Dermatite atopica: risultati positivi per lo sperimentale cendakimab


Negli adulti con dermatite atopica da moderata a grave l’anticorpo monoclonale sperimentale cendakimab ha ridotto con successo la gravità della malattia e i sintomi

Negli adulti affetti da dermatite atopica da moderata a grave l'anticorpo monoclonale sperimentale amlitelimab ha migliorato significativamente i segni e i sintomi della malattia

Negli adulti con dermatite atopica da moderata a grave l’anticorpo monoclonale sperimentale cendakimab ha ridotto con successo la gravità della malattia e i sintomi con un buon profilo di tollerabilità, come riportato da uno studio di fase II pubblicato sulla rivista JAMA Dermatology.

La patogenesi della dermatite atopica è complessa, ma si ritiene che derivi da vari fattori come difetti della barriera epidermica, disregolazione del sistema immunitario innato e alterata immunità di tipo 2, hanno scritto i ricercatori. L’interleuchina (IL)-13 è una citochina primaria coinvolta nell’infiammazione di tipo 2 associata alla dermatite atopica e, insieme ai recettori IL-13Rα1 e IL-13Rα2, risulta sovraespressa nella pelle lesionata dei pazienti con eczema. Inoltre il prurito intenso associato alla dermatite atopica in presenza di questa citochina porta a una sovraregolazione correlata al graffiamento del recettore IL-13Rα2 nei cheratinociti, che potrebbe promuovere la lichenificazione.

Cendakimab è un anticorpo monoclonale sperimentale che si lega selettivamente con alta affinità alla IL-13, bloccandone l’interazione con i suoi recettori IL13Rα1 e IL13Rα2.

Uno studio a dosaggio variabile
Il trial di fase II in doppio cieco, condotto da maggio 2021 a novembre 2022 in 69 siti in Canada, Stati Uniti, Repubblica Ceca, Polonia e Giappone, ha randomizzato 221 adulti con dermatite atopica da moderata a grave in rapporto 1:1:1:1 a ricevere uno di tre regimi di dosaggio di cendakimab per via sottocutanea (720 mg a settimana, 720 mg ogni 2 settimane o 360 mg ogni 2 settimane) oppure placebo.

I partecipanti idonei dovevano avere una risposta inadeguata ai farmaci topici e non era consentito l’uso di trattamenti in grado di agire sulla dermatite atopica, se non come terapia di salvataggio. I pazienti arruolati avevano un’età media di 38 anni e il 43% erano donne. La maggioranza (62%) era bianca, più di un quarto (27%) era asiatica e l’11% era nera.

Al basale il punteggio medio EASI (Eczema Area and Severity Index) era pari a 28,4, la durata della malattia era di oltre 20 anni, circa un terzo dei pazienti aveva un punteggio del validated Investigator Global Assessment for Atopic Dermatitis (vIGA-AD) che indicava una malattia grave (4 su una scala da 0 a 4) e circa la metà aveva utilizzato in precedenza degli immunosoppressori sistemici.

L’endpoint primario era la variazione media dell’EASI a 16 settimane. Gli endpoint secondari chiave includevano la quota di pazienti che raggiungeva un punteggio di 0/1 (pelle libera o quasi libera da lesioni) nel vIGA-AD, la percentuale con un miglioramento di almeno il 75% vs basale nel punteggio EASI (EASI 75) e la percentuale che raggiungeva una riduzione di almeno 4 punti nella Pruritus Numeric Rating Scale (P-NRS-4).

Risultati significativi vs placebo con la dose più alta
A 16 settimane, cendakimab alla dose settimanale di 720 mg ha portato a miglioramenti significativamente superiori nei punteggi EASI medi rispetto al placebo (variazione media pari a -84,4% vs -62,7%, P=0,003).

Anche gli altri due regimi di cendakimab testati (720 mg o 360 mg ogni 2 settimane) hanno mostrato riduzioni numericamente maggiori dei punteggi medi EASI vs placebo «ma non è stato possibile rivendicarne la significatività perché la sequenza gerarchica dei test è stata interrotta» hanno scritto gli autori guidati da Andrew Blauvelt, dell’Oregon Medical Research Center di Portland.

«Il raggiungimento dell’endpoint primario sottolinea il potenziale di cendakimab come opzione terapeutica praticabile per i pazienti affetti da questa condizione» ha commentato Shoshana Marmon del New York Medical College di Valhalla, non coinvolta nello studio. «I risultati rafforzano anche il ruolo stabilito della IL-13 come citochina primaria che guida l’infiammazione di tipo 2 legata alla dermatite atopica».

Anche i principali endpoint secondari hanno favorito numericamente il farmaco sperimentale. Tra i pazienti randomizzati a cendakimab, il 24-38% ha ottenuto un punteggio vIGA-AD pari a 0 o 1 rispetto al 9% del gruppo placebo e, allo stesso modo, i soggetti che hanno ottenuto la risposta EASI 75 erano il 48-53% con il trattamento attivo e il 26% con il placebo.

I tassi di risposta P-NRS-4 erano simili tra i gruppi cendakimab (33-35%) e numericamente maggiori al placebo (15%), con effetti osservati già alla quarta settimana di trattamento.

«Nonostante le differenze nei regimi di dosaggio e nella durata del trattamento, la percentuale di pazienti che hanno raggiunto la risposta EASI 75, un punteggio vIGA di 0/1 e l’obiettivo P-NRS-4 nel complesso era simile a quella rilevata in studi precedenti con farmaci biologici che bloccano la funzione della IL-13» hanno commentato i ricercatori.

I tassi di eventi avversi emergenti dal trattamento erano comparabili tra i gruppi, del 69-75% nei bracci cendakimab e del 73% nel braccio placebo, in gran parte di gravità lieve o moderata. L’interruzione del trattamento si è verificata nell’1,8% dei soggetti assegnati alla dose più bassa di cendakimab e nel 7,4% di quelli trattati con la dose più alta, rispetto al 3,6% con il placebo. Nel gruppo placebo è stato osservato un tasso più elevato di eventi avversi gravi emergenti dal trattamento.

Come hanno fatto presente gli autori, anche se non si tratta di un problema che riguarda specificatamente cendakimab, come in altri studi clinici su inibitori della IL-13 ci sono stati eventi avversi di congiuntivite e herpes. In questo studio la congiuntivite si è verificata nell’11-18% dei gruppi in trattamento attivo e nel 5% con il placebo, mentre i tassi di herpes si sono verificati rispettivamente nel 4-6% e nel 2% dei soggetti.

Tra i limiti dello studio sono stati citati i tassi di risposta elevati con il placebo nei vari endpoint, che potrebbero essere dovuti all’uso di emollienti topici non medicati e di terapie di salvataggio.

Considerato il numero sempre crescente di terapie disponibili e in sviluppo per la dermatite atopica, la compagnia sviluppatrice Bristol Myers Squibb non intende continuare lo sviluppo del farmaco per trattare la malattia cutanea e sta valutando l’anticorpo monoclonale nell’esofagite e nella gastroenterite eosinofila, altre condizioni associate all’infiammazione di tipo 2.

Referenze

Blauvelt A et al. Cendakimab in Patients With Moderate to Severe Atopic Dermatitis: A Randomized Clinical Trial. JAMA Dermatol. 2024 Jul 17:e242131. 

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