Coronaropatia e stenosi aortica: PCI eseguita prima della TAVI è più efficace


Stenosi aortica con coronaropatia, studio NOTION-3: la PCI eseguita prima della TAVI è più efficace della TAVI da sola nel ridurre il rischio di eventi avversi

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L’esecuzione di un intervento di angioplastica coronarica (PCI) è in grado di migliorare significativamente gli outcome nei pazienti con coronaropatia (CAD) stabile e stenosi aortica grave selezionati per l’impianto di valvola aortica transcatetere (TAVI).

Questo il responso del trial NOTION-3 (PCI in patients undergoing transcatheter aortic valve implantation), presentato al congresso ESC 2024 e, contemporaneamente, pubblicato sulla rivista NEJM (1).

Anche se l’esecuzione della PCI, secondo gli autori dello studio, dovrebbe essere proposta come standard terapeutico, i ricercatori, al contempo, hanno tenuto a sottolineare che la decisione finale di ricorrere all’angioplastica coronarica in aggiunta alla TAVI dovrebbe sempre basarsi sulle caratteristiche del singolo paziente.

I presupposti del razionale d’impiego della PCI in luogo della terapia medica conservativa prima della TAVI
“La TAVI è sempre più utilizzata per trattare i pazienti con stenosi valvolare aortica grave – ricorda il ricercatore principale dello studio presentato al congresso, il dott. Jacob Thomsen Loenborg del policlinico universitario di Copenaghen (Danimarca)”.

“Molti di questi pazienti – continua Loenborg – sono affetti anche da coronaropatia (CAD), ma il ricorso all’impiego della PCI per trattare la CAD in aggiunte alla TAVI è ancora fonte di incertezze a causa dell’età avanzata e del rischio di complicanze”.

Focalizzando l’attenzione a questo riguardo, non esistono ancora, infatti, raccomandazioni chiare né negli Stati Uniti né in Europa per il trattamento della coronaropatia nei pazienti con stenosi aortica grave sintomatica che necessitano di TAVI.

La European Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions (EAPCI) ha recentemente fornito alcune indicazioni sulla rivascolarizzazione nei pazienti con stenosi aortica grave, raccomandando la PCI prima della TAVI nei pazienti con CAD grave, definita come stenosi coronarica > 70% [o > 50% per i segmenti prossimali dell’arteria coronaria principale sinistra, in particolare se presentano sindrome coronarica acuta (ACS), angina o altre lesioni subocclusive].  Inoltre, Il timing all’intervento di PCI deve essere basato sull’anatomia del paziente e sulla complessità della lesione.

Per confermare la validità dell’approccio basato sulla PCI prima della TAVI è stato concepito lo studio NOTION-3, un trial in aperto che ha incluso 455 pazienti (età mediana:82 anni; 67% pazienti di sesso maschile) con almeno una stenosi coronarica ritenuta fisiologicamente significativa (riserva di flusso frazionale [FFR] pari o inferiore a 0,80) o con una stenosi di diametro pari o superiore al 90%.

I pazienti inclusi nello studio, provenienti da 12 centri dislocati in Danimarca, Finlandia, Lituania e Svezia, sono stati randomizzati, secondo uno schema 1:1, ad una rivascolarizzazione completa di tutte le lesioni PCI-eleggibili nelle arterie coronarie con diametro di 2,5 mm che soddisfacevano i criteri FFR o angiografici in aggiunta alla TAVI, o ad una gestione conservativa (trattamento con aspirina 75 mg una volta al giorno e clopidogrel 75 mg una volta al giorno per 3 mesi) in aggiunta alla TAVI.

Il tempo mediano dalla randomizzazione alla TAVI è stato di 34 giorni per i pazienti nel braccio PCI e di 25 giorni per quelli assegnati alla terapia medica. La PCI è stata eseguita in concomitanza o poco dopo la TAVI nel 26% dei pazienti. La rivascolarizzazione completa è stata raggiunta in quasi il 90% dei casi.

