Sindrome di Klinefelter: aiuto psicologico ai pazienti è fondamentale


Come offrire sostegno ai bambini con sindrome di Klinefelter? Ad interessarsi dell’argomento è Antonella Esposito, Psicologa Psicoterapeuta Cognitivista Costruttivista, nonché madre di una ragazza con malattia rara.

La sindrome di Klinefelter (SK) è la più frequente alterazione cromosomica nel maschio che si caratterizza per la presenza di un cromosoma X in eccesso (cariotipo 47, XXY), determinando una disfunzione testicolare che si manifesta con ipogonadismo e infertilità. Questa condizione ha una prevalenza molto elevata (circa 1 su 600 maschi) ma spesso non viene identificata se non in età adulta, per via dell’infertilità, oppure in epoca prenatale, mediante NIPT o amniocentesi (circa 10% dei casi). Si stima che, a causa della scarsità di sintomi rilevanti, oltre il 60% dei casi rimanga non diagnosticato.

I sintomi della sindrome di Klinefelter sono molto variabili e possono comprendere pene piccolo e criptorchidismo alla nascita, ritardo del linguaggio nella prima infanzia e pubertà tarda o incompleta, con testicoli piccoli (microrchidismo) che producono poco testosterone, infertilità (92%) e scarso sviluppo dei caratteri sessuali secondari (peluria, muscolatura, voce), nonché osteopenia ed osteoporosi, altra statura, anemia e ginecomastia (sviluppo eccessivo del seno). Talvolta sono presenti problemi comportamentali e sociali legati soprattutto al disturbo del linguaggio, nonché comorbilità come obesità, sindrome metabolica e problematiche cardiovascolari, oltre a un rischio lievemente aumentato d’insorgenza di tumori mammari, ematologici e testicolari. Alcuni pazienti possono sviluppare anche malattie autoimmuni.

Per i pazienti italiani con sindrome di Klinefelter sono attive le associazioni ASKIS ODV, che fa parte dell’Alleanza Malattie RareNascere Klinefelter ODV e Unitask, oltre al gruppo di auto-aiuto “Gruppo Svitati 47“.

La dr.ssa Esposito da anni lavora con bambini portatori di questa sindrome e con le sue famiglie attraverso il Centro THÉLEMA – Psicoterapia e Riabilitazione, che ha fondato e dirige. Con i piccoli pazienti utilizza la Terapia Cognitivo Comportamentale CBT (Cognitive Behavioral Therapy), che si è dimostrata estremamente affidabile ed efficace.

“Questo tipo di terapia – spiega la dr.ssa Esposito – è considerata, a livello internazionale, tra le più valide, perché evidenzia la connessione tra emozioni, pensieri e comportamenti. Attraverso essa ci si impegna a individuare e modificare i pensieri ricorrenti e/o gli schemi disfunzionali di pensiero e le interpretazioni che il paziente fa della realtà andandoli a sostituire o integrandoli con convinzioni più funzionali”.

“Le persone con sindrome di Klinefelter – prosegue la terapeuta – affrontano nel corso della loro esistenza diverse problematiche psicologiche. Fin dalla tenera età possono trovarsi ad affrontare problemi di autostima che possono scaturire da episodi di bullismo stigmatizzazione, oppure essere legati al senso di bassa autoefficacia in presenza di episodi “fallimentari” come quando la corsa è più impacciata o il linguaggio meno articolato facendo sì che nel confronto con i pari ne escono ‘perdenti’. La sensazione di solitudine e di mancanza di comprensione può essere schiacciante. Questi fatti, insieme alla preoccupazione di sviluppare problemi legati alla Sindrome, possono portare ad ansia depressione. Il tema dell’infertilità, infine, e la sua elaborazione possono influire sul benessere psicologico e necessitare di un supporto. La terapia cognitivo comportamentale, per le sue caratteristiche – spiega la dr.ssa Esposito – ben si adatta a essere impiegata nelle varie fasi del ciclo di vita della persona con Klinefelter, delle sue famiglie e caregiver”.

Brevemente, quali sono le tecniche cognitive più efficaci per la gestione dei Disturbi dell’Apprendimento nei bambini e ragazzi con SK?

