Tumori ginecologici: benefici da aggiunta dell’immunoterapia alle cure standard


Alcune donne affette da tumori ginecologici ottengono benefici significativi dall’aggiunta dell’immunoterapia agli attuali trattamenti standard

Endometriosi: relugolix efficace contro il dolore

Alcuni studi presentati all’ultimo congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO), a Barcellona, hanno identificato nuovi gruppi di donne affette da tumori dell’endometrio in stadio iniziale e tumore della cervice uterina che ottengono benefici significativi dall’aggiunta dell’immunoterapia agli attuali trattamenti standard.

Inoltre, uno studio first-in-human ha evidenziato un’attività antitumorale definita ‘promettente’ di un nuovo coniugato anticorpo-farmaco (ADC), avente come bersaglio la proteina claudina 6, in pazienti con tumori dell’ovaio e dell’endometrio pesantemente pretrattate.

I tumori ginecologici, inclusi quelli dell’endometrio e del collo dell’utero, sono una delle principali cause di morte per cancro e rappresentano una sfida importante per i clinici e per le donne colpite da queste neoplasie.

L’immunoterapia, sebbene abbia migliorato notevolmente la sopravvivenza dei pazienti con diversi tipi di tumore, primi fra tutti il melanoma e il tumore del polmone, finora ha prodotto risultati variabili nelle pazienti con tumori ginecologici. Da qui il grande interesse in questo ambito da parte dei ricercatori, che puntano a capire come sfruttare al meglio i benefici dell’immunoterapia per le donne affette da queste noplasie.

Tumore della cervice uterina, lo studio KEYNOTE-A18
Il primo studio di grande interesse su immmunoterapia e tumori ginecologici presentato al congresso, durante un simposio presidenziale, è il KEYNOTE-A18 (NCT04221945), uno studio multicentrico internazionale di fase 3, randomizzato e in doppio cieco, condotto in una popolazione di pazienti con carcinoma della cervice uterina di nuova diagnosi localmente avanzato, ad alto rischio. I risultati del trial, pubblicati contemporaneamente su The Lancet, hanno mostrato che pembrolizumab aggiunto alla chemioradioterapia (CRT) concomitante, il trattamento standard da oltre 20 anni, produce un miglioramento significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza globale (OS). Il tasso di OS a 3 anni è risultato dell’83% nel braccio trattato con pembrolizumab più la CRT contro 75% nel braccio di controllo, sottoposto alla sola CRT (1,2).

«Il beneficio in termini di miglioramento della sopravvivenza globale (osservato nello studio KEYNOTE-A18, ndr) dovrebbe far cambiare al più presto la nostra pratica», ha dichiarato un’esperta non coinvolta nello studio Isabelle Ray-Coquard, presidente del Group d’Investigateurs National Evaluation des Cancers de l’Ovaire (GINECO), Centre Leon Bérard, Université Claude Bernard, di Lione, in Francia.

Nuovo standard di cura
«L’immunoterapia più la chemioradioterapia rappresenta un nuovo standard di cura per le pazienti con carcinoma della cervice localmente avanzato ad alto rischio», ha affermato la Professoressa. «Nella fase iniziale, gli attuali trattamenti come la chemioradioterapia sono in grado di curare questa malattia, ma con notevoli effetti collaterali per le pazienti. Dobbiamo aumentare le possibilità di guarigione con nuove opzioni terapeutiche più tollerate». Per il futuro, ha aggiunto Ray-Coquard, «Ricerche ulteriori dovrebbero individuare i sottogruppi di pazienti con malattia localizzata che traggono maggiore beneficio dall’immunoterapia, nonché determinare i migliori trattamenti da combinare con l’immunoterapia per ottimizzare i risultati».

Il tumore dell’endometrio e lo studio KEYNOTE-B21
A questo riguardo, i risultati di un altro studio di fase randomizzato 3, lo studio KEYNOTE-B21(NCT04634877), condotto su una popolazione di donne con tumore dell’endometrio di nuova diagnosi, ad alto rischio, ha mostrato che, nel complesso, l’aggiunta dell’immunoterapia con pembrolizumab alla chemioterapia dopo la chirurgia non ha migliorato la sopravvivenza libera da malattia (DFS). Tuttavia, l’analisi dei sottogruppi ha evidenziato che le pazienti portatrici di un deficit della riparazione del mismatch del DNA (dMMR) hanno ottenuto miglioramenti clinicamente significativi della DFS con l’aggiunta dell’immunoterapia alla chemioterapia adiuvante (3).

«Anche se questo studio non è positivo nella popolazione complessiva, ci fornisce informazioni importanti, indicando che le pazienti con tumori endometriali con dMMR sono più sensibili e reattive all’immunoterapia», ha dichiarato Elene Mariamidze, della Todua Clinic di Tbilisi, in Georgia, nonché presidente della Georgian School of Oncology, non coinvolta nello studio. L’esperta ha suggerito che i risultati di questo trial guideranno le future ricerche sull’immunoterapia nel cancro endometriale in fase iniziale.