L’endpoint primario era il composito di mortalità per tutte le cause, infarto miocardico (MI) o rivascolarizzazione urgente fino a quando l’ultimo paziente incluso nel trial è stato seguito per 1 anno dopo la TAVI.

NOTION-3 ha dimostrato una riduzione significativa dell’endpoint composito con la PCI prima della TAVI 
Dall’analisi dei dati è emerso che l’incidenza dell’endpoint primario composito è stata significativamente inferiore nel gruppo PCI rispetto al gruppo conservativo (26% vs. 36%, rispettivamente; hazard ratio [HR]: 0,71; IC95%: 0,51-0,99; p=0,041) dopo un follow-up mediano di 2 anni.

Tassi significativamente più bassi sono stati osservati con la PCI rispetto al trattamento conservativo per l’infarto del miocardio (8% vs. 14%; HR:0,54; IC95%: 0,30-0,97; p=0,037) e per la rivascolarizzazione urgente (2% vs. 11%; HR: 0,2; IC95%: 0,08-0,51; p<0,001).

Per spiegare quanto osservato a quest’ultimo riguardo, Loenborg ha ipotizzato che la TAVI abbia “smascherato” la malattia coronarica. “Questi pazienti avevano una grave stenosi aortica e probabilmente avrebbero ridotto i loro livelli di attività fisica”, ha affermato il ricercatore -. Una volta sottoposti alla procedura valvolare e i loro livelli di attività fisica sono aumentati di nuovo, questo potrebbe aver scatenato un infarto del miocardio o sintomi che hanno richiesto una rivascolarizzazione nel gruppo non trattato prima della TAVI”.

Tassi simili sono stati osservati nel gruppo PCI e nel gruppo conservativo per la mortalità per tutte le cause (23% e 27%, rispettivamente; HR: 0,85; IC95%: 0,59-1,23; p=0,4).

Il tasso di eventi emorragici – minori, maggiori, pericolosi per la vita o invalidanti – è stato del 28% nel gruppo PCI e del 20% nel gruppo conservativo (HR: 1,51; IC95%: 1,03-2,22) – dunque superiore con PCI più TAVI rispetto a TAVI da sola, anche se ascrivibile prevalentemente alle emorragie minori.
A questo riguardo, Loenborg ha affermato che il team da lui coordinato ha in programma di analizzare ulteriormente i dati per identificare i pazienti che potrebbero essere più inclini agli eventi emorragici, il che consentirebbe ai clinici di evitare il ricorso alla PCI nei soggetti a rischio più elevato.

In conclusione
Nel complesso, i risultati dello studio NOTION-3 hanno dimostrato che: 1) l’esecuzione della PCI nei pazienti sottoposti a TAVI ha ridotto significativamente la mortalità, l’infarto miocardico o la rivascolarizzazione urgente rispetto alla sola TAVI; 2) la marcata riduzione del numero di infarti miocardici con la PCI è stata sorprendente; 3) con la PCI si sono verificati, secondo le attese, più episodi di sanguinamento.

Nel commentare  i risultati alla fine della presentazione del lavoro al congresso, il dott. Loenborg ha affermato: “Lo studio NOTION-3 ha risposto ad un importante quesito clinico, dimostrando che i pazienti con TAVI con CAD possono trarre notevoli benefici dalla PCI, grazie alla riduzione degli eventi di infarto del miocardio e di rivascolarizzazione urgente. Ciò ci porta a suggerire l’esecuzione della PCI come trattamento standard per i pazienti sottoposti a TAVI con CAD, anche se la decisione finale in merito dovrebbe essere presa in base all’età del paziente, alle sue comorbidità, all’aspettativa di vita e al rischio emorragico”.

Bibliografia
1) Loenborg J, Jabbari R, Sabbah M, et al. PCI in patients undergoing transcatheter aortic-valve implantation.N Engl J Med. 2024;Epub ahead of print
2) Tarantini G et al. Management of coronary artery disease in patients undergoing transcatheter aortic valve implantation: a clinical consensus statement from the European Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions in collaboration with the ESC Working Group on Cardiovascular Surgery. EuroIntervention. 2023; Epub ahead of print.