Fitoterapia in oncologia: revisione analizza gli effetti benefici


Dalla revisione degli studi di fitoterapia pubblicati in letteratura emergono dati di efficacia clinica per la terapia di sintomi come ansia/depressione, fatica, stipsi, diarrea, insonnia

donne oblio oncologico real world malnutrizione pazienti oncologici aiom screening nutrizionali indennizzi

Il tumore è una patologia sistemica e multifattoriale e in quanto tale può trarre beneficio dall’impiego sinergico di più terapie. Sempre più spesso si parla infatti di oncologia integrata, e cioè dell’utilizzo di discipline, tecniche e sostanze naturali nei pazienti oncologici per migliorare la qualità della vita, mitigare gli effetti avversi di chemio e radioterapia e altre terapie farmacologiche e, in alcuni casi, migliorare la sopravvivenza.

Numerose ricerche hanno esplorato l’uso delle medicine complementari fra i malati di tumore segnalando fra i principali fattori predittivi il sesso femminile, la giovane età e il livello culturale medio/alto. La maggioranza degli studi mostra anche che ci si rivolge alle MC soprattutto per ridurre gli effetti avversi di radio e chemioterapia, per migliorare benessere e qualità della vita e in minima parte con un approccio di tipo “alternativo”.

Si stima che in Italia il 15-25% (Johannessen H et al. 2008) dei pazienti oncologici faccia uso di terapie complementari. La ricerca di A. Molassiotis (Annals of Oncology, 2005) condotta in 14 paesi dell’Unione Europea riporta che dal 15% al 73% dei malati di tumore utilizza le CAM, con una media di circa il 36%: le più diffuse sono la fitoterapia e i prodotti a base di erbe, seguiti da integrazione nutrizionale e omeopatia.

Esperienze di integrazione delle terapie e tecniche complementari in oncologia sono in corso da anni in centri internazionali d’eccellenza come il MD Anderson Cancer Center di Houston e il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York.

PAZIENTI ONCOLOGICI E MC: RICERCA ITALIANA
Un gruppo di oncologi, internisti, psicologi ed epidemiologi toscani ha condotto uno studio per individuare le caratteristiche demografi che e psicologiche di pazienti oncologici italiani che utilizzano le medicine complementari e sulla percezione del beneficio ricavato da queste terapie. Sono stati intervistati 803 pazienti di sei Dipartimenti oncologici italiani con l’ausilio di due questionari ad hoc focalizzati su distress psicologico e senso di coerenza (SOC).

I pazienti presentavano tumori differenti ed erano in fasi diverse della malattia e del processo di cura. Quando è stata svolta la ricerca, il 37,9% stava utilizzando una o più tipologie di MC: dieta e integratori (27,5%), erbe (10,8%), omeopatia (6,4%) e terapie mind-body (5,5%). È stato rilevato che in Italia un’alta percentuale di pazienti (66,3%) informa il proprio medico sull’uso delle MC e ne sperimenta i benefici (89,6%). Il 75,2% dei pazienti aveva già utilizzato le medicine complementari.

L’analisi multivariata ha mostrato che le pazienti giovani che avevano già usato le MC erano più disposte a utilizzarne almeno una tipologia. I predittori dell’uso variavano a seconda della disciplina. La prevalenza globale di uso delle MC fra i pazienti oncologici italiani è alta e allineata alla media europea.

Le conclusioni degli autori sono che il malato di cancro italiano che ricorre all’oncologia integrata (protocollo tradizionale integrato da medicine complementari e discipline bionaturali) mostra una maggiore compliance al trattamento ed è più equilibrato. (Fonte: J Pain Symp Management, 2014, 47, (1), 26.)

Per secoli i sistemi medici tradizionali sono stati il sistema sanitario primario nei paesi di origine e oggi, nonostante il predominio del modello medico scientifico occidentale, i cittadini e gli operatori della salute stanno iniziando a dare sempre più fiducia alle medicine tradizionali integrandole, e talora sostituendole, alle terapie convenzionali.

In particolare i sistemi basati sull’uso di erbe medicinali hanno sempre fatto riferimento alla sicurezza dei preparati invece che alla loro efficacia, e questo per un certo radicamento culturale (i rimedi del resto contengono sì principi attivi, ma a concentrazioni molto basse), o a concezioni magico-energetiche.

