Somministrazione precoce di acalabrutinib efficace nella leucemia linfatica cronica


Leucemia linfatica cronica: acalabrutinib, nelle prime linee di trattamento, risulta associato a un miglioramento della sopravvivenza globale

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Nei pazienti con leucemia linfatica cronica, la somministrazione precoce dell’inibitore di BTK di seconda generazione acalabrutinib, nelle prime linee di trattamento, risulta associata a un miglioramento della sopravvivenza globale (OS), della sopravvivenza libera da progressione (PFS) e del tempo al trattamento successivo (TTNT) rispetto a un impiego del farmaco come terapia di terza linea o di una linea successiva.

Lo evidenziano i risultati di un’analisi dei dati aggregati degli studi di fase 3 ELEVATE-TN (NCT02475681), ELEVATE-RR (NCT02477696) e ASCEND (NCT02970318), presentata a Madrid in occasione del congresso annuale della European Hematology Association (EHA).

L’analisi ha evidenziato questo beneficio sia nella popolazione complessiva sia per i pazienti con delezione 17p (del[17p], una caratteristica prognostica sfavorevole) che avevano effettuato meno linee di terapia precedenti.

«Nella popolazione complessiva, i pazienti trattati in prima linea hanno avuto risultati migliori rispetto a quelli che avevano già effettuato una precedente linea di terapia», ha affermato durante la presentazione dei dati Paolo Ghia, Direttore del Programma di Ricerca Strategica sulla Leucemia Linfatica Cronica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e Ordinario di Oncologia Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «E quelli già trattati con una linea precedente hanno mostrato risultati costantemente migliori rispetto a quelli già sottoposti a due o più linee precedenti, sia nella popolazione complessiva, sia nel sottogruppo di pazienti con del(17p)».

I presupposti dell’analisi
Acalabrutinib aveva mostrato in precedenza profili di efficacia e sicurezza accettabili rispetto a ibrutinib in pazienti con leucemia linfatica cronica recidivante/refrattaria già trattati con una mediana di due linee di terapia precedenti.
In un’analisi aggregata di dati relativi a ibrutinib, inoltre, si era già visto che i pazienti avevano una PFS e un’OS migliori se trattati con il farmaco in prima linea che non dopo tre o più linee precedenti.
Nell’analisi presentata a Madrid, Ghia e i colleghi hanno valutato l’impatto del numero di linee precedenti di terapia per acalabrutinib in pazienti con leucemia linfatica cronica naïve al trattamento o con malattia recidivante/refrattaria, un dato che finora non si conosceva.

Analisi su oltre 600 pazienti degli studi ELEVATE-TN, ELEVATE-RR e ASCEND
In particolare, gli autori hanno analizzato i dati dei bracci trattati con acalabrutinib in monoterapia negli studi ELEVATE-TN, ELEVATE-RR e ASCEND. ELEVATE-TN aveva un cut-off dei dati al 3 marzo 2023, un follow-up mediano di 74,5 mesi e 179 pazienti naïve al trattamento con acalabrtutinib; ELEVATE-RR aveva un cut-off dei dati il 15 settembre 2020, un follow-up mediano di 40,9 mesi, 132 pazienti trattati in precedenza con una sola linea di terapia e 135 pazienti già trattati in precedenza con due o più linee; lo studio ASCEND aveva un cut-off dei dati il 3 settembre 2021, un follow-up mediano di 46,5 mesi, 82 pazienti trattati in precedenza con una sola linea di terapia e 73 pazienti trattati in precedenza con due o più linee.

I risultati dell’analisi includevano l’OS, la PFS e il TTNT, nonché i valori degli Hazard Ratio (HR) e del log-rank P per il confronto fra pazienti naïve e pazienti trattati in precedenza con una sola linea e per il confronto fra pazienti trattati in precedenza con una sola linea vs pazienti trattati in precedenza con due o più linee.
In totale, sono stati trattati con acalabrutinib in monoterapia 601 pazienti, di cui 179 naïve, 214 trattati in precedenza con una sola linea di terapia e 208 già trattati con due o più linee. Da notare che il numero di pazienti con caratteristiche di alto rischio e con malattia in stadio Rai IV era più alto nei gruppi di pazienti già trattati con una o due o più linee precedenti rispetto al gruppo dei pazienti naïve.

