Consumo di carne associato a rischio di diabete di tipo 2


Il consumo di carne, soprattutto se rossa e lavorata e meno con il pollame, è positivamente associato allo sviluppo del diabete di tipo 2

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Il consumo di carne, soprattutto se rossa e lavorata e meno con il pollame, è positivamente associato allo sviluppo del diabete di tipo 2, secondo i risultati di un’ampia metanalisi pubblicati sulla rivista Lancet Diabetes and Endocrinology. Questi esiti dovrebbero essere presi in considerazione nelle linee guida dietetiche per prevenire lo sviluppo della malattia metabolica, hanno concluso gli autori.

Studi precedenti hanno segnalato un aumento del rischio di diabete di tipo 2 associato al consumo di carne lavorata e carne rossa non lavorata. Tuttavia le differenze negli approcci di valutazione delle evidenze e nell’interpretazione dei risultati impediscono di trarre conclusioni definitive su questa associazione. Inoltre non è ancora chiaro in che modo il consumo di pollame possa influenzare il rischio di sviluppare la malattia, hanno premesso i ricercatori.

Oltre all’eterogeneità nei risultati pubblicati, sono stati anche osservati squilibri geografici, dal momento che la maggior parte degli studi è stata condotta negli Stati Uniti e in Europa. Di conseguenza è importante analizzare anche altri studi condotti in altre regioni al fine di comprendere le potenziali fonti di eterogeneità.

Una metanalisi dei dati da 31 coorti in 20 paesi in tutto il mondo
A oggi non sono state condotte metanalisi dei dati dei singoli partecipanti per valutare l’associazione tra rischio di diabete di tipo 2 e consumo di carne. L’ipotesi alla base del presente studio prevedeva che il consumo di carne lavorata e carne rossa non lavorata fosse associato a una maggiore incidenza di diabete e che questa associazione non fosse valida nel caso del consumo di pollame.

Per questo motivo è stata eseguita una metanalisi dei dati armonizzati dei singoli partecipanti ottenuti da 31 diverse coorti in 20 nazioni all’interno del progetto globale InterConnect. Dodici coorti provenivano dalle Americhe, due dalla regione del Mediterraneo orientale, nove dall’Europa, una dal Sud-est asiatico e sette dal Pacifico occidentale. I partecipanti idonei avevano almeno 18 anni di età e fornivano dati sul consumo alimentare e sull’incidenza di diabete di tipo 2.

Per ciascun tipo di carne sono stati stimati i rapporti di rischio (HR) e nell’analisi sono stati aggiustati i potenziali fattori confondenti, come l’indice di massa corporea (BMI).

Consumo di carne associato al rischio di diabete di tipo 2, soprattutto se rossa e lavorata 
Su un totale di quasi due milioni di pazienti sono stati identificati 107.271 casi di diabete di tipo 2 durante un periodo di follow-up mediano di 10 anni. Il consumo di carne variava a seconda della popolazione, dato che i soggetti residenti nelle nazioni europee segnalavano una maggiore assunzione di carne lavorata e le coorti americane riportavano un maggiore consumo di pollame.

Un consumo elevato di tutti i tipi di carne ha aumentato il rischio di diabete di tipo 2, con HR di 1,10 per ogni 100 g/giorno di carne rossa non lavorata, 1,15 per ogni 50 g/giorno di carne lavorata e 1,08 per ogni 100 g/giorno di pollame. Tuttavia, rispetto all’assunzione dei primi due tipi di carne, l’associazione tra consumo di pollame e diabete di tipo 2 è risultata più debole.

Le analisi di sostituzione alimentare hanno rivelato che sia il consumo di carne rossa non lavorata che di pollame erano associati a un rischio ridotto di sviluppare diabete di tipo 2, un’associazione che tuttavia non è stata osservata per il consumo di carne lavorata. Un’associazione positiva tra consumo di carne e diabete di tipo 2 è stata osservata in coorti provenienti da Nord America, Europa e regioni del Pacifico occidentale, con una eterogeneità non associata a età, sesso o BMI.

Meccanismi alla base dell’associazione ancora da chiarire
Come hanno fatto presente gli autori, il consumo di carne potrebbe influenzare il rischio di diabete di tipo 2 attraverso diversi meccanismi causali che peggiorano la sensibilità all’insulina, la funzione delle cellule β pancreatiche o entrambe.

Per esempio la carne rossa è ricca di acidi grassi saturi ma povera di acidi grassi polinsaturi e il passaggio da una dieta ricca di acidi grassi saturi a una ricca di acidi grassi polinsaturi è stato associato a una migliore resistenza all’insulina in una metanalisi di studi a breve termine. Inoltre la carne ha un alto contenuto proteico e alcune ricerche hanno indicato una potenziale associazione tra un elevato apporto di proteine ​​animali e un aumento del rischio di diabete di tipo 2.

Un altro potenziale meccanismo potrebbe essere legato alla trimetilammina N-ossido, un metabolita dipendente dal microbiota intestinale generato durante la digestione della colina e della l-carnitina, abbondante nella carne rossa, anche se il meccanismo esatto deve ancora essere stabilito.

Gli additivi contenenti nitrato o nitrito e la formazione di composti N-nitroso durante la lavorazione della carne sono associati a un rischio più elevato di diabete di tipo 2. Studi su piccola scala hanno indicato che i prodotti finali di glicazione avanzata, composti generati durante la cottura di prodotti a base di carne ad alte temperature come la frittura o la grigliatura, potrebbero contribuire allo stress ossidativo, alla risposta pro-infiammatoria e, di conseguenza, alla resistenza all’insulina.

La carne può essere una fonte importante di ferro in molte popolazioni, ma l’assunzione di ferro a lungo termine è stata implicata in un aumento del rischio di diabete di tipo 2 in studi osservazionali e nell’analisi di randomizzazione mendeliana.

Referenze

Li C et al. Meat consumption and incident type 2 diabetes: an individual-participant federated meta-analysis of 1·97 million adults with 100 000 incident cases from 31 cohorts in 20 countries. Lancet Diabetes Endocrinol. 2024 Sep;12(9):619-630.

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