Alzheimer: Lecanemab ha mostrato di influenzare positivamente non solo i livelli di amiloide ma anche i grovigli di tau
A Philadelphia, durante la Conferenza Internazionale dell’Alzheimer’s Association, sono stati presentati nuovi dati promettenti su lecanemab, un anticorpo monoclonale umanizzato che mira a combattere la malattia di Alzheimer (AD) nelle sue fasi iniziali. Lecanemab ha mostrato di influenzare positivamente non solo i livelli di amiloide ma anche i grovigli di tau, due dei principali marcatori patologici dell’Alzheimer.
Si tratta di un farmaco controverso. Solo pochi giorni fa il Chmp, l’ente regolatore dei farmaci dell’Unione Europea ha respinto lecanemab, il trattamento innovativo di Eisai e Biogen per la cura della malattia di Alzheimer in fase precoce, raccomandando di non concedere l’autorizzazione in quanto i benefici osservati non controbilanciavano il rischio di gravi eventi collaterali, in particolare edema ed emorragie o microemorragie cerebrali.
Il meccanismo d’azione di lecanemab-irmb (nome commerciale statunitense: Leqembi) si basa sulla riduzione delle placche di amiloide beta, proteine anormali che si sviluppano nel cervello e contribuiscono alla progressione dell’AD. Questo farmaco agisce selettivamente contro le aggregazioni neurotossiche di Aβ, come oligomeri e protofibrille, prevenendo la deposizione di amiloide prima che si sviluppino le placche e rimuovendo quelle esistenti.
Negli Stati Uniti, questa terapia anti-amiloide sviluppata da Eisai in collaborazione con Biogen ha ricevuto l’approvazione accelerata dalla FDA il 6 gennaio 2023, per il trattamento dell’AD, e successivamente l’approvazione tradizionale il 6 luglio 2023, dopo la conferma del beneficio clinico attraverso uno studio di fase 3. Lecanemab doveva essere il primo farmaco europeo a trattare la malattia neurodegenerativa piuttosto che i suoi sintomi. Il lancio di Leqembi negli Stati Uniti è stato finora poco soddisfacente, con ostacoli dovuti ai suoi requisiti, quali test diagnostici aggiuntivi, infusioni bimestrali e scansioni cerebrali regolari.
Perché l’Ema ha respinto la domanda di approvazione
La ricerca condotta ha evidenziato che, dopo un periodo di trattamento di 18 mesi, i soggetti che hanno assunto Leqembi hanno mostrato un incremento medio di 1,21 punti nella scala CDR-SB (Clinical Dementia Rating – Sum of Boxes), un indice inferiore rispetto all’aumento di 1,66 punti registrato nel gruppo placebo. Nonostante i pazienti trattati con Leqembi abbiano avuto punteggi CDR-SB generalmente più contenuti, la discrepanza con il gruppo placebo non è stata significativa. Il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) ha concluso che i benefici di Leqembi nel rallentare il declino cognitivo non giustificano i rischi legati agli effetti collaterali gravi.
Il principale rischio associato all’uso di Leqembi è rappresentato dalla comparsa di anomalie cerebrali rilevate tramite imaging, note come ARIA, che possono causare edema e possibili emorragie nel cervello. Sebbene la maggior parte dei casi di ARIA rilevati nello studio non fosse severa né sintomatica, si sono verificati episodi gravi che hanno necessitato di ospedalizzazione, inclusi casi di emorragie cerebrali estese.
Il CHMP ha inoltre espresso preoccupazione per l’aumentato rischio di ARIA in individui portatori di una specifica variante del gene dell’apolipoproteina E, denominata ApoE4. Tale rischio si accentua nei soggetti con due copie del gene ApoE4, che sono già noti per essere più suscettibili allo sviluppo dell’Alzheimer e che potrebbero essere candidati al trattamento con Leqembi.
Aspetti chiave degli studi presentati a Philadelphia
Al difuori di queste perplessità sulla sicruezza, alla convention americana ci si è soffermati soprattutto su dimostrazioni di efficacia. Questi i dati principali dei tre studi presentati.
- Studio sulla sospensione del trattamento: I pazienti che hanno interrotto la terapia hanno mostrato un declino cognitivo simile a quello osservato nei pazienti trattati con placebo, sottolineando l’importanza di un trattamento continuativo.
- Studio sull’inizio precoce del trattamento: I pazienti che hanno iniziato il trattamento con lecanemab-irmb nelle fasi iniziali dell’AD hanno mostrato un rallentamento significativo del declino cognitivo rispetto a quelli che hanno iniziato il trattamento in una fase successiva.
- Impatto sulla proteina tau: Oltre a ridurre la placca amiloide, lecanemab-irmb ha mostrato di rallentare l’accumulo di tau in diverse regioni cerebrali.
Nuove strategie di ricerca
La ricerca sull’Alzheimer sta ora entrando in una nuova era di ottimismo, con lo sviluppo di nuovi strumenti diagnostici come gli esami del sangue e le tecnologie vocali, e l’esplorazione di terapie combinate. Gli agonisti del GLP-1, per esempio, stanno mostrando promesse nel migliorare il metabolismo cerebrale e rallentare il declino cognitivo.