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Nuovo studio su uso di aspirina nei portatori di stent prima di chirurgia non cardiaca

Aspirina riduce il rischio di diversi tumori dell'apparato gastrointestinale: arrivano conferme da uno studio del Mario Negri

Bloccare o continuare l’aspirina nei portatori di stent prima di una chirurgia non cardiaca? Una risposta dallo studio ASSURE-DES

Nei pazienti che vengono sottoposti a una chirurgia non cardiaca oltre un anno dopo l’impianto di uno stent medicato (DES), non vi sono differenze significative per quanto riguarda l’incidenza degli outcome ischemici o dei sanguinamenti maggiori fra coloro che effettuano un trattamento perioperatorio con aspirina e coloro che sospendono la terapia antipiastrinica. Lo evidenziano i risultati dello studio ASSURE DES, presentato di recente al congresso annuale della European Society of Cardiology (ESC), a Londra.

«I pazienti a cui viene impiantato uno stent medicato vengono sottoposti a una terapia antipiastrinica, tipicamente aspirina più un inibitore di P2Y12, dopo la procedura, al fine di ridurre il rischio di futuri eventi aterotrombotici, tra cui infarto del miocardio e ictus. Non è raro che questi pazienti necessitino successivamente di un intervento chirurgico non cardiaco, ma in questo caso ci si trova di fronte a uno scenario clinico impegnativo, nel quale bisogna bilanciare i rischi trombotici e quelli emorragici», ha detto durante la sua presentazione l’autore principale dello studio, Jung-Min Ahn, dell’Asan Medical Center di Seoul (Corea del Sud).

È stato stimato che fino al 20% dei pazienti che sono stati sottoposti a un’angioplastica con l’impianto di stent abbiano bisogno di un nuovo intervento chirurgico entro 2 ani dall’impianto dello stent.

Le attuali linee guida, ha spiegato il ricercatore, raccomandano di continuare la terapia perioperatoria con aspirina nei pazienti portatori di stent medicato che devono essere sottoposti a chirurgia non cardiaca, anche se è già passato più di un anno dall’angioplastica; tuttavia, le prove a supporto di tale raccomandazione sono limitate, specie per gli stent di nuova generazione.

«Nello studio ASSURE DES abbiamo confrontato la strategia di proseguire la monoterapia con aspirina rispetto alla sospensione temporanea di tutta la terapia antipiastrinica in prossimità dell’intervento chirurgico non cardiaco eseguito almeno un anno dopo l’angioplastica con stent, ipotizzando che continuare la monoterapia con asprina potesse ridurre gli eventi cardiaci perioperatori. In realtà, non abbiamo riscontrato alcuna differenza fra i due approcci per quanto riguarda gli eventi aterotrombotici, ma il basso tasso di eventi ci impedisce di trarre conclusioni definitive», ha segnalato Ahn.

Lo studio ASSURE DES
ASSURE DES è uno studio accademico randomizzato e controllato, in aperto, in cui sono stati arruolati pazienti che erano stati sottoposti a un’angioplastica con impianto di stent medicato più di un anno prima e che ora dovevano effettuare un intervento chirurgico non cardiaco elettivo.

I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 alla prosecuzione della sola aspirina o alla sospensione di tutti gli agenti antipiastrinici 5 giorni prima dell’intervento di chirurgia non cardiaca elettiva. Si raccomandava poi di riprendere la terapia antipiastrinica non oltre 48 ore dall’intervento chirurgico, salvo controindicazioni.

L’endpoint primario era il tasso di decessi per qualsiasi causa, infarti del miocardio, trombosi dello stent e ictus tra 5 giorni prima e 30 giorni dopo un intervento chirurgico non cardiaco. Gli endpoint secondari includevano i singoli componenti dell’endpoint primario, i sanguinamenti maggiori e i sanguinamenti minori.

Studio su oltre 900 pazienti
In totale, sono stati analizzati 926 pazienti, arruolati presso 30 centri di Corea del Sud, India e Turchia.

L’età media era di 68,5 anni e il 76% dei pazienti erano uomini. In media, lo stent medicato era stato impiantato 6,3 anni prima dell’intervento chirurgico non cardiaco e l’84% dei soggetti era portatore di stent di seconda generazione o più recenti.

Al momento della randomizzazione, il 39% dei pazienti era in monoterapia con aspirina, il 23% in monoterapia con un inibitore di P2Y12 e il 34% effettuava la doppia terapia antipiastrinica.

La maggior parte degli interventi chirurgici a cui dovevano essere sottoposti i partecipanti è stata classificata come a rischio basso o intermedio sia di eventi cardiovascolari (89%) che emorragici (88%).

Nessuna differenza significativa fra interrompere l’aspirina o continuare la terapia antipiastrinica
I ricercatori non hanno trovato alcuna differenza significativa fra i due bracci di trattamento per quanto riguarda l’endpoint primario, cioè il tasso di mortalità per tutte le cause, infarto miocardico, ictus e trombosi dello stent a 30 giorni, tasso che è risultato dello 0,6% nel braccio che ha continuato l’aspirina in monoterapia e 0,9% in quello dove è stata interrotta la terapia antipiastrinica 5 gironi prima della chirurgia (IC al 95% da -1,3 a 0,9; P > 0,99).

Anche i tassi dei singoli componenti dell’endpoint primario sono risultati bassi: due pazienti (0,4%) sono deceduti per cause cardiache e tre (0,6%) hanno avuto un infarto miocardico nel gruppo che ha proseguito l’aspirina in monoterapia, mentre tre pazienti (0,6%) hanno avuto un infarto miocardico e uno (0,2%) ha avuto un ictus nel gruppo che ha interrotto la terapia antipiastrinica prima della chirurgia.

Anche i tassi di sanguinamento maggiore sono risultati simili nei due bracci: 6,5% in quello che ha proseguito l’aspirina e 5,2% in quello che ha sospeso la terapia antipiastrinica (P = 0,39). I sanguinamenti minori, invece, sono stati lievemente, ma significativamente più frequenti nel braccio della monoterapia con aspirina: 14,9% contro 10,1% (P = 0,027).

Modesto aumento dei sanguinamenti minori continuando l’aspirina
«La strategia di proseguire la monoterapia con aspirina non ha ridotto in modo significativo gli eventi ischemici rispetto a sospendere temporaneamente (per 5 giorni) tutti i trattamenti antipiastrinici prima di una chirurgia non cardiaca; tuttavia, continuare l’aspirina è risultato associato a un modesto aumento dei sanguinamenti minori», ha detto Ahn a conclusione del suo intervento.

«I tassi di eventi sono stati inferiori alle aspettative, il che potrebbe riflettere il profilo di sicurezza migliorato degli stent medicati attualmente utilizzati. Questo basso tasso di eventi ha fatto sì che la nostra sperimentazione fosse sottodimensionata, per cui i nostri risultati complessivi dovrebbero essere interpretati con cautela», ha riconosciuto l’autore.

«Potrebbero essere necessarie ulteriori ricerche in uno studio su larga scala e con una potenza statistica adeguata, soprattutto nei pazienti ad alto rischio e laddove siano coinvolti interventi chirurgici ad alto rischio. Nel frattempo, pare che si possa prendere in considerazione un approccio flessibile alla gestione perioperatoria della terapia antipiastrinica, senza compromettere la sicurezza del paziente», ha concluso Ahn.

Bibliografia
J-M Ahn, et al. ASSURE DES – Perioperative antiplatelet therapy in patients with coronary stents before non-cardiac surgery. ESC 2024

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