In Occidente tuttavia il settore dell’erboristeria in senso lato, da forma di assistenza popolare basata sulla pratica e sulla conoscenza legate alle tradizioni locali e affidata prima ai capi famiglia, poi ai guaritori delle varie comunità, europee comprese, è diventato sempre più un sistema strutturato, prima parallelo e oggi parzialmente integrato con quello sanitario, anche se non adeguatamente regolamentato.

La sua versione medica, cioè la fitoterapia clinica, si è ormai consolidata, anche come disciplina autonoma, sempre in un’ottica di medicina integrata, nelle maglie del servizio sanitario.

Esistono alcune differenze tra i trattamenti farmacologici a base di erbe e quelli convenzionali, ma la fitoterapia “occidentale” può e deve seguire le regole della medicina scientifica. Di conseguenza i suoi trattamenti, benché derivino da pratiche e rimedi tradizionali, possono essere testati, e di fatto lo sono, per valutarne l’efficacia, utilizzando metodologie convenzionali.

Il lavoro condotto per EPAAC* è consistito precisamente nell’analisi della letteratura scientifica, per valutare l’efficacia degli interventi fitoterapici sui più comuni sintomi del paziente oncologico e sul decorso della malattia per i singoli tumori secondo i parametri della medicina scientifica.

Il pubblico ma anche i professionisti e gli operatori sanitari, tuttavia, sono spesso indotti in errore nel ritenere tutti i trattamenti naturali intrinsecamente sicuri, poiché di trattamenti “naturali” si tratta. In realtà, e non da ora, sappiamo che le erbe, soprattutto se utilizzate senza adeguati controlli, presentano alcuni rischi. La ricerca quindi è stata estesa anche a questo settore, cioè alla sicurezza delle piante medicinali.

LE ERBE PER IL PAZIENTE ONCOLOGICO
I prodotti a base di piante utilizzati nella cura dei pazienti oncologici sono, raramente, erbe fresche e crude, (pianta fresca, frutti, succhi o parti di piante, resine o oli) o più tipicamente derivati ottenuti con varie metodiche, sottoposti a processi di estrazione, purificazione e standardizzazione dei principi attivi. Ciò al fine di garantire stabilità di contenuto.

I prodotti sono utilizzati in forme farmaceutiche adeguate e definite, normate da una legislazione chiara e articolata, anche se complessa, controllata in Europa dall’EMA (Agenzia europea dei medicinali) e dall’AIFA a livello nazionale. La galassia dei cosiddetti “prodotti naturali” si sviluppa nei due settori più caratteristici: quello dei medicinali vegetali e quello, ben distinto, degli alimenti, al cui interno si trovano anche gli integratori di origine vegetale.

Con queste premesse il lavoro citato ha inteso studiare quelle che noi, già nel 1999, chiamavamo linee di Evidence-based Phytotherapy, titolo di una nostra lettera pubblicata su Recenti Progressi in Medicina.

Nell’era della globalizzazione e del cosiddetto “mondo piatto”, valutare il grado di trasferibilità di trattamenti in erbe medicinali non è un obiettivo rilevante per la ricerca clinica, mentre l’efficacia e la sicurezza dovrebbero essere basate sui normali modelli della medicina clinica tradizionale. Del resto basta pensare che sono già state pubblicate le linee guida CONSORT per la ricerca clinica con prodotti a base di erbe, ma basata sulla metodologia scientifica occidentale.

Il problema principale resta la mancanza di conoscenza sia da parte dei pazienti, spesso troppo ottimisti, sia da parte dei medici, e degli oncologi in particolare, generalmente troppo pessimisti.

In sostanza, il lavoro per EPAAC nasce anche per cercare di colmare questo divario e giungere a fornire uno strumento condiviso agli operatori, a vantaggio della salute del paziente, partendo anche dalla considerazione che, nelle medicine tradizionali, sono molto comuni due tipologie di studi clinici:

a) sperimentazioni per valutare l’efficacia di un trattamento in condizioni controllate (studi clinici esplicativi), per studiare l’effetto di uno specifico trattamento, con caratteristiche definite del disegno di studio, controllo o placebo, randomizzazione, protocolli standardizzati, campioni omogenei, cecità ecc.
b) sperimentazioni volte a determinare se un trattamento è efficace nella pratica quotidiana (studi pragmatici); neanche questi studi forniscono informazioni conclusive sulla specificità dell’effetto del trattamento, ma presentano alcune caratteristiche interessanti.