“Dai dati scientifici che abbiamo oggi – continua la psicoterapeuta – i ragazzi in età scolare con sindrome di Klinefelter riportano spesso difficoltà nell’apprendimento e cadute nelle funzioni esecutive dovute soprattutto a problematiche legate allo sviluppo del linguaggio e al deficit dell’attenzione. Per questo è consigliabile, laddove tali difficoltà dovessero pregiudicare l’andamento scolastico, un percorso di tutoraggio per una migliore strutturazione di un metodo di studio efficace. È opportuno sostenere l’autonomia nello studio predisponendo un programma delle attività quotidiane, andando così a delineare gli spazi temporali sia per i compiti sia per i momenti di svago. Le pause tra un compito e l’altro sono determinanti per sostenere la motivazione e l’utilizzo di strumenti compensativi come le mappe concettuali, audiolibri, videolezioni e la sintesi vocale”.

E come la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale può risolvere i disturbi depressivi o ansiosi spesso presenti nell’adulto con SK?

“Il trattamento della depressione e dell’ansia, nei pazienti con sindrome di Klinefelter – spiega la dr.ssa – richiede un approccio altamente individualizzato e sensibile alla unicità di ciascuna persona. È fondamentale comprendere come il paziente percepisce la propria condizione e come questa percezione influenzi la sua esperienza di ansia depressione. Il mio approccio terapeutico si focalizza sul riconoscimento e sulle ridefinizioni delle narrazioni che possono contribuire a stati emotivi di sofferenza. Ad esempio, i pazienti con Sindrome di Klinefelter possono aver interiorizzato percezioni di inadeguatezza o di diversità che aggravano la loro ansia e depressione. Attraverso la terapia, miriamo a riscrivere queste storie in modi che promuovano l’accettazione di sé e una maggiore resilienza. Parallelamente, è importante integrare interventi che supportino lo sviluppo di abilità di coping adattive, come tecniche di gestione dello stress e di regolazione emotiva, per affrontare le sfide quotidiane legate alla loro condizione cronica. La collaborazione con un team multidisciplinare, incluso il supporto endocrinologico e genetico, è cruciale per garantire un trattamento olistico che consideri tutti gli aspetti della vita del paziente”.

Infine, come la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale interviene sugli aspetti di disagio legati all’infertilità?

“L’infertilità può essere vissuta con un profondo senso di perdita e può influenzare significativamente la narrazione personale del paziente riguardo al futuro, alla paternità e alla propria immagine come uomo. In qualità di psicoterapeuta, il mio primo obiettivo è stabilire un ambiente terapeutico di sostegno e accettazione, dove il paziente si senta sicuro nell’esprimere i suoi sentimenti e paure. Attraverso l’ascolto empatico, cerco di comprendere la profondità del suo vissuto emotivo legato all’infertilità, riconoscendo il dolore e la complessità di emozioni che può suscitare. Il passo successivo è aiutare il paziente a esplorare e possibilmente riorganizzare gli stati interni che governano la sua esperienza di infertilità. Ciò include lavorare su come si percepisce in relazione al concetto di mascolinità fertilità. Spesso, gli uomini con sindrome di Klinefelter possono sentirsi isolati o diversi a causa delle aspettative sociali e personali legate alla fertilità maschile. La narrazione del paziente talvolta porta alla luce sentimenti di inadeguatezza o di disperazione. Il processo terapeutico può rivelare nuovi modi di costruire la propria identità e scoprire forze interne e risorse che non erano state completamente riconosciute o valorizzate. È fondamentale anche esplorare alternative e nuove possibilità per il futuro che siano allineate con i valori e desideri del paziente, come l’adozione o la genitorialità tramite donazione di gameti, aiutandolo a riformulare un senso di speranza e scopo. Infine – conclude la dr.ssa Esposito – potrebbe essere utile integrare la terapia con supporto di gruppo o con coppie, specialmente se il paziente ha una partner. Questo può facilitare una migliore comunicazione e comprensione all’interno della relazione, aiutando entrambi i partner a costruire insieme le sfide emotive legate all’infertilità. In conclusione, il trattamento non mira solo a ridurre il disagio legato all’infertilità, ma anche a promuovere una più profonda accettazione di sé e a costruire una narrazione di vita resiliente e significativa, nonostante e attraverso le sfide imposte dalla sindrome di Klinefelter”.

FONTE: OSSERVATORIO MALATTIE RARE