Danno epatico acuto: un’analisi delle evidenze del mondo reale pubblicata sulla rivista JAMA Internal Medicine ha identificato 17 farmaci potenzialmente epatotossici
Un’analisi delle evidenze del mondo reale pubblicata sulla rivista JAMA Internal Medicine ha identificato 17 farmaci potenzialmente epatotossici, molti dei quali non considerati tali in precedenza, che presentano elevati tassi di incidenza di ospedalizzazione dei pazienti per danno epatico acuto grave, offrendo spunti su come stabilire quali medicinali comportano il rischio più significativo e giustificare il monitoraggio dei valori epatici.
Il danno epatico acuto (ALI) indotto da farmaci è la causa più comune di insufficienza epatica acuta negli Stati Uniti e in Europa e storicamente è stato un motivo frequente di ritiro dei farmaci approvati dal 1975 al 2007 tuttavia, nonostante la sua importanza clinica, non esiste un approccio sistematico per classificare l’epatotossicità, hanno premesso gli autori.
Per ovviare a questa carenza, i ricercatori hanno utilizzato i casi clinici pubblicati su LiverTox del National Institutes of Health, che non tiene conto del numero di persone esposte, per classificare la probabilità dei farmaci di causare un danno epatico acuto. L’obiettivo era identificare i farmaci potenzialmente più epatotossici utilizzando i tassi di incidenza reale di ALI grave.
I ricercatori hanno analizzato i dati delle cartelle cliniche elettroniche dell’US Department of Veterans Affairs relativi a quasi 7,9 milioni di individui (età media 64,4 anni, 92,5% uomini) senza malattie epatiche o biliari preesistenti che avevano iniziato in regime ambulatoriale uno qualsiasi dei 194 farmaci valutati con almeno 4 report di epatotossicità pubblicati. I farmaci somministrati per iniezione o endovenosa, prescritti per il trattamento del disturbo da uso di alcol o di malattie del fegato o utilizzati come anticoagulanti non sono stati inclusi nello studio.
L’esito primario era l’ospedalizzazione per ALI grave, definita da livelli di alanina aminotransferasi > 120 U/l e livelli di bilirubina totale > 2,0 mg/dl oppure da un rapporto internazionale normalizzato (INR) ≥ 1,5 e livelli di bilirubina totale > 2,0 mg/dl entro i primi 2 giorni di ammissione.
I farmaci sono stati organizzati in gruppi sulla base dei tassi osservati di ALI grave per 10mila anni-persona e sono stati classificati come potenzialmente più epatotossici se erano stati responsabili di almeno 10 ricoveri (gruppo 1) e 5-9,9 ricoveri (gruppo 2).
Diciassette farmaci classificati come potenzialmente epatotossici
Nella popolazione analizzata sono stati identificati 1.739 ricoveri per ALI grave, con tassi di incidenza che variavano ampiamente in base al farmaco, da 0 a 86,4 eventi per 10mila anni-persona.
I farmaci antimicrobici rappresentavano il 64% dei medicinali inclusi nei gruppi 1 e 2 con i tassi più elevati di ALI grave, e sono risultati epatotossici diversi antifungini e gli antiretrovirali più datati.
Diciassette farmaci sono stati classificati come potenzialmente epatotossici (gruppi 1 e 2). Sette di essi (stavudina, erlotinib, lenalidomide o talidomide, clorpromazina, metronidazolo, proclorperazina e isoniazide) avevano tassi di incidenza di almeno 10 eventi per 10mila anni-persona. Gli altri 10 (moxifloxacina, azatioprina, levofloxacina, claritromicina, ketoconazolo, fluconazolo, captopril, amoxicillina-clavulanato, sulfametossazolo-trimetoprim e ciprofloxacina) appartenevano al gruppo 2.
Dei 17 farmaci più epatotossici, 11 (64%) non sono stati classificati come altamente epatotossici nei case report pubblicati, suggerendo una discrepanza tra i dati di real world e le categorizzazioni dei case report. Allo stesso modo diversi farmaci, comprese alcune statine, identificati come a basso rischio in questo studio, sono stati classificati come tra i più epatotossici nei case report pubblicati.
«La categorizzazione dell’epatotossicità basata sul numero di casi clinici pubblicati non riflette accuratamente i tassi osservati di ALI grave» hanno scritto gli autori. «Questo studio rappresenta un approccio sistematico e riproducibile all’utilizzo di dati del mondo reale per misurare i tassi di ALI grave dopo l’inizio del trattamento tra pazienti senza malattie epatiche o biliari. Coloro che iniziano un trattamento con un alto tasso di ALI grave potrebbero richiedere un monitoraggio più attento dei test di laboratorio sui parametri epatici e biliari per rilevare precocemente l’evoluzione della disfunzione epatica, il che potrebbe migliorare la prognosi».
«Lo studio illustra il potenziale dell’uso dei dati delle cartelle cliniche elettroniche per rivoluzionare il modo in cui caratterizziamo gli effetti tossici legati ai farmaci, non solo sul fegato ma anche su altri organi» hanno affermato Grace Zhang e Jessica Rubin dell’Università della California, San Francisco, in un editoriale di accompagnamento. «Se diffuse in modo efficace, queste evidenze miglioreranno senza dubbio il processo decisionale clinico e consentiranno una consulenza più informata ai pazienti riguardo ai reali rischi di iniziare o interrompere una determinata terapia».
Referenze
Torgersen J et al. Severe Acute Liver Injury After Hepatotoxic Medication Initiation in Real-World Data. JAMA Intern Med. 2024 Jun 24:e241836.