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Migranti: il tribunale di Bologna rinvia il decreto del governo alla Corte UE

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Migranti: il Tribunale di Bologna rinvia alla Corte di Giustizia europea il decreto del Governo Meloni sui Paesi sicuri

Il Tribunale di Bologna rinvia alla Corte di Giustizia europea il decreto del Governo sui Paesi sicuri per i migranti da rimpatriare. L’ordinanza di rinvio è stata emessa nell’ambito del ricorso presentato da un richiedente asilo del Bangladesh, che ha impugnato il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto, dichiarandola infondata, la sua domanda di protezione internazionale, data la sua provenienza da un Paese ritenuto sicuro.

Alla Corte Ue, i giudici bolognesi chiedono, in sintesi, quale sia il parametro su cui individuare i cosiddetti Paesi sicuri e se il principio del primato europeo imponga, quando la normativa nazionale contrasta con quella europea, di ritenere prevalenti le norme comunitarie.

In particolare, il Tribunale del capoluogo emiliano domanda, in primo luogo, se per il diritto comunitario il parametro in base al quale un Paese viene definito sicuro sia la carenza di persecuzioni dirette in modo sistematico contro gli appartenenti a determinati gruppi sociali e di rischi reali di danno grave. In seconda battuta, i giudici bolognesi chiedono alla Corte Ue se il principio del primato del diritto europeo imponga di stabilire che, in caso di contrasto fra norme europee e nazionali in materia di designazioni dei Paesi da considerare sicuri, il giudice debba sempre ritenere prevalente la normativa europea e, di conseguenza, disapplicare quella nazionale.

“Il sistema della protezione internazionale è, per sua natura, sistema giuridico di garanzia per le minoranze esposte a rischi provenienti da agenti persecutori – scrivono i giudici di Bologna – Salvo casi eccezionali (lo sono stati, forse, i casi limite della Romania durante il regime di Ceausescu o della Cambogia di Pol Pot), la persecuzione è sempre esercitata da una maggioranza contro alcune minoranze, a volte molto ridotte. Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell’Italia sotto il regime fascista”.

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