Nei pazienti con scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta (HFrEF), la crioablazione con pallone è efficace e sicura nel ridurre le recidive
Nei pazienti con scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta (HFrEF), la crioablazione con pallone è efficace e sicura nel ridurre le recidive a un anno di fibrillazione atriale e tachicardia atriale quanto l’ablazione con radiofrequenza, la tecnica attualmente più utilizzata. È questo il risultato dello studio CRABL-HF, un trial randomizzato di autori giapponesi presentato di recente a Londra al congresso annuale della European Society of Cardiology (ESC), nella sessione Hotline 10.
In più, la crioablazione ha l’ulteriore vantaggio di poter essere eseguita con un tempo procedurale più breve e un volume di liquidi inferiore durante l’ablazione del catetere, senza aumentare la pressione dell’atrio sinistro, per cui il rischio di peggioramento dello scompenso dovuto al carico dell’infusione durante l’ablazione può essere ridotto.
Pertanto, secondo gli autori, la procedura di crioablazione semplificata dovrebbe diventare il trattamento di scelta della fibrillazione atriale per i pazienti con HFrEF.
«L’ablazione con catetere della fibrillazione atriale è sempre più utilizzata in tutto il mondo nei pazienti con scompenso cardiaco, ma è associata a maggiori rischi di complicanze procedurali e decessi. Tuttavia, la maggior parte degli studi è stata condotta impiegando l’ablazione con radiofrequenza e ci sono ancora pochi dati su quale delle tecniche di ablazione maggiormente in uso sia più efficace nel migliorare gli outcome clinici, la sopravvivenza e la qualità della vita», ha spiegato Koji Miyamoto, del National Cerebral and Cardiovascular Center in Giappone.
«I nostri risultati mostrano che la crioablazione con pallone, una procedura mininvasiva che congela il tessuto miocardico responsabile dell’aritmia, è più rapida, ma efficace quanto l’approccio ampiamente utilizzato di bruciare le cellule (con la radiofrequenza) per riportare il cuore a un ritmo normale. Inoltre, in entrambi i gruppi abbiamo riscontrato un rischio molto basso di complicazioni procedurali, dimostrando che l’ablazione transcatetere è diventata molto più sicura nel corso degli anni», ha detto l’autore.
Fibrillazione atriale spesso associata allo scompenso
La fibrillazione atriale colpisce più di 37 milioni di persone in tutto il mondo e spesso coesiste con lo scompenso cardiaco, che compromette la capacità del ventricolo di riempirsi o espellere il sangue. Si ha HFrEF quando la frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) è inferiore al 40%. Secondo le stime dell’ESC, circa il 60% delle persone con scompenso cardiaco ha un HFrEF. La presenza di fibrillazione atriale nei pazienti con scompenso cardiaco è associata a maggiori rischi di ospedalizzazione, ictus e morte.
La tecnica più ampiamente utilizzata per l’ablazione della fibrillazione atriale è l’ablazione con radiofrequenza, che utilizza il calore per distruggere il tessuto responsabile del disturbo del ritmo cardiaco. Tuttavia, la complessità tecnica di questa procedura richiede una curva di apprendimento e tempi di esecuzione relativamente lunghi. Per semplificare l’ablazione, è stata introdotta la tecnologia della crioablazione con pallone, che prevede l’inserimento di un catetere nel cuore per distruggere il tessuto problematico mediante il freddo.
«Sebbene siano stati condotti diversi studi che hanno confrontato l’ablazione con radiofrequenza e la crioablazione con pallone in pazienti con scompenso cardiaco e fibrillazione atriale, nessuno finora aveva confrontato in modo prospettico gli outcome con le due tecniche», ha affermato Miyamoto. «C’è un’urgente necessità di generare prove di alta qualità per orientare il processo decisionale clinico relativo a queste procedure di ablazione nei pazienti con HFrEF», ha aggiunto.
Lo studio CRABL-HF
Per lo studio CRABL-HF, Miyamoto e i colleghi hanno arruolato 110 pazienti (di età compresa tra 20 e 85 anni) con HFrEF e fibrillazione atriale ,in cinque centri.
