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Leucemia linfoblastica acuta: scoperto un nuovo bersaglio terapeutico

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Leucemia linfoblastica acuta: studio italiano scopre due trasportatori indispensabili alle cellule leucemiche per espandersi ed essere protette dalla chemioterapia

Tra le terapie per la leucemia linfoblastica acuta c’è l’utilizzo dell’asparaginasi, un agente chemioterapico che priva le cellule malate dell’aminoacido asparagina e le porta alla morte. Tuttavia, la resistenza al farmaco che si registra in diversi casi è un segnale del fatto che le cellule maligne sono comunque in grado di procurarsi questo composto per loro vitale. I ricercatori della Fondazione Tettamanti dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza e dell’Università di Parma, indagando sui meccanismi che rendono possibile questo fenomeno, hanno dimostrato come due trasportatori presenti nelle cellule di leucemia linfoblastica acuta agiscano come ‘complici’, fornendo a tali cellule questo aminoacido fondamentale per la loro sopravvivenza e proliferazione.

In pratica i due trasportatori “ASCT2” e “SNAT5” agiscono come ‘contrabbandieri’, trasportando attraverso le membrane cellulari l’asparagina e rendendo così, probabilmente, meno efficace la terapia farmacologica. Questo meccanismo è stato descritto per la prima volta in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica internazionale British Journal of Haematology. I trasportatori individuati possono rappresentare, in prospettiva e a fronte di ulteriori studi, un nuovo bersaglio terapeutico in grado di migliorare l’efficacia della terapia.

Abbiamo individuato due trasportatori indispensabili alle cellule leucemiche per espandersi ed essere protette dalla chemioterapia, che consentono loro di ricavare, dall’ambiente circostante, aminoacidi che non riescono a prodursi da sole”, commenta Giovanna D’Amico, ricercatrice della Fondazione Tettamanti dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza. “Nelle nostre colture cellulari in vitro è stato osservato che questa funzione è esercitata da due trasportatori, ASCT2 e SNAT5, che forniscono un passaggio attraverso le membrane delle cellule per gli aminoacidi. Utilizzando due farmaci inibitori è stato osservato il blocco della loro importante funzione e la conseguente induzione della morte delle cellule tumorali. Ulteriori studi potranno chiarire come sfruttare al meglio a livello terapeutico questa scoperta”.

Giuseppe Taurino, borsista della Fondazione Veronesi presso il Laboratorio di Patologia Generale del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, osserva: “L’inibizione dell’attività dei due trasportatori chiave ASCT2 e SNAT5 impedisce alle cellule leucemiche di internalizzare non solo l’asparagina presente normalmente nell’ambiente circostante ma anche quella fornita specificamente al tumore dalle cellule mesenchimali stromali, impedendo in questo modo che queste cellule aiutino il tumore a resistere alla terapia”.

Lo studio pubblicato sul British Journal of Haematology si inserisce in un’attività di ricerca che la Fondazione Tettamanti dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza porta avanti in modo specifico sul microambiente tumorale, ovvero l’ecosistema, composto anche da cellule sane, all’interno del quale proliferano le cellule maligne. La comprensione adeguata dell’interazione tra queste ultime e l’ambiente circostante è fondamentale per rendere più efficaci le terapie.

Un ulteriore studio della Fondazione Tettamanti, pubblicato su Scientific Reports, fa un passo in avanti nell’analisi di questo aspetto. Studi precedenti svolti dal gruppo della dott.ssa D’Amico hanno dimostrato, sia in vitro che in vivo, come una proteina chiamata “ActivinA”, prodotta anche dalle cellule mesenchimali stromali (MSC) all’interno del microambiente leucemico, ha un ruolo nel favorire la crescita e l’aggressività delle stesse cellule leucemiche.

La comunicazione tra le cellule avviene anche mediante la produzione di vescicole extracellulari (EV), piccole sfere che contengono porzioni di DNA, RNA e proteine conferendo alla cellula bersaglio nuove funzioni. Il gruppo della dott.ssa D’Amico ha dimostrato come l’ActivinA stimoli nelle cellule malate una maggior produzione di EV e ne modifichi anche il loro contenuto. Erica Dander, ricercatrice senior / Project leader della Fondazione Tettamanti dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, osserva: “Grazie alla maggiore produzione di EV, indotta dall’ActivinA, le cellule leucemiche riescono a scambiarsi informazioni e a sopravvivere meglio in un ambiente che è per loro sfavorevole a causa della mancanza di nutrienti.” L’ulteriore messa a fuoco del ruolo dell’ActivinA apre alla prospettiva di migliorare ulteriormente gli approcci terapeutici per la leucemia linfoblastica acuta.

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