vie, l’espansione di specie aliene favorita dalle condizioni ambientali mutate, lunghi periodi di siccità seguiti da rovinose precipitazioni, concorrono a mettere in crisi la biodiversità, non tanto a livello di grandi specie, quanto di microhabitat, in particolare di invertebrati e della fauna delle acque dolci, come gli anfibi. La grande sfida oggi non si gioca tanto nel tentativo, impossibile, di fermare e invertire l’andamento delle mutazioni climatiche, quanto nel rallentarne la progressione e nel permettere agli esseri umani, e alla biodiversità, di adattarsi al cambiamento.
A seguire, Sardegna nordoccidentale, Capo Caccia. Su un promontorio di roccia calcarea, chiamato per la sua conformazione il “Gigante che dorme”, si erge solitario un faro bianco. Con i suoi 186 metri oltre il livello del mare, è il faro più alto d’Italia, nonché uno dei più visibili del Mediterraneo, e domina incontrastato il Golfo di Alghero. Abitato per oltre vent’anni da Luigi Critelli, un genovese incaricato di custodirlo e tenerlo in funzione, offre un ottimo punto di partenza per un viaggio verso quella che tutti conoscono come la “Barcellona” della Sardegna.
Lo racconta il doc di Gemma Giorgini e Vittorio Rizzo “Il vento di Alghero”, in onda domenica 8 settembre alle 22.10 su Rai 5. Dal 1354 e per quattro secoli, infatti, Alghero è stata una colonia catalana, strappata al dominio dei genovesi. La sua eredità storica la rende un unicum in Sardegna e contribuisce a farne “un’isola nell’isola”. Il centro storico, le fortificazioni, le stradine acciottolate, ma soprattutto il particolarissimo idioma ricordano le atmosfere delle cittadine nordorientali della Spagna. A sugellare ulteriormente questo “gemellaggio” con la Catalogna, una data in particolare, il 25 agosto 1960, quando la nave da crociera Virginia de Churruca approda ad Alghero con 159 catalani, ansiosi di conoscere i loro “fratelli” di lingua. Un evento straordinario, il famoso Viatge del Retrobament, che vede la partecipazione di quasi quindicimila persone, provenienti da tutta la Sardegna.
Un ricordo indelebile nella memoria storica della città, come testimonia Pasqualino Mellai, sarto di professione e algherese doc, che racconta l’emozione di quel momento come espressione massima dell’identità catalana di Alghero. Ma c’è anche un legame con la Francia: nella Baia di Porto Conte, a pochi chilometri da Alghero, nel 1944 vive Antoine de Saint-Exupery, autore del Piccolo Principe, cui vengono affidati dei voli di ricognizione sulle coste della Francia per fotografare gli avamposti tedeschi. Vive ad Alghero gli ultimi mesi della sua vita, e qui scrive gran parte de “La Cittadella” e “Lettera a un americano”. La vecchia torre aragonese della Baia di Porto Conte ospita oggi il M.A.S.E, un museo che ripercorre le tappe fondamentali della vita e delle opere dell’aviatore/scrittore più noto di sempre. Ma il Piccolo Principe abita anche a Tramariglio, dove per vent’anni è esistita una colonia penale (1941 – 1961) trasformata poi in villaggio agricolo, dove il poliedrico artista sassarese Elio Pulli ha deciso di mettere su bottega, realizzando tra l’altro opere dedicate al Principe di Saint-Exupery.
Se la Sardegna è famosa per l’arte in generale, ad Alghero sembrano concentrarsi le realtà culturali più insolite. Il teatro, ad esempio, riveste un ruolo cruciale. In primis, l’esperienza de “Lo Teatrì” di Ignazio Chessa: con i suoi 38 metri quadri è il teatro più piccolo del mondo. E poi il Mamatita Festival, un festival di circo di strada, soprattutto al femminile. Per non parlare della musica, che trova espressione in un cantautorato in lingua algherese che, oltre a raccontare l’anima di questa città, si fa testimone della contaminazione identitaria di Alghero. A proposito di mescolanze e accoglienza, Alghero si contraddistingue perché a pochi chilometri dalla città, nella borgata di Fertilia, nata durante il regime fascista con l’idea di ricevere la popolazione in eccesso del ferrarese, nel 1947 arrivano a bordo di 13 pescherecci gli esuli di Istria, Fiume e Dalmazia. Ancora oggi, grazie anche alla presenza del Museo Egea, per le strade di Fertilia si respira l’aria di un esempio straordinario d’integrazione tra culture diverse: sarda, giuliano-dalmata, algherese e ferrarese.