Crescere insieme: strategie per genitori e figli per affrontare la scuola


Scuola: Giovanna Giacomini, pedagogista, formatrice e ideatrice di Scuole Felici, ci aiuta a capire quali sono le preoccupazioni e le ansie che possono insorgere in genitori e figli

genitori

L’inizio di una nuova esperienza scolastica, che sia l’inserimento al nido o alla scuola materna per i bambini nella fascia d’età 0-6 anni, oppure il passaggio da un ciclo scolastico all’altro, rappresenta un momento delicato, che può generare ansie e preoccupazioni non solo nei bambini e ragazzi ma anche nei genitori. Mentre i primi affrontano un nuovo ambiente e nuove persone, i grandi si preoccupano del benessere e dell’adattamento dei loro figli.

“Se parliamo di bambini piccoli, possiamo dire che questi non sviluppano paure o ansie, semmai riflettono quelle che sono proprie dell’adulto che è il principale responsabile delle emozioni del bambino” dice Giovanna Giacomini, pedagogista, formatrice e ideatrice di Scuole Felici che prosegue “un adulto sereno, che esprime fiducia nel percorso educativo, ha la grande capacità di ridurre di molto la difficoltà percepita dal bambino nell’affrontare una nuova realtà extra familiare. Non dimentichiamoci che è assolutamente normale che il bambino pianga o evidenzi insofferenza, soprattutto nelle prime fasi dell’inserimento. Parlando dal punto di vista dello sviluppo cognitivo, in questa prima fase di vita, il piccolo non è ancora in grado di capire che cosa significa l’assenza di qualcosa, che sia un oggetto o una persona, e di fare quindi una previsione, queste sono tutte capacità cognitive superiori che si sviluppano più avanti. Inizialmente l’assenza del genitore è un evento che ancora non si sa spiegare e come tale lo porterà ad avere delle reazioni. Attraverso l’esperienza e un percorso naturale di crescita il bambino imparerà a gestire queste nuove emozioni, scoprendo che dopo qualche ora ci sarà il ricongiungimento con mamma e papà”.

Il vero primo grande cambiamento avviene in realtà durante la transizione scolastica, quando i bambini si trovano ad affrontare il passaggio ad esempio dalla materna alla primaria e da questa alla secondaria e via dicendo. Questo comporta l’adattamento a un nuovo ambiente, nuove routine e aspettative accademiche più elevate. “Crescendo, il bambino sviluppa una maggiore consapevolezza ed è qui che possono manifestarsi delle preoccupazioni” dice la pedagogista. “La prima, e la più semplice, è di tipo sociale. Come farò a creare nuove amicizie? Come saranno gli insegnanti? Riuscirò a integrarmi nella classe? Queste sono solo alcune delle paure, assolutamente legittime, espresse dai bambini che non devono chiaramente trasformarsi in uno stato di ansia vera e propria. Una cosa alla quale possiamo assistere, e che capita abbastanza spesso a inserimento avvenuto, è che il bambino sviluppi la paura del fallimento. Viviamo in una società che chiede a gran voce di essere performanti e questo fa si che alcuni bambini, in particolare quelli più sensibili, possano non sentirsi all’altezza di quelle che sono le aspettative scolastiche e della propria famiglia. Anche qui diventa fondamentale l’atteggiamento dell’adulto di fronte a un eventuale voto o giudizio negativo. Quando poi si passa dalla primaria alla secondaria, le preoccupazioni aumentano. La paura principale è di sentirsi sopraffatti dal carico di lavoro, e l’ambiente circostante a volte non aiuta. Spesso i ragazzi sono soggetti a frasi del tipo: guarda che l’anno prossimo avrai un sacco di cose da fare, ci sarà da studiare molto di più e i compiti saranno tanti per cui la pressione cresce e con essa anche l’ansia. In più c’è la paura del giudizio dei compagni che si percepisce maggiormente crescendo, soprattutto nell’adolescenza, quando l’opinione dei pari diventa fondamentale”.

Anche i genitori non sono esenti dai passaggi scolastici dei figli e come loro si trovano ad affrontare nuovi pensieri e paure. Le preoccupazioni dei genitori variano in base alla fascia di età del bambino. “Se parliamo di 0-6, queste sono al loro culmine, ma con l’aumento dei gradi scolastici le ansie diminuiscono e rimangono circoscritte ad alcuni aspetti”, dice Giovanna Giacomini. “All’inizio il genitore è preoccupato, in maniera a volte irrazionale, di qualsiasi cosa. Quest’ansia è legata alla separazione e nasce da un eccessivo senso di protezione che si ha nei confronti dei figli. Diventa quindi difficile accettare il pianto del bambino quando lo dobbiamo lasciare al nido o alla materna. Se il genitore non è in grado di riconoscere e gestire queste emozioni ovviamente le trasferirà al figlio. Preoccupazioni diverse invece si possono manifestare quando il bambino si trova già inserito a scuola. In questo caso sono legate al rendimento scolastico, oppure alla capacità del figlio di adattarsi a un nuovo ambiente e stringere nuove amicizie. Anche qui è importante capire se siamo di fronte a una preoccupazione legittima oppure se il genitore sta di nuovo proiettando emozioni e ansie proprie rispetto a quella che può essere invece una dinamica abbastanza normale tra pari”.

