Tumore del polmone non a piccole cellule EGFR-mutato: arriva l’ok del Chmp dell’EMA al bispecifico amivantamab più la chemioterapia
Il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha raccomandato l’approvazione dell’anticorpo bispecifico amivantamab in combinazione con carboplatino e pemetrexed per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato che presentano delezioni dell’esone 19 o la mutazione L858R dell’esone 21 del gene EGFR, dopo il fallimento di una terapia precedente, comprendente un inibitore tirosin chinasico (TKI) dell’EGFR.
La raccomandazione è supportata dai dati dello studio di fase 3 MARIPOSA-2 (NCT04988295), nel quale il trattamento con amivantamab in combinazione con la chemioterapia ha dimostrato migliorare in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla sola chemioterapia, con una mediana rispettivamente di 6,3 mesi contro 4,2 mesi e una riduzione del 52% del rischio di progressione della malattia o di morte per i pazienti assegnati al trattamento sperimentale (HR 0,48; IC al 95% 0,36-0,64; P < 0,001).
Inoltre, il trattamento con amivantamab più la chemioterapia ha migliorato il tasso di risposta obiettiva (ORR) rispetto alla sola chemioterapia: 64% contro 36%.
«I meccanismi di resistenza dopo la progressione della malattia nei pazienti trattati con osimertinib sono diversi e policlonali, e fino alla metà dei casi dipende da alterazioni dei geni EGFR e MET. Attualmente non esistono farmaci mirati approvati per il setting post-osimertinib e con l’attuale standard di cura, la chemioterapia a base di platino, si ottengono scarsi risultati», ha affermato in un comunicato stampa Antonio Passaro, Principal investigator dello studio e Oncologo medico della Divisione di Oncologia toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. «La combinazione di amivantamab e chemioterapia offre una nuova speranza e un nuovo standard di cura per questi pazienti, con miglioramenti osservati dell’ORR, della PFS e dell’efficacia intracranica, anche in pazienti con metastasi cerebrali non trattate in precedenza».
Lo studio MARIPOSA-2
MARIPOSA-2 è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in aperto, che ha arruolato 657 pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico che presentavano delezioni dell’esone 19 o la mutazione L858R dell’esone 21 del gene EGFR ed erano andati incontro a una progressione della malattia durante o dopo il trattamento con il TKI osimertinib.
I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale al trattamento con amivantamab, con o senza lazertinib, più la chemioterapia oppure la chemioterapia da sola.
L’endpoint primario dello studio era la PFS valutata mediante revisione centralizzata indipendente in cieco (BICR) secondo i criteri RECIST 1.1 per ciascun braccio contenente amivantamab rispetto al braccio trattato con la sola chemioterapia, mentre gli endpoint secondari includevano l’ORR valutato mediante BICR, la sopravvivenza globale (OS), la durata della risposta (DOR), il tempo alla terapia successiva, il tempo alla seconda progressione (PFS2) e la PFS intracranica.
Miglioramento della PFS intracranica
Rispetto alla sola chemioterapia, il trattamento con amivantamab più la chemioterapia ha dimostrato di migliorare in modo significativo anche la PFS intracranica, con una mediana rispettivamente di 12,5 mesi contro 8,3 mesi (HR 0,55; IC al 95% 0,38-0,79; P = 0,001).
Per quanto riguarda la sicurezza, effetti avversi di grado 3 o superiore si sono manifestati nel 72% dei pazienti trattati con amivantamab più la chemioterapia contro il 48% di quelli assegnati alla sola chemioterapia e gli eventi avversi di grado 3 o superiore più comuni sono stati neutropenia, trombocitopenia, anemia e leucopenia.
Solo nel braccio assegnato al trattamento sperimentale sono stati segnalati eventi emorragici di grado 3 o 4, manifestatisi nell’1% dei pazienti.
I tassi di eventi avversi gravi emergenti dal trattamento sono risultati del 32% nel braccio trattato con amivantamab più la chemioterapia e 20% in quello sottoposto alla sola chemioterapia.
Inoltre, il 58% dei pazienti nel braccio trattato con la combinazione dei due farmaci ha manifestato reazioni correlate all’infusione.
Eventi avversi correlati al trattamento hanno causato il decesso nel 2% dei pazienti del braccio sperimentale e nell’1% di quelli del braccio della chemioterapia.
«L’opinione positiva odierna del Chmp è una buona notizia e dimostra i risultati del nostro profondo impegno per cambiare gli outcome dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule», ha affermato Kiran Patel, vicepresidente dello sviluppo clinico per i tumori solidi di Johnson & Johnson Innovative Medicine. «Amivantamab ha già mostrato risultati positivi nel trattamento di pazienti con altre mutazioni dell’EGFR e ora non vediamo l’ora di compiere i prossimi passi per renderlo disponibile a ulteriori pazienti con mutazioni comuni dell’EGFR andati in progressione dopo il trattamento con osimertinib».