Morta a 89 anni Lea Pericoli, la signora del tennis italiano


Tutti amavano Lea: il tennis piange la Divina Pericoli. E’ morta a 89 anni, la campionessa, giornalista, presentatrice tv. Una vita immortale

lea pericoli

Erano tutti innamorati di Lea. Lea Pericoli. Ora che non c’è più vale, nei secoli dei secoli, l’etichetta immortale che le diede Gianni Clerici: la Divina. E più di mille altre parole basterebbe, a ricordarla, il taglia e cuci delle sue: il racconto di un’epoca intera, di un mondo a parte fatto di trofei (27 considerando tutte le specialità) e di gonnelline in piume di struzzo, visone, petali di rosa.

I suoi celebri abiti da tennis sono stati in mostra al Victoria&Albert Museum di Londra e alla Hall of Fame del tennis a Newport. Ma lei, che era metonimia d’eleganza, causa ed effetto, fu anche un ossimoro. Indro Montanelli, che andava a caccia di lepri con suo padre in Etiopia, la definì “coniglio coraggioso”. Diceva di aver fame, ma pareva non averne mai davvero. Cresciuta tra le migliori giocatrici del pianeta, e poi oltre, in scalata per altre carriere, con una levità quasi imbarazzante.

Fu Montanelli che da campionessa la volle cronista di sport e poi di moda al Giornale. “Molti agli inizi mi chiedevano: dì la verità, i pezzi chi te li ha scritti? Sottinteso: non puoi essere stata tu. Roba da arrabbiarsi, ma io ho sempre cercato di vedere nelle cose il lato positivo, il bicchiere mezzo pieno. Sul primo numero del Giornale c’è la mia firma in prima pagina, ne sono orgogliosa. Un giorno poi diventa direttore Vittorio Feltri, mi convoca: da domani lei non è più collaboratrice di questo giornale. Così, secco”.

Sì, l’eleganza. “E dire che avevo il polso di Borg”, s’opponeva. “Del tennis, a quei tempi, mi affascinavano soprattutto i viaggi, perché guadagni non ce n’erano. La purezza del dilettantismo. Voli notturni per spendere meno, pensioncine da pochi soldi. A Wimbledon, oltre al ticket per la prima colazione, avevamo diritto al macchinone che ci portava dall’albergo ai campi. Ci arrangiavamo, quelle poche lire ce le strappavamo giocando a poker tra noi. Un modo di arrangiarsi era accettare inviti a cena da sconosciuti ammiratori, e dopo cena arrivederci e grazie. Eravamo a Londra, dico a Lucia Bassi che avevo rimediato un invito per due e lei mi fa: non m’interessa, sono una ragazza che ha dei principi. E io sono una ragazza che ha fame e ci vado anche da sola, le ho detto. E così feci”.

Tutti amavano Lea. Anche Gianni Clerici ovviamente, per confessione editoriale: “Lei aveva giusto vent’anni. Era arrivata in Italia da Addis Abeba, dov’era cresciuta, dove aveva abitato con suo Papà, un grande uomo d’affari, che il Negus, Hailé Selassié, aveva personalmente liberato dal campo di concentramento in cui si sarebbe trovato, nel 1941. A Wimbledon le tenniste indossavano ancora gonne lunghe sin quasi al ginocchio, solo le americane erano più disinvolte, con quella che si chiamava sottana-pantalone. Come Lea scese in campo si verificò un assieparsi simile a quello che avevo visto per il primo film della coetanea Sofia Loren, i fotografi che si battevano a colpi di gomito, i dirigenti in blazer imbarazzatissimi: ogni volta che Lea colpiva il suo diritto, la sottanella, già corta sino alla coscia, roteava, facendo sì che la Divina, come avevo preso a chiamarla, mostrasse l’indumento sottostante, che, non fosse state tanto chic, si sarebbe potuto definire mutandine”.

Lo stile era una scelta: “Quei vestitini stravaganti e a volte eccessivi indossati nelle partite riguardavano solo le partite facili. Se c’era da soffrire, tenuta bianca classica. Mi divertiva e poi In Italia era diffusa l’idea che lo sport trasformasse le donne in muscolose virago senza grazia. Ho fatto una scelta dalla parte delle donne”.

Lea Pericoli aveva battuto due tumori. “Era il ’73 mi pare, resi pubblica la malattia, fu decisiva la spinta del professor Veronesi. In quegli anni si faticava a nominarlo, il tumore, il cancro. Era ‘il male inguaribile’, da tener nascosto come se fosse una vergogna. Sei mesi dopo l’intervento chirurgico vincevo il campionato italiano”.

Ha più volte avuto il tempo di dettare il suo addio: “In fondo ho avuto una vita meravigliosa e ogni giorno la ringrazio. Ho avuto tanti amori importanti, anche dolorosi e vivo da sola, ma convivo bene con me stessa, mi parlo e mi rispondo. E ho tanti amici”. Tutti l’amavano, Lea.

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT).