Lotta ai tumori solidi: arrivano i primi dati positivi da nuove molecole mirate contro bersagli terapeutici promettenti
Nonostante il crescente numero di terapie mirate approvate negli ultimi 10 anni, non tutti i tumori presentano alterazioni actionable e gran parte del successo dell’oncologia di precisione dipende dall’identificazione di nuovi bersagli farmacologici che possano, in ultima analisi, guidare lo sviluppo di farmaci.
All’ultimo congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), a Barcellona, sono stati presentati alcuni studi di fase iniziale che hanno descritto alcune strategie promettenti per colpire le mutazioni azionabili emergenti in diversi tumori solidi, come la delezione della metiltioadenosina fosforilasi (MTAP) e la mutazione G12D del gene KRAS, nonché le proteine CDK4 e CDK2, e che hanno riportato una buona tollerabilità e una buona attività antitumorale di nuovi farmaci mirati contro questi bersagli.
AMG193, dati incoraggianti in tumori con delezione di MTAP
In un primo studio di fase 1, presentato in uno dei simposi presidenziali, l’inibitore della proteina arginina metiltransferasi 5 (PRMT5) AMG193, progettato per indurre selettivamente la letalità sintetica nei tumori con delezione del gene MTAP, risparmiando le cellule normali, ha dimostrato un profilo di sicurezza favorevole, senza evidenze di mielosoppressione clinicamente significativa, in 167 pazienti con tumori solidi avanzati con delezione di MTAP (abstract 604O).
Circa il 15% dei tumori presenta una delezione del gene MTAP, che si trova adiacente al gene dell’inibitore delle chinasi ciclina-dipendente 2A (CDKN2A) e al cluster di geni dell’interferone (Front Oncol. 2023;13:1264785).
Il trattamento con AMG193 ha prodotto tassi di risposta obiettiva (ORR) dell’11,8%, 8,7% e 10,5% in pazienti affetti rispettivamente da carcinoma polmonare non a piccole cellule, adenocarcinoma duttale del pancreas e carcinoma delle vie biliari.
«I risultati di questo studio sono entusiasmanti e forniscono una prima prova della possibilità, con questo nuovo agente terapeutico, di indurre una letalità sintetica nei tumori con delezione di MTAP. In futuro, sarà interessante esplorare la combinazione di AMG193 con altri agenti e anche indagare i potenziali benefici dell’impiego di AMG193 nei tumori in stadio precoce, prima che si sviluppi la resistenza a questa via», ha commentato Lillian Siu del Princess Margaret Cancer Centre di Toronto, in Canada.
ASP3082, arma promettente contro la mutazione KRAS G12D
Un secondo studio di fase 1 di dose-escalation ha esaminato l’attività clinica di ASP3082, il primo degradatore selettivo della proteina risultante dalla mutazione G12D del gene KRAS (KRAS G12D), in 111 pazienti con carcinoma pancreatico avanzato, carcinoma del colon-retto e carcinoma polmonare non a piccole cellule, mostrando un profilo di sicurezza accettabile (abstract 608O).
La mutazione KRAS G12D è presente in più di un tumore del pancreas su tre, in circa un tumore del colon-retto su otto e in diversi altri tipi di cancro (Cancer Discov. 2022;12:924-37).
In 13 pazienti trattati con ASP3082 300-600 mg per via endovenosa una volta alla settimana si sono osservati un ORR del 23,1% e un tasso di controllo della malattia (DCR) dell’84,6% per il carcinoma polmonare non a piccole cellule, e tassi corrispondenti rispettivamente del 18,5% e 48,1% per l’adenocarcinoma duttale pancreatico.
«La mutazione KRAS G12D sta suscitando un enorme interesse in quanto è presente in diversi tipi di tumore in percentuali elevate. I risultati della sperimentazione sono particolarmente degni di nota per quei tumori difficili da trattare, come il cancro al pancreas, per il quale sono state riportate risposte incoraggianti», ha osservato la Siu.
Co-targeting di CDK2 e CDK4
Infine, due studi in fase iniziale forniscono ulteriori indicazioni su come perfezionare le strategie terapeutiche mirate contro la proteina CDK2.
L’attivazione delle cicline CDK4 e CDK6 è implicata nei tumori al seno, all’ovaio e al polmone non a piccole cellule, tra gli altri (FASEB J. 2024;38:e23734), e ci sono evidenze che il co-targeting di CDK2 e CDK4/6 potrebbe superare la resistenza agli inibitori dell’aromatasi e di CDK4/6 nei tumori al seno positivi ai recettori ormonali (NPJ Precis Oncol. 2022;6:68).
In uno studio di fase 1b/2, condotto in 26 pazienti con carcinoma mammario metastatico e sette pazienti con altri tumori solidi, una combinazione di inibitori selettivi di CDK4 (PF-07220060) e CDK2 (PF-07104091) è risultata generalmente ben tollerata, con una promettente attività antitumorale (abstract 618MO).
Per i pazienti con carcinoma mammario metastatico, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è risultata di 8,3 mesi, mentre il tasso di beneficio clinici è risultato del 50%.
Dei 18 pazienti con carcinoma mammario metastatico e malattia misurabile, cinque hanno ottenuto risposte parziali (tutte in presenza di mutazioni di ESR1 note) e cinque una stabilizzazione della malattia.
Commentando i risultati, la Siu ha affermato: «Si tratta di una strategia rilevante dal punto di vista clinico, in quanto tutti i pazienti con carcinoma mammario metastatico dello studio erano stati sottoposti in precedenza a trattamento con inibitori di CDK4/6. La resistenza a questi agenti è nota e questi pazienti avranno bisogno di nuovi trattamenti. È degno di nota, inoltre, il fatto che i pazienti con mutazioni di ESR1 sembrano essere particolarmente reattivi alla combinazione utilizzata in questo studio».
Inibizione selettiva di CDK2 con INCB123667
L’inibizione selettiva di CDK2 è stata esaminata anche in uno studio di fase 1 di INCB123667 in pazienti con tumori solidi in stadio avanzato (abstract 617MO).
Tra gli 84 pazienti di questo studio di dose-escalation, INCB123667 è stato generalmente ben tollerato e solo quattro di essi hanno interrotto la terapia a causa di un evento avverso.
Dei 76 pazienti in cui si è potuta valutare l’efficacia, otto (con tumori mammari triplo-negativi, ovarici ed endometriali) hanno mostrato risposte parziali, mentre 40 hanno ottenuto una stabilizzazione della malattia.
Delle 68 pazienti con tumore ovarico che hanno partecipato sia alla fase di dose-escalation sia a quella di dose-expansion, due hanno ottenuto una risposta completa, 12 una risposta parziale e 38 una stabilizzazione della malattia; e la maggior parte di queste pazienti presentava una sovraespressione della ciclina E1 e poco meno della metà un’amplificazione di CCNE1.
«È stato davvero entusiasmante osservare una vera e propria risposta tumorale in monoterapia in questo studio», ha dichiarato la Siu. «Guardando al futuro, sarà importante determinare il modo migliore per arricchire e selezionare le popolazioni di pazienti da trattare con questo agente».
«Per portare i nuovi agenti mirati verso la clinica, sarà necessario comprendere meglio come combinarli razionalmente con altri trattamenti, concentrandosi sugli effetti sinergici piuttosto che su quelli additivi e prendendo in considerazione l’indice terapeutico. Sarà, inoltre, fondamentale esaminare il loro impiego nei tumori in stadio iniziale, anche nel contesto del trattamento peri-operatorio e della malattia minima residua», ha concluso l’esperta.
Bibliografia
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