Lotta all’Alzheimer tra speranze di nuove cure e diagnosi sempre più precoce


Dei metodi di diagnosi precoce e delle speranze future nella lotta contro l’Alzheimer si è discusso in un incontro a Milano organizzato dall’UNAMSI

Alzheimer: l'integrazione di una molecole di microRNA può ristabilire la neurogenesi nell'ippocampo, alleviando i deficit di memoria

La malattia di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. La diagnosi precoce è cruciale per gestire la malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Dei metodi di diagnosi precoce e delle speranze future nella lotta contro l’Alzheimer si è discusso in un incontro a Milano organizzato dall’UNAMSI (Unione nazionale medico scientifica di informazione).

L’identificazione dei sintomi iniziali
«La diagnosi precoce dell’Alzheimer può fare una grande differenza nella gestione della malattia» ha affermato Alessandro Tessitore, Professore Ordinario di Neurologia, Dipartimento Scienze Mediche e
Chirurgiche Avanzate, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. «Identificare i sintomi iniziali permette di intervenire tempestivamente, rallentando il progresso della malattia e migliorando la qualità della vita del paziente».

Secondo Tessitore, uno dei primi passi è escludere altre condizioni che possono causare deficit cognitivi. «Circa il 10-12% dei pazienti che si presentano con deficit cognitivi possono avere condizioni reversibili» ha spiegato. «Escludere queste condizioni è fondamentale per una diagnosi accurata».

Questo significa che, prima di diagnosticare l’Alzheimer, è necessario considerare altre possibili cause di decadimento cognitivo, come carenze vitaminiche (vitamina B e D), disturbi metabolici o altre malattie neurodegenerative.

Prelievi di sangue
Gli strumenti di diagnosi dell’Alzheimer includono esami neuropsicologici, neuroimmagini, esami di medicina nucleare e test biologici. «Recentemente, si è parlato molto dei prelievi di sangue come metodo non invasivo per la diagnosi precoce» ha spiegato Federica Agosta, Professore Associato di Neurologia, Università Vita-Salute San Raffaele, e Group Leader, Unità di Neuroimaging delle Malattie Neurodegenerative, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano.  «Gli studi suggeriscono un’accuratezza del 97%».

Agosta, in particolare, ha sottolineato l’importanza di una diagnosi biologica accurata. «Oggi abbiamo a disposizione esami di neuroimmagini, come la risonanza magnetica, e esami di medicina nucleare che ci permettono di quantificare le proteine associate all’Alzheimer» ha detto. «Questi strumenti sono cruciali per una diagnosi precisa». Inoltre, ha menzionato l’uso di esami neurofisiologici, come l’elettroencefalogramma, e la rachicentesi, che permette di analizzare il liquido cerebrospinale per la presenza di proteine specifiche della malattia.

Il ruolo della medicina di famiglia
Il medico di famiglia gioca un ruolo fondamentale nella diagnosi precoce dell’Alzheimer. «È spesso il primo a notare i sintomi e a indirizzare il paziente verso specialisti per ulteriori esami» ha sottolineato Tessitore. «La formazione continua dei medici di base è essenziale per migliorare la diagnosi precoce»

Ha evidenziato l’importanza di un approccio sistematico. «Il medico di base deve essere in grado di riconoscere i segnali di allarme e di indirizzare il paziente verso un percorso diagnostico appropriato» ha spiegato. «Questo include esami di base e, se necessario, l’invio a specialisti» Ha anche sottolineato l’importanza di educare i medici di base su come distinguere tra i sintomi dell’Alzheimer e quelli di altre condizioni che possono causare decadimento cognitivo, come la depressione o altre malattie neurodegenerative.

Speranze future terapeutiche
La ricerca sull’Alzheimer è in continua evoluzione. Nuovi farmaci e terapie sono in fase di sperimentazione, con l’obiettivo di modificare il decorso della malattia. «La collaborazione tra aziende farmaceutiche, istituzioni e ricercatori è fondamentale per trovare soluzioni efficaci» ha dichiarato Federico Villa, Associate Vice President Corporate Affairs & Patient Access, Lilly Italia

Villa ha parlato dei progressi nella ricerca sui farmaci. «Attualmente ci sono circa 160 trial clinici attivi che valutano farmaci con diversi meccanismi d’azione» ha detto. «Questi farmaci mirano a bloccare l’accumulo di proteine patologiche come l’amiloide e la tau, che sono alla base della malattia». Ha anche menzionato l’importanza di sviluppare farmaci che possano essere utilizzati in una fase precoce della malattia, quando i sintomi sono ancora lievi e il danno cerebrale è minimo.

Uno dei farmaci più promettenti è il donanemab, un anticorpo monoclonale progettato per rimuovere le placche amiloidi dal cervello, che sono caratteristiche della malattia di Alzheimer. «Donanemab ha dimostrato di rallentare il declino cognitivo e funzionale fino al 35% rispetto al placebo nei pazienti con Alzheimer precoce» è stato spiegato. «Questo farmaco rappresenta una speranza concreta per modificare il decorso della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti». È stato approvato dalla FDA per il trattamento dell’Alzheimer precoce, inclusi pazienti con decadimento cognitivo lieve e demenza lieve.

In conclusione
La diagnosi precoce dell’Alzheimer è una sfida, ma anche una grande opportunità. Con gli strumenti giusti e una maggiore consapevolezza, si possono fare passi avanti significativi nella lotta contro questa malattia devastante. «È fondamentale continuare a investire nella ricerca e nella formazione dei medici» ha concluso Agosta. «Solo così potremo sperare di migliorare la vita dei pazienti e delle loro famiglie».