“Aveva chiesto aiuto a un prof”: la denuncia dei genitori del 15enne suicida a Senigallia. Aperta un’indagine per istigazione al suicidio
Cantilenavano il suo cognome imitando la voce femminile, gli strizzavano i capezzoli, lo colpivano nelle parti intime, in particolare quando si trovavano in palestra o nello spogliatoio, lo prendevano in giro in modo pesante, feroce, tanto da averlo portato alla disperazione e al gesto estremo: quello di puntarsi una pistola contro e farla finita a soli 15 anni. I genitori di Leonardo Calcina, il ragazzino di Senigallia che si è sparato nelle prime ore di lunedì 14 ottobre, dopo essersi allontanato da casa con la pistola di ordinanza del padre, hanno presentato formale denuncia contro quei compagni di scuola che vessavano il figlio fin dal primo giorno in cui si era presentato alI’istituto di istruzione superiore Alfredo Panzini. Ma non solo: viene rilevata anche l’indifferenza dei docenti, nonostante testimoni delle violenze e persino di fronte alla richiesta di aiuto del ragazzo.
L’avvocata dei genitori, Pia Perrici, all’indomani della scomparsa del ragazzo, ha consegnato una denuncia alla polizia. “Se qualcuno avesse parlato prima invece di fare gruppo con i prepotenti Leonardo forse sarebbe ancora qui”, ha motivato ad alcuni quotidiani. Da lì la procura di Ancona ha aperto un’inchiesta per istigazione al suicidio. E ancora: ieri i genitori e il legale sono tornati in caserma per integrare la denuncia, con altri dettagli utili alle indagini.
IL CAMBIO DI SCUOLA, L’INIZIO DELL’INCUBO
Leonardo aveva iniziato l’anno scolastico in una nuova scuola: lo scorso anno frequentava l’indirizzo informatico dell’Iss Corinaldesi Padovano ma aveva deciso di cambiare, anche se era stato promosso: “Lo aveva fatto per questioni di interesse didattico, non è mai emerso che qui fosse stato bullizzato”, spiega il dirigente dell’istituto. Ma al Panzini le cose, dopo un mese dall’inizio delle lezioni, sono precipitate. Più volte ai genitori il 15enne aveva detto che non voleva andare più a scuola. e raccontato loro in lacrime i pesanti atti di bullismo che subiva. Come spiega la legale, i genitori avevano proposto al figlio di denunciare questi ragazzi, ma lui si era rifiutato. Pochi giorni prima di spararsi, aveva anche affrontato uno dei bulli, racconta ancora l’avvocata, gli aveva stretto la mano e chiesto di provare ad essere amici, nonostante tutto quello che gli aveva fatto. “Aveva raccontato questa cosa alla mamma con grande orgoglio, le aveva detto che si era comportato come un uomo”, spiega l’avvocato. Tra e ipotesi che stava pensando la famiglia, c’era quella di spostare il ragazzo di nuovo, in una scuola privata. “I genitori avevano saputo quanto si stava verificando da pochi giorni, la scuola era iniziata da meno di un mese, e pensavano a breve di rivolgersi anche all’istituto”, spiega ancora Perricci. Ma non c’è stato tempo.
LA DENUNCIA PER BULLISMO
La prima denuncia presentata dai genitori ai carabinieri di Marzocca è relativa agli episodi di bullismo. Avrebbero indicato un nome e cognome di un compagno di classe, che sarebbe stato anche già sentito dai militari come persona informata sui fatti. Poi è stato indicato il nome di una ragazzina, compagna di banco del primo e fornito una descrizione di un terzo compagno di classe. Tutti ancora minorenni.
Ma nel documento presentato non si parla solo delle vessazioni compiute dai ragazzi nei confronti del figlio. Il 15enne aveva infatti riferito alla madre che i professori assistevano agli episodi che subiva in classe. “I professori non riprendevano questi alunni – riporta la denuncia – che offendevano e denigravano lui o o i suoi compagni di classe. Facevano come finta di non accorgersi di nulla”. Altri sequestri, dopo il cellulare del 15enne, la playstation e il computer portatile già sottoposti ad una perizia tecnica per analizzare i contenuti, non sono stati disposti dalla pm Irene Bilotta.