Scegliere la scuola giusta può aiutare a ridurre di molto le preoccupazioni. Ci sono diverse strategie che possono essere adottate per fare una scelta consapevole:

  1. La prima cosa da fare è informarsi. Oggi abbiamo a disposizione tantissimi strumenti che permettono di farsi un’idea, di avere una panoramica sui vari istituti scolastici: siti web, social, open day etc.

  1. Tener presenti le esigenze di orario e spostamenti. La vicinanza della scuola a casa o al luogo del lavoro è un elemento da non sottovalutare.

  1. Verificare che la scuola offra un ambiente accogliente, stimolante, sicuro e controllato. Non bisogna mai dare per scontato questo aspetto. È necessario che le scuole rispondano a determinati requisiti. La cronaca è piena di notizie riguardanti scuole improvvisate con personale e strutture non idonei. Quando si sceglie un istituto scolastico, soprattutto nel caso si tratti di una realtà privata o paritaria, occorre assicurarsi che sia all’interno di un circuito ben riconoscibile.

  1. Prediligere strutture che promuovano una buona collaborazione scuola-famiglia e la conciliazione di vita. Verificare che il servizio educativo scolastico possa offrire delle opportunità interne, laboratori ed esperienze extra curriculari che promuovano il benessere (ad esempio progetti sull’affettività e sessualità, che in Italia non rientrano ancora nel programma scolastico, sport e attività fisica, letture, film) che il bambino può fare direttamente in loco. Questo facilita i genitori nella gestione quotidiana mettendoli in condizione di non dover correre da una parte all’’altra. Dobbiamo iniziare a pensare alla scuola come a un polo per la socializzazione e di apprendimento a 360° non semplicemente didattico. Oggi, come non mai, il benessere emotivo dei propri figli, per i genitori è un elemento fondamentale nella scelta di un determinato servizio educativo e scolastico. Nella collaborazione scuola-famiglia si possono valorizzare tantissime attività: interventi formativi con la presenza di esperti che aiutano le famiglie a comprendere meglio alcuni passaggi di sviluppo del bambino, che diano un supporto pedagogico e psicologico in momenti di difficoltà, altri specialisti che possono concorrere al fatto di contribuire con la propria esperienza rispetto al proprio ambito d’interesse. Questi sono tutti servizi aggiuntivi che determinano sicuramente una grande qualità della scuola.

  1. La comunicazione è un plus importante. Attraverso una buona comunicazione scuola-famiglia il genitore ha la possibilità di gettare uno sguardo sulla vita del bambino in quel momento e sulle esperienze che sta vivendo con l’ottica di poter partecipare alla vita scolastica del proprio figlio, non di doverla controllare.

  1. Nel caso si voglia scegliere un determinato approccio pedagogico occorre non farsi trascinare dalle mode del momento. Non ha senso scegliere un metodo educativo che è completamente lontano da quello che poi metto in pratica nella mia vita quotidiana perché sarebbe poco coerente. Il bambino non deve vivere un’incoerenza educativa.

Questo ultimo punto diventa molto importante quando i genitori si trovano a dover fare i conti con il grande dilemma della continuità di metodo. “Ovviamente questo può essere un fattore positivo perché garantisce che il bambino possa sentirsi più sereno durante i passaggi”, spiega la pedagogista. “Adottare il medesimo approccio e declinarlo nelle diverse fasce di età significa continuare a perfezionare e sviluppare le competenze e le specificità del bambino. Se questo non dovesse essere possibile, non occorre allarmarsi, il bambino avrà semplicemente bisogno di un po’ più tempo per adattarsi alla nuova realtà. Pensiamo al passaggio da un metodo senza valutazioni a un sistema ad esempio statale o paritario, dove ci sono verifiche e voti. Se questo cambiamento avviene nei primi anni di età sarà più semplice per il bambino adattarsi. Se invece la transizione da un modello pedagogico a un altro avviene più in là nel tempo, ad esempio alla fine della secondaria, è importante preparare il bambino con largo anticipo evitandogli un salto nel buio. Questo compito non spetta solo ai genitori ma anche alla scuola.”