Mentre gli studi esplicativi servono a determinare se un trattamento ha un’efficacia, di solito rispetto al placebo o un altro farmaco noto, in condizioni ideali, cioè su pazienti selezionati, il vantaggio principale di uno studio pragmatico sta nel fornire prove di efficacia utili direttamente nella pratica clinica. Tuttavia questa tipologia di studi presenta importanti limiti metodologici, e in particolare la mancanza di placebo, e la cecità.

La revisione degli studi di fitoterapia pubblicati in letteratura internazionale ha permesso di raccogliere evidenze cliniche relative alla terapia dell’ansia/depressione (Zafferano, Iperico, Lavanda, Passiflora), della fatica (Ginseng, Guaranà, Rodiola, Astragalo, Eleuterococco, Schizandra), della stipsi (piante ad antrachinoni e fibre), della diarrea (piante a tannini), dell’insonnia (Valeriana, Luppolo, Camomilla), delle mucositi (Aloe, Krameria) e di nausea e vomito (Zenzero, Cannabis).

REAZIONI AVVERSE E INTERAZIONI
Efficacia, inefficacia e tossicità della terapia farmacologica dipendono da molti fattori legati alla farmacocinetica del farmaco e a proprietà farmacodinamiche, che possono essere modificati da differenze di polimorfismi genetici, età, genere, ritmi circadiani, batteri intestinali, condizioni fisiopatologiche, forma farmaceutica, oltre che dall’interazione con alimenti, integratori e farmaci vegetali, anche inattese.

Solo negli ultimi 15 anni è cresciuta l’attenzione dei ricercatori sui possibili, numerosi e complessi meccanismi di interazioni farmacologiche, direttamente proporzionale al maggiore ricorso ai prodotti naturali da parte dei pazienti.

Nel caso dei prodotti vegetali il fenomeno delle interazioni farmacologiche si complica per la necessità di identificare i componenti, la loro conformità, la disponibilità di studi in vitro, di biodisponibilità, farmacocinetica e farmacologia clinica. Inoltre, i meccanismi di possibile interazione vanno oltre l’attività sui citocromi, interessando spesso i vari sistemi di pompe di afflusso e di efflusso, attive con substrato ad esempio chemioterapici.

Molto importante è stata quindi l’analisi della letteratura sulle possibili interazioni tra le erbe più utilizzate in oncologia e i chemioterapici, con i vari livelli di prove (in vitro, in vivo, cliniche) e le conseguenti raccomandazioni di pratica clinica elaborate in una tabella con il cosiddetto “grading invertito” della Rete Toscana di Medicina Integrata, così chiamato perché il livello principale di prova corrisponde al principale livello di raccomandazione negativa. – Fabio Firenzuoli Centro di Medicina Integrativa AOU Careggi – Firenze

* La Joint Action EPAAC
La European Partnership for Action Against Cancer (EPAAC) è nata nel 2009 su proposta della Commissione europea DG. SANCO (Directorate General for Health & Consumers) per sostenere gli stati dell’Unione europea (UE) a definire politiche nazionali di lotta ai tumori.

L’obiettivo principale della partnership è di ridurre l’impatto della patologia tumorale nell’UE e le relative disuguaglianze, sia tra i paesi membri sia tra gruppi di popolazione, attraverso lo scambio di informazioni e di competenze nella prevenzione e nel controllo del cancro. Il Consorzio EPAAC è composto da 36 partner associati (per lo più Ministeri e istituti governativi di sanità pubblica e oncologia) e più di 90 membri collaboratori suddivisi in 10 gruppi di lavoro (WP), coordinati fino ai primi mesi del 2014 dall’Istituto di Sanità Pubblica della Repubblica Slovena.

Seguendo le indicazioni della Commissione, l’azione congiunta europea punta a raggiungere numerosi obiettivi coprendo diverse aree della prevenzione e del controllo del cancro: screening, promozione di
“best practices”, raccolta e analisi di dati e informazioni, coordinamento della ricerca. Questo sforzo comune dovrebbe contribuire a ridurre l’incidenza del cancro e stimolare i paesi europei a definire e attuare i programmi nazionali in ambito oncologico secondo criteri comuni e di provata efficacia per il controllo di questa patologia.

Fonte: Notiziario Regionale delle Medicine Complementari, a cura di: Centri regionali di riferimento, Rete Toscana Medicina Integrata, Azienda USL 2 di Lucca.