I partecipanti sono stati assegnati in parti uguali (55 per ogni braccio) all’ablazione con radiofrequenza o alla crioablazione con pallone.
L’età media del campione era di 69 anni e il 79% dei pazienti era di sesso maschile. Nei pazienti portatori di dispositivi elettronici cardiaci impiantabili, il monitoraggio domiciliare è stato adattato per consentire il monitoraggio continuo degli episodi di fibrillazione atriale. Nei pazienti senza dispositivi elettronici cardiaci impiantabili, sono stati registrati due volte al giorno ecg ambulatoriali per un anno dopo la procedura, dopo un periodo di blanking di 90 giorni.
Nessuna differenza nei tassi di tachiaritmie atriali e tempi più brevi con la crioablazione
Un anno dopo la procedura, non è stata riscontrata alcuna differenza significativa nei tassi di tachiaritmie atriali (della durata di 30 secondi o più), che sono risultati del 21,8% nel braccio sottoposto all’ablazione con radiofrequenza e 22,2% in quello sottoposto alla crioablazione con pallone.
Inoltre, la crioablazione ha potuto essere eseguita con tempi procedurali significativamente più brevi rispetto all’ablazione con radiofrequenza (mediana 101 minuti contro 165 minuti) e con un volume di liquidi inferiore durante la crioablazione, senza aumentare la pressione nell’atrio sinistro, risultati grazie ai quali il rischio di peggioramento dello scompenso dovuto al carico dell’infusione durante l’ablazione potrebbe essere ridotto.
In entrambi i gruppi, la LVEF è migliorata, mentre l’indice di volume atriale sinistro (LAVI) è diminuito significativamente dopo la procedura, migliorando la funzionalità cardiaca.
Profilo di sicurezza delle due tecniche paragonabile
Inoltre, non si sono osservate differenze significative nel profilo di sicurezza complessivo delle due tecniche. Complicanze correlate alla procedura si sono verificate in un paziente in ciascun gruppo: un ematoma retroperitoneale nel gruppo sottoposto alla crioablazione e una fistola arterovenosa nel gruppo sottoposto alla radiofrequenza. E ancora, non si sono riscontrate esacerbazioni dello scompenso cardiaco correlate alla procedura, infarti cerebrali sintomatici, attacchi ischemici transitori, stenosi delle vene polmonari, fistole atrio-esofagee o decessi correlati alla procedura.
Durante il periodo di follow-up di un anno si sono registrati due decessi, uno in ciascun gruppo, e sette casi di ospedalizzazione per lo scompenso cardiaco, di cui tre (5,5%) nel gruppo sottoposto alla crioablazione e quattro (7,3%) nel gruppo sottoposto alla radiofrequenza (P = 1,00).
Gli autori non hanno trovato nessuna differenza tra i due gruppi neanche per quanto riguarda l’endpoint composito che combinava i decessi per qualsiasi causa e/o i ricoveri ospedalieri dovuti allo scompenso cardiaco. Non sono state, inoltre, riscontrate differenze significative nella qualità della vita riferita dai pazienti (misurata con il questionario Atrial Fibrillation Effect on Quality of Life (AFEQT) a un anno, qualità della vita che è migliorata dopo l’ablazione in entrambi i gruppi, con un punteggio che nel gruppo sottoposto alla crioablazione era pari a 68 (range: 60-78) al basale e 88 (range: 80-94) a un anno, mentre nel gruppo sottoposto alla radiofrequenza era pari a 72 (range: 56-81) al basale e 90 (range: 84–97) a un anno).
«La fisiopatologia di base differisce tra pazienti con HFrEF e quelli senza, e i meccanismi fondamentali dell’ablazione transcatetere differiscono tra crioablazione e ablazione con radiofrequenza», ha osservato Miyamoto. «Dato che il nostro studio ha dimostrato che dopo la crioablazione i risultati clinici e la qualità della vita sono simili (a quelli ottenuti con la radiofrequenza, ndr), bisognerebbe garantire questa procedura semplificata per trattare la maggior parte dei pazienti con HFrEF», ha concluso l’autore.