Il figlio di 14 anni, sopravvissuto alla strage familiare a Nuoro compiuta da Roberto Gleboni, avrebbe parlato agli inquirenti di un litigio prima degli spari
Come già si era intuito ieri, non c’è stato nulla da fare per il figlio di 10 anni e per il vicino di casa di Roberto Gleboni, l’uomo che ieri a Nuoro si è ucciso dopo aver sparato contro tutta la sua famiglia. Sia il bambino, di nome Francesco, che l’anziano vicino di casa (Paolo Sanna, 69 anni) ieri erano arrivati in ospedale in condizioni gravissime. I medici già ieri avevano parlato di morte cerebrale. E oggi probabilmente la morte verrà dichiarata ufficialmente.
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UN LITIGIO PRIMA DELLA STRAGE?
Intanto, resta avvolta nel mistero la causa scatenante della strage: Gleboni, che in quanto appassionato di armi deteneva regolarmente una pistola per uso sportivo, calibro 7.65, ieri mattina intorno alle 7 l’ha usata contro la sua famiglia e poi contro se stesso. A tutti ha sparato alla testa. Prima ha colpito la moglie, Giuseppina Massetti, e la figlia Martina, 25 anni. Poi avrebbe fatto fuoco contro il vicino Paolo Sanna, incontrato casualmente sul pianerottolo, e infine contro i due figli, di 10 e 14 anni. Quest’ultimo è l’unico sopravvissuto della famiglia: il padre, sparandogli, non lo ha centrato ma lo ha colpito solo di striscio quindi è di fatto illeso ma sotto choc. Assistito dagli psicologi, agli inquirenti avrebbe detto che prima degli spari il padre e la madre avevano litigato. L’uomo, poi, si sarebbe alzato, avrebbe preso la pistola da un cassetto e sparato alla madre che si trovava ancora a letto. A quanto pare, la coppia si stava separando, anche se entrambi vivevano ancora sotto lo stesso tetto.
Dopo aver colpito la madre, ha sparato anche alla figlia e agli altri due fratelli. Poi è uscito di casa (abitavano in affitto in via Ichnusa) e in auto si è spostato in via Gonario Pinna, dove è salito in casa dell’anziana madre, Maria Esterina Riccardi, e le ha sparato. La donna stava facendo colazione in cucina: è stata colpita al collo, è grave ma non in pericolo di vita. Subito dopo si è sparato ad una tempia.
Operaio forestale (lavorava per l’agenzia regionale Forestas) e sindacalista per la Cisl, Gleboni era incensurato e non aveva denunce per violenze in famiglia. Sui vari quotidiani, le testimonianze raccolte parlano per lo più di una persona serena, gentile, e raccontano di una famiglia che non si era mai fatta notare per nessuna stranezza. I vicini raccontano di non aver sentito litigi. “Era impegnatissimo in difesa dei colleghi, non abbiamo mai notato un’intemperanza o uno scatto d’ira”, dicono dalla Cisl. C’è però una voce raccolta dal Corriere che racconta altro: Gleboni sarebbe stato “possessivo” e aveva manie di controllo verso moglie e figli. “Spesso urlava, a volte sembrava prepotente e quasi esaltato”. Da più parti, si evoca la parola depressione.
(Foto da Instagram)