“A Tratti”, l’istinto di toccare i tasti giusti. Il primo singolo di Matteo Salzano, è un cantautorato tenue e densissimo
A Tratti, prima uscita ufficiale di Matteo Salzano, sorprende per la sua finezza: un racconto fatto scivolare con estrema sensibilità fra le trame di un cantautorato ricco, ma leggerissimo.
Il canto dolceamaro dell’autore si abbatte sulla fine di un periodo trasformativo come l’adolescenza. A Tratti è un’altalena di sensazioni per niente passeggere, ma che al contrario, stimolano l’autoanalisi: l’artista di Guastalla raccoglie tutto il buono che c’è nella scuola dei cantautori emiliani e ci fa un cocktail fuori listino: la delicatezza nella scrittura, i cambi di registro, il falsetto, i passaggi strumentali inaspettati.
L’arrangiamento arioso copre uno spettro arcobaleno di colori che accarezzano l’ascoltatore sfiorando le note di diversi strumenti (quasi tutti suonati dal cantautore tranne il basso, suonato dal fratello Davide). A fare da guida è la chitarra con il basso a misurarne l’intensità, il pianoforte assieme allo chalumeau mette gli accenti giusti, mentre percussioni e batteria confezionano un groove spazzolato e gentile. La performance canora è impreziosita dall’intervento di Angelica Alfieri, che rafforza la voce di Matteo e ne eleva la caratura.
Nella malinconia crepuscolare di A Tratti, l’artista si diverte in mezzo a una selva di strumenti che si offrono come linguaggio per colmare il non-detto. Come in un romanzo, l’artista semina vuoti che si riempiono di virtuosismi strumentali e vocali, altre volte invece lascia che sia l’ascoltatore a metterci un tassello. Si esplicita quindi anche nella forma la natura tratteggiata del brano, la stessa che dà il titolo al singolo.