Rigurgito mitralico secondario: la TEER opzione più sicura per i pazienti


Rigurgito mitralico secondario, riparazione transcatetere edge-to-edge è efficace quanto la chirurgia, ma più sicura

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Nei pazienti con rigurgito mitralico secondario, la riparazione transcatetere edge-to-edge (TEER) sembra dare risultati simili alla chirurgia, ma con un profilo di sicurezza migliore rispetto all’intervento chirurgico. A suggerirlo sono i risultati dello studio randomizzato MATTERHORN, un trial di autori tedeschi presentato nella Hotline 3 al congresso annuale della European Society of Cardiology (ESC), terminato di recente a Londra, e pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine. (NEJM)

Nel rigurgito mitralico secondario, la valvola mitralica non si chiude correttamente a causa di anomalie strutturali o funzionali del ventricolo sinistro e questo può far sì che il sangue fluisca attraverso la valvola nella direzione sbagliata.

«La TEER è comunemente utilizzata per il trattamento di pazienti con rigurgito mitralico secondario, ma finora non era stato condotto alcuno studio randomizzato che la confrontasse con la chirurgia tradizionale. Nello studio MATTERHORN siamo stati in grado di dimostrare la non inferiorità tra le due tecniche per migliorare il rigurgito mitralico (entrambi i metodi hanno funzionato bene), con alcuni vantaggi in termini di sicurezza a favore della TEER», ha affermato l’autore che ha presentato i dati al congresso, Volker Rudolph, dell’Heart and Diabetes Center NRW di Bad Oeynhausen, in Germania.

Lo studio MATTERHORN
MATTERHORN è uno studio accademico randomizzato e controllato che ha coinvolto pazienti con rigurgito mitralico secondario, frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) ≥20%, sintomi di insufficienza cardiaca (di classe ≥2 della New York Heart Association [NYHA]) nonostante la terapia medica ottimale indicata dalle linee guida e considerati ad alto rischio chirurgico dall’Heart Team locale. Tutti i partecipanti dovevano essere stati ricoverati per insufficienza cardiaca almeno due volte nell’anno precedente.

I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con la TEER mitralica o alla chirurgia della valvola mitralica (riparazione o sostituzione della valvola, a discrezione del chirurgo).

L’endpoint primario di efficacia era rappresentato dalla combinazione di decessi, ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca, reinterventi mitralici, impianti di device di assistenza e ictus a un anno. L’endpoint secondario chiave era rappresentato, invece, dal taso di recidiva di rigurgito mitralico di grado ≥3 a un anno. L’endpoint primario di sicurezza, valutato a 30 giorni, includeva la combinazione di decessi, infarti del miocardico, emorragie maggiori, ictus o attacco ischemico transitorio, riospedalizzazioni, tutti i reinterventi, chirurgie cardiovascolari non elettive, insufficienza renale, infezione profonda della ferita, ventilazione meccanica per oltre 48 ore, complicazioni gastrointestinali richiedenti un intervento chirurgico, fibrillazione atriale di nuova insorgenza, setticemia ed endocardite.

Studio tedesco su 210 pazienti
Nello studio sono stati randomizzati in totale 210 pazienti, arruolati presso 16 centri in Germania.

L’età media era del campione era di 70,5 anni e il 60% dei pazienti era di sesso maschile. Il valore medio di LVEF era del 43% e l’86% dei pazienti presentava un’insufficienza cardiaca di classe NYHA III o IV. Il punteggio mediano del Sistema europeo per la valutazione del rischio operativo cardiaco (EuroSCORE) II era pari al 3%.

Nel gruppo assegnato alla chirurgia, il 72% dei pazienti è stato sottoposto a riparazione della valvola mitralica e il 28% alla sostituzione della valvola.

Nessuna differenza significativa nell’endpoint primario
I risultati non hanno mostrato alcuna differenza significativa nell’endpoint primario, la cui incidenza a un anno è risultata del 16,7% nei pazienti sottoposti alla TEER e 22,5% in quelli assegnati alla chirurgia (odds ratio [OR] 0,69; IC al 95% 0,33-1,44; P = 0,320), con una non inferiorità confermata della TEER rispetto all’intervento (P < 0,01 per la non inferiorità).

Nessuna differenza statisticamente significativa fra i due bracci nemmeno per quanto riguarda l’endpoint secondario chiave. Infatti, il tasso di recidiva di rigurgito mitralico di grado ≥3 a un anno è risultato dell’8,9% nel gruppo sottoposto alla TEER contro 1,5% nel gruppo sottoposto alla chirurgia (OR 6,22; ; IC al 95% 0,75-51,95; P = 0,091).

Inoltre, dopo un anno, i pazienti che avevano un rigurgito mitralico di grado 0 o 1 erano circa il 73,2% nel braccio della TEER e l’87,3% nel braccio della chirurgia, a dimostrazione dell’efficacia di entrambe le terapie.

Sicurezza maggiore con la TEER
Per quanto riguarda la sicurezza, l’incidenza dell’endpoint primario è risultata significativamente superiore nel gruppo sottoposto alla chirurgia (54,8%) rispetto al gruppo sottoposto alla TEER (14,9%; P < 0,001), una differenza dipesa ampiamente da un numero più alto di emorragie maggiori (rispettivamente 29% contro 3%), di tutti i reinterventi (19% contro 8%) e di fibrillazioni atriali di nuova insorgenza (33% contro 9%) nei pazienti assegnati all’intervento chirurgico.

«Lo studio MATTERHORN è il primo studio randomizzato a dimostrare la non inferiorità della TEER rispetto alla chirurgia nei pazienti con rigurgito mitralico secondario. Questi nuovi dati potrebbero diventare importanti per orientare il processo decisionale, poiché le linee guida europee attualmente raccomandano di prendere in considerazione la TEER nei pazienti che sono giudicati inoperabili o ad alto rischio chirurgico dall’Heart Team», ha dichiarato il primo firmatario dello studio, Stephan Baldus, dell’Università di Colonia, in Germania.

«Pensiamo che questi risultati possano estendere l’indicazione della TEER ai pazienti con rigurgito mitralico secondario che sono attualmente candidabili alla chirurgia», ha rimarcato Rudolph.

Proseguire il follow-up
Nonostante la sua pubblicazione sul NEJM, lo studio ha suscitato diverse critiche fra gli esperti.

Rudolph ha riconosciuto che un anno di follow-up non è sufficiente per capire se la TEER possa risultare migliore della chirurgia nel lungo termine e ha detto che gli autori sperano di poter continuare a seguire i pazienti per verificarlo.

Altri due aspetti che hanno destato perplessità fra gli specialisti sono il margine di inferiorità piuttosto generoso e l’assenza di un braccio di controllo trattato con una terapia medica.

Riguardo a quest’ultimo punto, Rudolph ha sottolineato il fatto che quasi la metà del campione aveva una LVEF superiore al 40%, un gruppo per il quale le opzioni di terapia medica sono limitate, e lo erano ancora di più nel 2015, quando lo studio è partito.

Oggetto di critiche sono stati anche la perdita di pazienti piuttosto significativa durante il follow-up, con cinque pazienti persi e 15 che hanno ritirato il consenso, e la qualità della chirurgia molto variabile.

Bibliografia
S. Baldus, et al. Transcatheter repair versus mitral-valve surgery for secondary mitral regurgitation. N Engl J Med. 2024; doi: 10.1056/NEJMoa2408739. leggi