Tajani vuole organizzare una giornata dell’italofonia


Antonio Tajani vuole organizzare una giornata dell’italofonia per dimostrare quanto sia importante la lingua italiana, secondo lui sempre più “bistrattata”

antonio tajani

“Intendo organizzare una giornata dell’italofonia, dove intendo invitare Santa Sede, San Marino, Svizzera, Malta, alcuni Paesi dell’Africa del nord, Argentina e Brasile, Stati Uniti e Canada. Un evento che intendo far presiedere alla mia amica Roberta Metsola, che parla correntemente l’italiano ed ha origini maltesi. Vorrei inoltre che la Dante Alighieri ci desse una mano. Non è un atto propagandistico ma modo per coinvolgere tutti gli italofoni nel mondo e dimostrare quanto la nostra lingua sia importante“. Così annuncia il vice-primo ministro e ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervenendo a Palazzo Firenze, a Roma, nell’ambito dell’84° Congresso internazionale della Società Dante Alighieri dedicato al tema ‘L’italiano luce nel mondo’.

“Faccio un secondo annuncio- continua Tajani- domenica prossima inizia la settimana delle Nazioni Unite a New York. Alla cattedrale San Patrick faremo una messa in italiano chiamando a raccolta tutta la comunità di italiani a New York per lanciare un segnale: nella cattedrale cattolica di New York la messa si può dire in inglese e spagnolo ma anche in italiano”.

“L’ITALIANO È BISTRATTATO, VA DIFESO”

“L’italiano siamo noi. È la manifestazione di una identità culturale che abbiamo il dovere di difendere e diffondere. Quindi va prima di tutto studiato. Ma ad oggi assistiamo a un imbarbarimento che ci impoverisce”. Ne è convinto il vice primo ministro e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che interviene all’84° Congresso internazionale della Società Dante Alighieri dedicato al tema ‘L’italiano luce nel mondo‘, in corso fino a domani a Roma.
Tajani avverte che “l’insegnamento dell’italiano nelle scuole è bistrattato“, l’uso degli “aggeggi”, ossia smartphone e tablet, porterebbe per velocità a storpiare la scrittura delle parole, mentre sussisterebbe una “sindrome provinciale” che spingerebbe a usare altre lingue al posto dell’italiano: “Si può dire “saper fare’ al posto di savoir faire, ad esempio”.
Lamenta ancora il ministro: “L’uso del congiuntivo sta sparendo e lo vedo anche a volte in certe lettere importanti che ricevo. Non so quanti si ricordano ancora come si fa ad andare a capo, oppure come si usano gli accenti. Che si dice ‘dammi il pane’ e non ‘dammi del pane’. C’è un impoverimento, un imbarbarimento della lingua, che invece va amata, se vogliamo insegnarla”.
Anche nei consessi internazionali, assicura il vicepremier, “non dovremmo rinunciare all’italiano a favore dell’inglese, soprattutto in Europa dove l’italiano è tra le lingue riconosciute”.

RICCARDI (SOCIETÀ DANTE ALIGHIERI): “L’ITALIANO VA DIFESO”

“Il problema non è la diffusione dell’inglese ma di noi italiani che non difendiamo la nostra lingua. È un grande mondo: non è la nostalgia di una lingua provinciale ma è un mondo, quello dell’italsimpatia”. Così ai giornalisti Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri, a margine dell’84° Congresso internazionale a Palazzo Firenze dedicato al tema ‘L’italiano luce nel mondo’.

Nel corso di un dialogo con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, Riccardi aggiunge: “Siamo testimoni di una grande attrazione della lingua italiana, così come della cultura, dell’arte, dell’umanesimo italiano nel mondo, non solo da parte di figli e nipoti di italiani ma che va oltre. Una attrazione a cui è fondamentale rispondere con una offerta di qualità”.

Evidenziando che “la lingua da sempre è fattore di unione”, nell’Italia degli ultimi decenni, come analizza Riccardi, “è passata da strumento di propaganda durante il regime fascista a elemento di timidezza nella prima repubblica nel definire l’identità nazionale. Anni in cui si è fatto un grande lavoro di alfabetizzazione del Paese ma poco per curarla nel mondo”.
Al riguardo il presidente della Dante Alighieri sottolinea: “Da dieci anni lavoriamo non solo riattivando la rete dei nostri oltre 400 comitati nel mondo, ma anche attraverso le scuole di lingua e i centri educativi”.