Malattia di Crohn: risankizumab pari a ustekinumab in remissione clinica


Nei pazienti con malattia di Crohn risankizumab si è rivelato non inferiore a ustekinumab nella remissione clinica alla settimana 24 e superiore nella remissione endoscopica

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Nei pazienti con malattia di Crohn da moderata a grave che avevano avuto effetti collaterali inaccettabili o una risposta inadeguata con la terapia anti-TNF, risankizumab si è rivelato non inferiore a ustekinumab nella remissione clinica alla settimana 24 e superiore nella remissione endoscopica alla settimana 48. Sono i risultati dello studio di fase III SEQUENCE pubblicati sul New England Journal of Medicine (NEJM).

Gli inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF) sono il trattamento avanzato di prima linea preferito per la malattia di Crohn da moderata a grave; tuttavia una risposta inadeguata a uno di questi farmaci o il verificarsi di effetti collaterali inaccettabili spesso portano all’uso di un diverso TNF inibitore o a una terapia avanzata con un diverso meccanismo d’azione. In questo caso la mancanza di dati affidabili provenienti da studi clinici comparativi fa sì che la scelta di un agente biologico alternativo sia principalmente basata sull’evidenza derivante da confronti indiretti tra trattamenti e studi osservazionali.

Ustekinumab e risankizumab sono anticorpi monoclonali. Il primo si lega selettivamente alla subunità p40 dell’interleuchina (IL)-23 che è condivisa con la IL-12, e in questo modo inibisce l’attività biologica di entrambe le citochine. Risankizumab si lega selettivamente con elevata affinità alla subunità p19 della IL-23, inibendone la segnalazione e il rilascio di citochine proinfiammatorie. Entrambi si sono dimostrati più efficaci del placebo per la gestione della psoriasi a placche, dell’artrite psoriasica e della malattia di Crohn.

Negli studi comparativi che hanno confrontato direttamente la loro efficacia nella psoriasi, risankizumab è risultato superiore a ustekinumab, suggerendo una maggiore efficacia con il blocco della subunità p19 rispetto a quello della subunità p40» hanno premesso gli autori. «Tuttavia, dal momento che l’efficacia relativa dei due agenti nella malattia infiammatoria intestinale non è stata stabilita, nello studio SEQUENCE abbiamo valutato l’efficacia e la sicurezza di risankizumab rispetto a ustekinumab in pazienti con malattia di Crohn».

Uno studio head-to-head nella malattia di Crohn
Il trial di fase III SEQUENCE, multicentrico, in aperto, randomizzato, controllato con valutazione in cieco degli endpoint, pazienti con malattia di Crohn da moderata a grave con una risposta inadeguata alla terapia anti-TNF o effetti collaterali inaccettabili con tale terapia sono stati assegnati in modo casuale a ricevere risankizumab o ustekinumab a dosi standard per 48 settimane.

I due endpoint primari, che sono stati testati in sequenza, erano:

  • la remissione clinica alla settimana 24, definita come un punteggio del Crohn’s Disease Activity Index (CDAI) inferiore a 150 (intervallo da 0 a 600, dove punteggi più alti indicano un’attività di malattia più severa), analizzata nel primo 50% dei pazienti che hanno completato la visita della settimana 24, con un margine di non inferiorità del 10%
  • la remissione endoscopica alla settimana 48, definita come un punteggio ≤4, una diminuzione di almeno 2 punti rispetto al basale e nessun sottopunteggio superiore a 1 in ognuna delle singole variabili nel Simple Endoscopic Score for Crohn’s Disease (SES-CD, intervallo da 0 a 56, dove valori più elevati indicano una malattia più severa), con analisi della superiorità nel 100% dei pazienti.

La sicurezza è stata valutata in tutti i pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di risankizumab o ustekinumab.

Risankizumab non inferiore/superiore a ustekinumab nella remissione clinica/endoscopica
Nell’intera popolazione intention-to-treat per l’analisi di efficacia, hanno completato il trattamento il 90,2% dei pazienti (230 su 255) che ha ricevuto risankizumab e il 72,8% (193 di 265) di quelli sottoposti a ustekinumab. Il motivo principale dell’interruzione di risankizumab è stato un evento avverso (3,1%), mentre per ustekinumab è stata la mancanza di efficacia (13,2%).