Rischio di morte ridotto del 45% nei pazienti naïve rispetto a quelli già trattati con una linea precedente
Nella popolazione complessiva, nei pazienti naïve gli autori hanno calcolato un rischio di morte inferiore del 45% rispetto a quelli con già trattati con una linea di terapia precedente (P = 0,0185), con una percentuale di pazienti ancora in vita a 36 mesi rispettivamente del 92% contro 85%, e un rischio di progressione della malattia o di morte inferiore del 56% (P < 0,0001) e un rischio di iniziare una terapia successiva inferiore del 52% (P = 0,0001); inoltre, a 36 mesi, l’84% dei pazienti naïve era libero da progressione e non aveva iniziato la terapia successiva contro rispettivamente il 73% e il 75% di quelli già trattati con una linea di terapia precedente.

Rispetto ai pazienti già trattati con due o più linee di terapia, in quelli trattati in precedenza con una sola linea si sono osservate una riduzione del rischio di morte del 46% (P = 0,0016), con una percentuale di pazienti ancora in vita a 36 mesi rispettivamente dell’85% contro 76%, e una riduzione del rischio di progressione della malattia o di morte del 39% (P = 0,0012), con una percentuale di pazienti ancora vivi e liberi da progressione a 36 mesi rispettivamente del 73% contro 58%; inoltre, nei pazienti trattati in precedenza con una sola linea di terapia si è osservata una riduzione del rischio di iniziare la terapia successiva del 33% (P = 0,0070) rispetto ai pazienti già trattati con due o più linee e a 36 mesi i pazienti che non avevano ancora iniziato la terapia successiva erano rispettivamente il 75% contro 64%.

Nella popolazione complessiva, Ghia e i colleghi hanno evidenziato un’associazione fra aumento del rischio di morte e avere già effettuato linee di terapia precedenti prima del trattamento con acalabrutinib, essere portatori di mutazioni di TP53, avere un performance status ECOG pari o superiore a 2, uno stadio Rai III o superiore, un’età pari o superiore a 65 anni ed essere di sesso maschile.

Pazienti con del(17p)
I ricercatori hanno anche valutato i risultati di OS, PFS e TTNT nel sottogruppo con del(17p) confrontando i pazienti già trattati con una sola linea di terapia con quelli già trattati con due o più linee, in quanto i numeri erano troppo piccoli per confrontare i pazienti naïve con quelli già sottoposti a una linea di terapia.

Nei pazienti con del(17p), ha spiegato Ghia, i risultati sono apparsi coerenti con quelli osservati nella popolazione complessiva, in quanto in questo sottogruppo i pazienti trattati con una sola linea di terapia in precedenza hanno mostrato un rischio significativamente più basso di morte (P = 0,0072), di progressione della malattia o morte (P = 0,0004) e di dover iniziare una terapia successiva (P = 0,0091) rispetto a quelli già trattati con due o più linee, e a 36 mesi rispettivamente l’81% contro 65% dei pazienti era vivo, il 74% contro 45% era vivo e libero da progressione e il 72% contro 56% non aveva iniziato la terapia successiva.

L’interruzione del trattamento con acalabrutinib in monoterapia è stata dovuta più comunemente a eventi avversi, nel 17,9% dei pazienti naïve, nel 13,1% di quelli trattati in precedenza con una sola linea di terapia e nel 22,6% di quelli già trattati con due o più linee di terapia, e rispettivamente nel 14%, 23,4% e 31,7% dei pazienti si è osservata una progressione della malattia.
«In conclusione, ha affermato Ghia, «sono stati osservati costantemente miglioramenti di OS, PFS e TTNT nei pazienti trattati con acalabrutinib più precocemente rispetto a quelli trattati in linee più avanzate».

Bibliografia
P. Ghia, et al. Impact of acalabrutinib treatment by line of therapy in patients with chronic lymphocytic leukemia: pooled analysis from ELEVATE-TN, ELEVATE-RR, and ASCEND. EHA 2024; abstract P703. leggi