I farmaci antidiabetici che inibiscono il cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 potrebbero prevenire la demenza, offrendo maggiori benefici con un trattamento più lungo
I farmaci antidiabetici che inibiscono il cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2 inibitori) potrebbero prevenire la demenza, offrendo maggiori benefici con un trattamento più lungo, come suggeriscono i risultati di un ampio studio osservazionale coreano pubblicato sul British Medical Journal (BMJ).
Secondo un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 2021 si prevede che il numero di persone con demenza a livello globale raggiungerà i 78 milioni entro il 2030. Nonostante le gravi conseguenze della condizione, il tasso di successo dello sviluppo di farmaci per il suo trattamento è stato notevolmente basso negli ultimi due decenni, lasciando solo opzioni estremamente limitate per il trattamento modificante la malattia, hanno premesso gli autori.
Nel contempo sono emerse evidenze a sostegno dell’importanza dei fattori di rischio modificabili per la demenza, incluso il diabete. Secondo un’analisi aggregata, il diabete di tipo 2 è associato a un rischio di demenza del 60% più elevato, predisponendo chi ne è colpito sia allo sviluppo della malattia di Alzheimer che della demenza vascolare. I meccanismi che collegano il diabete di tipo 2 e la demenza sono multifattoriali e coinvolgono resistenza all’insulina, episodi ipoglicemici e compromissione vascolare e, in linea con queste osservazioni, le metanalisi degli studi osservazionali hanno dimostrato che alcuni farmaci ipoglicemizzanti possono avere effetti neuroprotettivi nelle persone affette da diabete.
Uno studio recente su pazienti over 65 con diabete di tipo 2 ha suggerito un rischio ridotto di demenza associato all’uso di SGLT2 inibitori rispetto agli inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DPP-4), anch’essi antidiabetici, ma i loro effetti sui giovani e su specifici tipi di demenza (come malattia di Alzheimer e demenza vascolare) restano poco chiari.
Un ampio studio osservazionale condotto in Corea
Per colmare questo gap, i ricercatori hanno utilizzato il database del Korea National Health Insurance Service per identificare 110.885 coppie di adulti con diabete di tipo 2 di età compresa tra 40 e 69 anni che non erano affetti da demenza e avevano iniziato ad assumere un SGLT2 inibitore o un DPP-4 inibitore tra il 2013 e il 2021.
Tutti i partecipanti (età media 62 anni, 56% uomini) sono stati abbinati in base a età, sesso, uso dell’ipoglicemizzante metformina e rischio cardiovascolare al basale e sono stati seguiti per una media di 670 giorni per rilevare chi avesse sviluppato demenza. Sono stati considerati anche fattori potenzialmente influenti, tra cui caratteristiche personali, livello di reddito, fattori di rischio sottostanti per la demenza, altre condizioni e uso di farmaci correlati.
Possibile effetto protettivo sulla demenza degli SGLT2 inibitori
Nel corso del follow-up sono stati identificati 1.172 soggetti con demenza di nuova diagnosi, con tassi per 100 anni-persona dello 0,22 per gli utilizzatori di SGLT2 inibitori e dello 0,35 per chi assumeva DPP-4 inibitori, corrispondenti a un rischio di demenza associato all’uso dei primi del 35% inferiore rispetto ai secondi.
L’analisi ha anche riscontrato un rischio ridotto del 39% di malattia di Alzheimer e del 52% di demenza vascolare associato agli SGLT2 inibitori. Inoltre l’effetto di questa classe di farmaci sembrava più pronunciato con una maggiore durata del trattamento, grazie a un rischio ridotto del 48% di demenza per più di due anni di trattamento rispetto a un rischio ridotto del 43% per un utilizzo inferiore ai due anni.
Trattandosi di uno studio osservazionale gli autori hanno sottolineato che non è possibile trarre conclusioni definitive su causa ed effetto, segnalando che i dettagli su comportamenti come abitudine al fumo e consumo di alcol e sulla durata del diabete di tipo 2 non erano completamente disponibili. Di contro si è trattato di uno studio ampio basato su dati rappresentativi a livello nazionale che includevano persone relativamente più giovani con diabete di tipo 2, con risultati altamente coerenti tra i sottogruppi.
«Pertanto gli SGLT2 inibitori potrebbero prevenire la demenza, offrendo maggiori benefici con un trattamento più lungo. Sono necessari studi clinici randomizzati per confermare questi risultati» hanno concluso.
Tenere conto di questi risultati e valutare i possibili meccanismi sottostanti
Gli autori di un editoriale di accompagnamento definiscono questi risultati promettenti, con importanti implicazioni sia per la pratica clinica che in prospettiva per la salute pubblica. Dal momento che non esiste una cura per la demenza e sono disponibili poche opzioni di trattamento efficaci, le strategie che possono potenzialmente prevenirne l’insorgenza sono di fondamentale importanza.
Considerati gli ingenti oneri socioeconomici e di salute pubblica associati sia alla demenza che al diabete di tipo 2, raccomandano inoltre che le linee guida cliniche e le politiche sanitarie vengano aggiornate regolarmente per incorporare le evidenze più recenti sui potenziali benefici degli SGLT2 inibitori. Concordano sul fatto che sono necessari ulteriori studi per confermare questi risultati e suggeriscono ulteriori ricerche per valutare i meccanismi alla base degli eventuali effetti neuroprotettivi di questi farmaci.
Referenze
Shin A et al. Risk of dementia after initiation of sodium-glucose cotransporter-2 inhibitors versus dipeptidyl peptidase-4 inhibitors in adults aged 40-69 years with type 2 diabetes: population based cohort study. BMJ. 2024 Aug 28:386:e079475.