Focus sui sottogruppi
Pur riconoscendo l’importanza dell’immunoterapia in alcuni tumori ginecologici, la Ray-Coquard ha convenuto sul fatto che non è adatta a tutte le pazienti. «Dobbiamo concentrarci su quali sottogruppi di pazienti con particolari tumori ginecologici possono trarre beneficio dall’immunoterapia. I risultati relativi al sottogruppo di donne con tumori dell’endometrio con dMMR di nuova diagnosi offrono un esempio straordinario di come l’identificazione di un buon biomarcatore ci permetta di cambiare definitivamente la storia di una paziente», ha aggiunto la Professoressa.

«Per le donne affette da tumori ginecologici, le nuove opzioni terapeutiche sono fondamentali per migliorare gli outcome», ha sottolineato Mariamidze. «Per i tumori ginecologici sono disponibili meno opzioni terapeutiche rispetto ad altri tipi di cancro, come quello al seno. Molti tumori ginecologici presentano alti tassi di recidiva anche dopo un iniziale successo del trattamento, da cui si evince la necessità di sviluppare nuove terapie che abbiano sia una maggiore efficacia sia una minore tossicità».

Un nuovo ADC anti-claudina 6
Infine, in uno studio first-in-human di fase I (NCT05103683), un gruppo di pazienti con tumori ovarici ed endometriali pesantemente pretrattate è stato trattato con TORL-1-23, un ADC avente come bersaglio la proteina claudina 6. Il trattamento ha mostrato una buona tollerabilità e una buona attività antitumorale nelle donne con tumori che esprimono questa proteina (4).

La claudina-6 è iperespressa in molti tumori, compresi quelli ovarici ed endometriali, e lo studio, che ha incluso anche pazienti con tumori ai testicoli e del polmone non a piccole cellule, ha mostrato una «promettente attività antitumorale preliminare», secondo gli sperimentatori.

Risultati interessanti da confermare
«Anche se di fase iniziale, questo studio è molto interessante per diversi motivi», ha affermato Ray-Coquard. «In primo luogo, apre la strada a un nuovo bersaglio per gli ADC nei tumori ginecologici, per i quali al momento esistono pochissimi farmaci convalidati. In secondo luogo, i risultati suggeriscono una potenziale efficacia nel carcinoma ovarico, una malattia per la quale attualmente abbiamo pochissime opzioni terapeutiche».

Secondo l’esperta, la claudina 6 è un bersaglio particolarmente interessante da un punto di vista terapeutico, perché la sua espressione è molto bassa nelle cellule sane. Perciò, colpendo la claudina 6, il rischio di danneggiare le cellule sane è ridotto e si limita così la tossicità del trattamento.

Il prossimo passo, ha detto Professoressa, sarà quello di confermare la risposta a TORL-1-23 e la sua durata, valutare l’effetto sulla sopravvivenza libera da progressione (PFS) in un gruppo più ampio di pazienti con carcinoma ovarico e testare la sicurezza e l’efficacia in uno studio randomizzato di fase 3.

Il futuro è nelle combinazioni
«Penso che le terapie combinate saranno il futuro dei tumori ginecologici, che potranno includere combinazioni di immunoterapia con chemioterapia o radioterapia e agenti mirati. Esiste, inoltre, un notevole spazio di crescita per lo sviluppo di farmaci personalizzati, come i vaccini neoantigenici e l’immunoterapia personalizzata basata sul tipo e sulle caratteristiche molecolari del tumore», ha aggiunto Ray-Coquard.

«Gli studi presentati all’ESMO 2024 segnano un importante progresso nella ricerca sui tumori ginecologici, suggerendo che presto potrebbero essere disponibili diverse nuove opzioni terapeutiche, il che è molto positivo per le nostre pazienti. Lo sviluppo di nuove terapie, come l’immunoterapia, offrirà la possibilità di curare un maggior numero di donne affette da tumori ginecologici in fase precoce e, potenzialmente, di prolungarne la sopravvivenza globale con nuovi ADC», ha concluso l’esperta.

Bibliografia
1. D. Lorusso D, et al. Pembrolizumab plus chemoradiotherapy for high-risk locally advanced cervical cancer: overall survival results from the randomized, double-blind phase 3 ENGOT-CX11/GOG-3047/KEYNOTE-A18 study. ESMO 2024; abstract 709O. Annals of Oncology (2024) 35 (suppl_2): S544-S595. 10.1016/annonc/annonc1592. leggi

2. D. Lorusso, et al. Pembrolizumab or placebo with chemoradiotherapy followed by pembrolizumab or placebo for newly diagnosed, high-risk, locally advanced cervical cancer (ENGOT-cx11/GOG-3047/KEYNOTE-A18): overall survival results from a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 3 trial. The Lancet 2024; Online first September 14. leggi

3. T. Van Gorp, et al. ENGOT-EN11/GOG-3052/KEYNOTE-B21: a phase 3 study of pembrolizumab or placebo in combination with adjuvant chemotherapy with or without radiotherapy in patients with newly diagnosed, high-risk endometrial cancer. ESMO 2024; abstract LBA28. Annals of Oncology (2024) 35 (suppl_2): 1-72. 10.1016/annonc/annonc1623. leggi

4. G.E. Konecny, et al. Phase I, two-part, multicenter, first-in-human (FIH) study of TORL-1-23, a novel claudin 6 (CLDN6) targeting antibody drug conjugate (ADC) in patient with advanced solid tumors. ESMO 2024; abstract 721MO. Annals of Oncology (2024) 35 (suppl_2): S544-S595. 10.1016/annonc/annonc1592. leggi