Intelligenza artificiale per diagnosi infarto in ospedale non migliora outcome clinici


L’intelligenza artificiale in pronto soccorso per supportare il processo decisionale clinico nella gestione dell’infarto miocardico  non si associa a migliori outcome cardiovascolari

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L’uso dell’intelligenza artificiale (AI) in prontosoccorso (PS) per supportare il processo decisionale clinico nell’identificazione e nella gestione dell’infarto miocardico (IM) non si associa a migliori oucome cardiovascolari, per quanto l’aiuto informatico è sicuro e aumenta l’adozione di approcci basati sulle evidenze. Lo ha riscontrato lo studio RAPIDx AI presentato da Kristina Lambrakis, the Victorian Heart Hospital, Monash Health, the Victorian Heart Institute, Monash University and College of Medicine and Public Health, Flinders University Australia, in una Hot Line session al Congresso ESC 2024 a Londra.

Specialmente nel setting del PS, interpretare correttamente i valori di troponina ad alta sensibilità (hs-cTn) può essere complesso dato che questo marcatore di danno miocardico può elevarsi in varie condizioni patologiche oltre che nell’IM di tipo 1 (da rottura di placca aterosclerotica), con interpretazioni errate che possono portare a indagini, rischi e costi potenzialmente ingiustificati.

Per aiutare i medici a formulare una diagnosi corretta, l’attuale guida UDMI (Quarta definizione universale di infarto miocardico) del 2018 mira a supportare l’interpretazione dell’hs-cTn delineando le classificazioni dell’IM e del danno miocardico, che richiedono trattamenti specifici. Non è, tuttavia, noto se l’uso clinico del 4° sistema di classificazione UDMI abbia portato ad oucome migliori per i pazienti. L’uso di algoritmi di AI basati sul 4° UDMI per supportare il processo decisionale clinico potrebbe aiutare a guidare l’interpretazione di hs-cTn e migliorare gli outcome clinici.

Lo studio RAPIDx AI
Per colmare questa importante lacuna di evidenze, lo studio RAPIDx AI ha arruolato 14.131 pazienti (di età pari o superiore a 18 anni) che si sono presentati in sei pronto soccorso metropolitani e sei rurali nel Sud Australia e nei quali è stata dosata la hs-cTn.

Sei ospedali sono stati assegnati in modo casuale al braccio di controllo (standard di pratica invariato) e sei al braccio di intervento (implementazione del supporto decisionale clinico basato sull’intelligenza artificiale). Un totale di 3.029 pazienti (età media 74,5 anni; 58% donne) con danno miocardico (hs-cTn elevata) e sospetta causa cardiaca sono stati inclusi nell’analisi primaria intention-to-treat (1.461 pazienti negli ospedali di controllo e 1.568 negli ospedali con supporto decisionale basato sull’intelligenza artificiale).

L’outcome principale era rappresentato da morte cardiovascolare (CV), IM nuovo/ricorrente e ricovero CV non pianificato entro 6 mesi. L’endpoint di sicurezza era la morte per tutte le cause o l’IM entro 30 giorni tra i soggetti dimessi direttamente dal pronto soccorso.

I risultati emersi all’analisi dei dati
Nell’analisi intention-to-treat, i ricercatori non hanno trovato differenze nei risultati tra i gruppi, con 408/1568 partecipanti (26,0%) nel gruppo di intervento e 385/1461 (26,4%) nel gruppo di controllo che hanno avuto una morte CV, un IM o un ricovero CV non pianificato entro 6 mesi.

Analogamente, nell’intera coorte, l’endpoint primario si è verificato in 680 (9,4%) partecipanti nel gruppo di intervento e 718 (10,4%) controlli.
È importante notare che, tra i pazienti non classificati come infarto miocardico di tipo 1 dal supporto decisionale basato sull’intelligenza artificiale (in cui la coronarografia non ha dimostrato di essere utile), la coronarografia invasiva aveva il 47% di probabilità in meno di essere eseguita nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di cure usuali (66/1265; 5% vs 112/1186; 9,4%).

Inoltre, nei casi in cui i pazienti erano classificati come affetti da infarto miocardico di tipo 1 dal supporto decisionale basato su AI, era più probabile rispetto al gruppo di cure usuali che venissero prescritte statine [82% (248/303) vs 68% (187/275)], che venisse somministrata una terapia antipiastrinica [56% (248/303) vs 44% (120/275)] e che venisse prescritto un inibitore mineralcorticoide [56% (78/303) vs 44% (48/275)].

Tra i pazienti dimessi direttamente dal PS, quelli che hanno ricevuto cure in ospedale con il supporto decisionale non sono deceduti né hanno avuto un infarto miocardico entro 30 giorni a un tasso più alto rispetto a quelli negli ospedali che hanno ricevuto le cure abituali [0,86% (40/4664) vs 1,1% (48/4350), p di non inferiorità <0,001).

Commento degli autori
«Il nostro ampio studio randomizzato a cluster su pazienti che si sono presentati a vari PS in tutto il Sud Australia con sospetta sindrome coronarica acuta non ha riscontrato un miglioramento degli outcome clinici con un supporto decisionale basato sull’AI, tuttavia ha evidenziato la capacità dell’intelligenza artificiale di influenzare in tempo reale le decisioni cliniche e la pratica verso un’assistenza basata sulle evidenze», ha commentato Lambrakis. «Una maggiore adozione e integrazione dell’intelligenza artificiale nei flussi di lavoro clinici saranno probabilmente necessarie per migliorare gli outcome clinici».

Lambrakis K. “RAPIDxAI – Re-engineering the clinical approach to suspected cardiac chest pain assessment in the emergency department by expediting evidence to practice using artificial intelligence” ESC 2024, Hot Line 12, 2 September