Sono stati raggiunti entrambi gli endpoint primari, in quanto risankizumab è risultato non inferiore a ustekinumab nella remissione clinica alla settimana 24 (58,6% vs 39,5%, differenza aggiustata del 18,4% che soddisfaceva il margine di non inferiorità prestabilito del 10%) e superiore a ustekinumab nella remissione endoscopica alla settimana 48 (31,8% vs 16,2%, differenza aggiustata del 15,6%, P<0,001).

«Questi dati sono estremamente interessanti, con oltre il 50% dei pazienti che nell’arco di 24 settimane ha una remissione clinica completa, un obiettivo molto difficile da raggiungere, e con più di un terzo dei partecipanti che a 48 settimane ottiene anche la guarigione endoscopica. Questo significa che il farmaco è estremamente performante e lo pone a livello di prima linea di trattamento» ha commentato ai microfoni di Pharmastar il prof Fernando Rizzello, Unità di Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino, Centro di Riferimento Regionale, DIMEC, Università Alma Master Studiorum di Bologna, Policlinico Sant’Orsola Malpighi. «Il messaggio per i pazienti è che abbiamo nuove armi per poter controllare appieno e in sicurezza la malattia, cercando di migliorare anche la qualità di vita e posporre il più possibile l’intervento chirurgico».

Risankizumab si è rivelato superiore a ustekinumab in tutti gli endpoint secondari aggiustati per la molteplicità, inclusa la remissione clinica alla settimana 48, la risposta endoscopica alle settimane 48 e 24, la remissione endoscopica senza glucocorticoidi e la remissione clinica senza glucocorticoidi alla settimana 48 (P<0,001 per tutti). Inoltre risankizumab sembrava avere una maggiore efficacia rispetto a ustekinumab in base agli endpoint esplorativi prespecificati, non aggiustati per la molteplicità, alle settimane 24 e 48, inclusa la risposta clinica CDAI, la remissione clinica valutata mediante la frequenza giornaliera delle feci e il punteggio del dolore addominale, la remissione biologica, la guarigione della mucosa e la remissione profonda, così come il miglioramento della qualità della vita correlata alla salute.

L’efficacia superiore di risankizumab rispetto a ustekinumab osservata nello studio è in linea con i risultati di precedenti trial clinici comparativi condotti su pazienti con psoriasi a placche da moderata a grave, hanno scritto gli autori. Il motivo per cui l’inibizione mirata della IL-23 mostra un’efficacia maggiore dell’inibizione delle interleuchine sia 23 che 12 non è noto. Tuttavia questa maggiore efficacia può essere attribuita a una maggiore affinità di risankizumab per il suo target, a una maggiore potenza della sua inibizione o a un ruolo della IL-12 nella protezione del microambiente intestinale dall’infiammazione.

Le percentuali di pazienti che hanno avuto un evento avverso, un evento avverso grave o che ha portato all’interruzione del trattamento erano simili nei due gruppi.

«I due farmaci sono entrambi molto sicuri. Ustekinumab lo usiamo da tempo e risankizumab è un farmaco altrettanto sicuro. Da un punto di vista di eventi avversi maggiori, ovvero di natura infettiva e neoplastica, risulta una sostanziale uguaglianza dei due trattamenti» ha osservato il prof Flavio Caprioli, Fondazione IRCCS Ca Granda Ospedale maggiore Policlinico di Milano. «Dallo studio emerge un aumento degli effetti collaterali legati a riacutizzazione della malattia di Crohn, superiore nel braccio trattato con ustekinumab, e questi pazienti tendevano a uscire in maniera superiore dalla sperimentazione».

«Nella mia esperienza finora i pazienti trattati con risankizumab hanno avuto tutti del beneficio, un dato importante anche perché erano particolarmente difficili e avevano già fallito con altre terapie. In questi soggetti un po’ complessi le risposte sono state molto buone» ha spiegato il prof Paolo Gionchetti, Responsabile dell’Unità di Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino, Centro di Riferimento Regionale, DIMEC, Università Alma Master Studiorum di Bologna, Policlinico Sant’Orsola Malpighi.

Referenze

Peyrin-Biroulet L et al. Risankizumab versus Ustekinumab for Moderate-to-Severe Crohn’s Disease. N Engl J Med. 2024 Jul 18;391(3):213-223. 

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