LE INTEGRAZIONI: LA RICHIESTA DI AIUTO A UN DOCENTE E LA LETTERA DEL PRESIDE
La madre del 15enne ha portato all’attenzione degli inquirenti i messaggi che si erano scambiati nelle ultime settimane, in particolare, il 9 ottobre scorso Leonardo le aveva scritto di aver raccontato i problemi che aveva a scuola a un professore di sostegno che nell’istituto svolge il ruolo di coordinatore. “Leo era a scuola quel giorno quando ha scritto alla madre – spiega l’avvocato Perrici, con cui i genitori del ragazzino hanno presentato l’integrazione di denuncia – le ha mandato un messaggio per raccontarglielo”. Il figlio a questo professore aveva detto di volere andare via dal Parrini perché non si trovava bene”. Ma di quel colloquio il docente non ha comunicato nulla né al preside, né ai genitori. Nè tantomeno a quel colloquio è seguito un aiuto effettivo al ragazzo: il docente si sarebbe limitato a dirgli che non poteva lasciare gli studi a 15 anni.
Nella integrazione della denuncia è finita anche la lettera che il preside del Panzini, Alessandro Impoco ha inviato martedì agli alunni, al personale della scuola e alle famiglie, con frasi ritenute dai genitori di Leonardo inaccettabili. La lettera è stata inviata il giorno dopo il ritrovamento del corpo del 15enne e i suoi genitori l’hanno ricevuta per caso: secondo quanto riferito dal quotidiano Il Resto del Carlino, già martedì infatti le credenziali del padre per accedere alla bacheca online della scuola, quella dove vengono date le comunicazioni ai genitori e ai ragazzi, non funzionavano più. Quelle della mamma sono state bloccate il giorno dopo. La lettera quindi lei l’ha ricevuta ed è stata consegnata ai carabinieri nell’integrazione di denuncia: a contrariare i genitori è il passaggio nella lettera in cui il dirigente scolastico invita apertamente a non parlare. “Facciamo uscire i demoni che ci tormentano– si legge nella lettera del dirigente – quelli che chiudiamo dentro di noi fino al momento che escono incontrollati, prepotenti per prendere il sopravvento. Ma allo stesso tempo spieghiamo ai ragazzi l’importanza di non parlare (o peggio sparlare) di fatti di cui non si ha effettiva conoscenza o non si siano prima e con certezza verificate le fonti”.
LA LETTERA DEL PRESIDE: “NO ALLA CACCIA DEL BULLO”
“Ho riflettuto a lungo durante questa dolorosa giornata e avverto la necessità di rivolgermi con queste righe agli studenti, alle famiglie e a tutto il personale scolastico- prosegue il testo- Ci tengo a riportare solo un pessimo esempio che ha reso questa tragica giornata ancora più difficile. Stamattina (il 14 ottobre, ndr) qualcuno ha dapprima diffuso la circostanza che un ragazzo armato era chiuso dentro la scuola, creando panico nell’intera città, tra studenti e famiglie, anche nelle scuole di primo grado e gettando così ombre su un ragazzo d’oro come Leonardo. Subito dopo la tragica notizia della sua morte – prosegue – è poi cominciata la caccia al bullo incolpando prima uno poi l’altro tra i ragazzi di questa e di altre scuole, senza che ci fossero effettivi indizi o verità che, del resto, non spetta a noi cercare, ma, semmai, alle autorità competenti. Questo è il dramma che si cela dietro alle comunicazioni sbagliate, alle mistificazioni e all’aprire bocca senza pensare. Ed è anche il dramma delle generazioni iper connesse che in un attimo possono bruciare l’anima e la vita di chiunque ne sia vittima. Vi prego tutti, riflettete su questo. Dobbiamo comunicare di più e meglio. Le parole sono preziose, quelle giuste, dette con spirito costruttivo possono curare. Quelle sbagliate, mosse da sentimenti negativi, possono creare ferite profonde che sanguinano senza fine”.
L’ULTIMO SALUTO A “LEO”
Oggi pomeriggio si terrà l’ultimo saluto a Leonardo, con la celebrazione del suo funerale nella chiesa parrocchiale di Montignano e a Senigallia è stato proclamato il lutto cittadino. Lo ha annunciato il sindaco, Massimo Olivetti, durante la seduta del consiglio comunale di ieri, 16 ottobre: saranno poste le bandiere a mezz’asta per tutta la giornata di domani su tutti gli edifici pubblici, a partire dal municipio fino a comprendere tutte le scuole. Dalle 15 alle 17 anche gli esercizi pubblici dovranno tenere un comportamento consono al lutto cittadino. Mentre tutta la città si chiede come sia stato possibile non evitare una morte così crudele e ingiusta.