Nuove ipotesi sul passato “vivibile” di Marte


Come ha fatto Marte a perdere le sue caratteristiche di abitabilità? Un team di ricercatori del Goddard Space Flight Center ha trovato una possibile risposta

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Marte oggi è un mondo inospitale per la vita come la conosciamo, ma miliardi di anni fa le cose potrebbero essere state molto diverse. Molteplici evidenze scientifiche suggeriscono infatti che in un lontano passato il pianeta potrebbe aver avuto acqua liquida in superficie, un’atmosfera più densa, un clima caldo e umido e un’intensa attività geologica e geotermica: un mix di caratteristiche che ne avrebbero fatto un mondo abitabile.

La domanda che si pongono tutt’ora gli scienziati è: se davvero il pianeta era un tempo un mondo ospitale, come ha fatto a perdere le sue caratteristiche di abitabilità? Una risposta arriva ora grazie alle misurazioni effettuate dal rover Nasa  Curiosity.

Utilizzando gli strumenti a bordo del rover della Nasa, un team di ricercatori del Goddard Space Flight Center ha misurato la composizione isotopica di alcuni minerali ricchi di carbonio e ossigeno trovati nel cratere Gale, ottenendo nuove indicazioni su come sia cambiato l’antico clima del pianeta, e con esso anche l’abitabilità. I risultati dello studio sono pubblicati nei Proceedings of the National Academy of Sciences.

Negli studi di paleoclimatologia, gli scienziati sono interessati alle analisi dei carbonati per la loro comprovata capacità di fungere da registri climatici. Questi minerali, infatti, possono conservare le firme degli ambienti in cui si sono formati, fornendo informazioni sul clima presente. Le firme in questione sono le composizioni isotopiche del carbonio e dell’ossigeno, i principali elementi chimici di cui sono costituiti i carbonati. Misurando le abbondanze di questi isotopi (varianti di uno stesso elemento chimico che differiscono solo per il numero di neutroni nel nucleo), gli scienziati possono ottenere preziose informazioni sulla temperatura, sulla composizione dell’acqua e dell’atmosfera presenti in una specifica epoca.

Su Marte i carbonati sono stati individuati in più punti da Curiosity. Le più alte abbondanze rilevate fino a oggi sono state registrate in quattro siti di perforazione all’interno del cratere Gale: Mary AnningBardouTapo Caparo (TC) e Ubajara (UB), suggerendo che questi minerali siano una componente significativa della stratigrafia di Marte. Data la loro importanza paleoclimatica, la suite di strumenti che costituiscono il Sample Analysis at Mars (Sam) – il più grande dei dieci strumenti scientifici a bordo di Curiosity – ha analizzato le composizioni isotopiche del carbonio e dell’ossigeno dei carbonati in questi siti, trovando un’insolita abbondanza di isotopi pesanti dei due elementi: il carbonio-13 e l’ossigeno-18.

Nello studio in questione, Davide G. Burtt, ricercatore al Goddard Space Flight Center della Nasa, e il suo team riportano questi dati, suggerendo due probabili processi per spiegare gli arricchimenti degli isotopi. Processi che sono direttamente collegati al cambiamento del clima dell’antico Marte.

I processi proposti dai ricercatori sono la distillazione di Rayleigh guidata dall’evaporazione e la precipitazione criogenica. Nel primo scenario i carbonati si sarebbero formati per evaporazione in seguito al susseguirsi di cicli umido-secco. Nel secondo, invece, si sarebbero formati per precipitazione e concentrazione degli isotopi in condizioni molto fredde, in grado di formare ghiaccio.

«Questi meccanismi di formazione rappresentano due diversi regimi climatici che possono presentare diversi scenari di abitabilità», sottolinea Jennifer Stern, ricercatrice al Goddard Space Flight Center e co-autrice della pubblicazione. «Il ciclo umido-secco indicherebbe l’alternanza tra ambienti più abitabili e meno abitabili, mentre le temperature criogeniche alle medie latitudini di Marte indicherebbero un ambiente meno abitabile, in cui la maggior parte dell’acqua è bloccata nel ghiaccio e dunque non è disponibile per la chimica o la biologia, e quella disponibile è estremamente salata»

Secondo i ricercatori, tuttavia, nessuno di questi meccanismi spiega da solo le composizioni isotopiche dei carbonati presenti nei quattro siti analizzati da Curiosity. L’ipotesi è dunque che a essere responsabile degli arricchimenti isotopici sia una combinazione dei due processi.

«Il fatto che i valori degli isotopi pesanti del carbonio e dell’ossigeno siano significativamente più alti di quelli misurati sulla Terra, nonché i più alti misurati su Marte, indica che un processo o più processi diversi siano stati portati all’estremo», aggiunge Burtt. «Sebbene l’evaporazione possa causare cambiamenti significativi degli isotopi dell’ossigeno sulla Terra, le variazioni misurate in questo studio sono state da due a tre volte maggiori. Ciò significa due cose: o che c’era un grado estremo di evaporazione che ha prodotto l’arricchimento degli isotopi; o che questi isotopi sono stati preservati. Qualsiasi processo che avrebbe potuto creato isotopi più leggeri deve essere dunque stato di entità significativamente inferiore».

«I valori degli isotopi nei carbonati indicano quantità estreme di evaporazione, suggerendo che si sono probabilmente formati in condizioni climatiche che potevano supportare solo acqua liquida transitoria», conclude Burtt. «I campioni non sono coerenti con un ambiente in cui erano presenti condizioni adatte alla vita (biosfera) sulla superficie dell’antico Marte, sebbene ciò non escluda la possibilità dell’esistenza di una biosfera sotterranea o di una biosfera di superficie che si è formata ed è svanita prima che si formassero questi carbonati».

Per saperne di più:

  • Leggi su Proceedings of the National Academy of Sciences l’articolo “Highly enriched carbon and oxygen isotopes in carbonate-derived CO2 at Gale crater, Mars” diDavid G. Burtt, Jennifer C. Stern, Christopher R. Webster, Amy E. Hofmann, Heather B. Franz, Brad Sutter, Michael T. Thorpe, Edwin S. Kite, Jennifer L. Eigenbrode, Alexander A. Pavlov, Christopher H. House, Benjamin M. Tutolo, David J. Des Marais, Elizabeth B. Rampe, Amy C. McAdam e Charles A. Malespin