Tumore al seno triplo negativo: con pembrolizumab pre e post-chirurgia più la chemioterapia neoadiuvante riduzione del 34% del rischio di morte
Il trattamento neoadiuvante con pembrolizumab più la chemioterapia, seguito da pembrolizumab dopo la chirurgia (adiuvante), migliora in modo statisticamente significativo e clinicamente rilevante la sopravvivenza globale (OS) rispetto alla sola chemioterapia neoadiuvante, nei pazienti con carcinoma mammario triplo negativo in stadio iniziale, ad alto rischio di recidiva.
Lo dimostrano i nuovi risultati dello studio di fase 3 KEYNOTE-522, presentati in un simposio presidenziale al congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO), a Barcellona, e pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine.
I risultati mostrano che il trattamento perioperatorio con pembrolizumab, in aggiunta alla chemioterapia neoadiuvante, ha ridotto il rischio di morte del 34% rispetto alla sola chemioterapia neoadiuvante più un placebo (HR 0,66; IC al 95%0,50-0,87; P = 0,00150).
Con un follow-up mediano di 75,1 mesi, gli autori hanno calcolato un tasso di OS a 5 anni pari all’86,6% (IC al 95% 84,0%-88,8%) nel braccio pembrolizumab (784 pazienti) contro 81,7% (IC al 95% 77,5%-85,2%) nel braccio di confronto (390 pazienti), mentre la mediana dell’OS non è stata ancora raggiunta in nessuno dei due bracci.
Pembrolizumab è il primo e unico regime immunoterapico ad aver mostrato un miglioramento significativo dell’OS come trattamento perioperatorio rispetto alla sola chemioterapia neoadiuvante in pazienti con tumore al seno triplo negativo ad alto rischio in stadio iniziale.
Studio practice-changing
«KEYNOTE-522 è uno studio rivoluzionario che cambia la pratica clinica, in una patologia in cui vi è forte necessità di nuove opzioni di cura», ha dichiarato in conferenza stampa Giuseppe Curigliano, Professore Ordinario di Oncologia Medica dell’Università degli Studi di Milano e Direttore della Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per le Terapie Innovative dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, nonché Presidente eletto dell’ESMO.
«Questi importanti risultati di sopravvivenza globale si aggiungono ai dati di risposta completa e di sopravvivenza libera da eventi riportati precedentemente nello studio KEYNOTE-522. Pembrolizumab più la chemioterapia come trattamento neoadiuvante e, a seguire, come agente singolo dopo la chirurgia ha ridotto il rischio di morte del 34% rispetto alla chemioterapia neoadiuvante, rafforzando il ruolo fondamentale di questo regime immunoterapico nel trattamento del carcinoma mammario triplo negativo ad alto rischio in stadio iniziale. Finora non si erano mai visti risultati di questa portata in una patologia così aggressiva».
«Lo studio KEYNOTE-522 ha dimostrato non solo di aumentare la probabilità di risposta patologica completa, ma anche di aumentare la percentuale di donne guarite dal cancro», ha ribadito Curigliano ai microfoni di PharmaStar. «Pertanto, un messaggio forte dello studio è che di fronte a un paziente con una nuova diagnosi di tumore della mammella è mandatorio eseguire una biopsia per determinare lo stato recettoriale, e se il tumore è del tipo triplo negativo il paziente non deve andare subito alla chirurgia, ma deve assolutamente ricevere prima una terapia preoperatoria».
Forma più aggressiva
Il carcinoma mammario triplo negativo rappresenta circa il 15% delle diagnosi di tumore della mammella ed è caratterizzato dall’assenza dei recettori degli estrogeni, del progesterone e della proteina HER2, ha spiegato Curigliano in conferenza stampa. Pertanto, non risponde alla terapia ormonale e ai farmaci che hanno come bersaglio HER2, ed è quindi la forma più difficile da trattare.
È un tumore aggressivo, in cui il rischio di ricaduta a distanza aumenta rapidamente a partire dalla diagnosi e raggiunge il picco nei primi 3 anni. In assenza di bersagli terapeutici, le opzioni di cura sono state storicamente limitate e costituite da chirurgia, radioterapia e chemioterapia. A queste si è ora aggiunta l’immunoterapia, ha detto il professore.
Lo studio KEYNOTE-522
KEYNOTE-522 (NCT03036488) è uno studio di fase 3, randomizzato, in doppio cieco, nel quale sono stati arruolati 1174 pazienti di almeno 18 anni di età con tumore della mammella triplo negativo in stadio iniziale (stadio T1c N1-2 o T2-4 N0-2 secondo la classificazione AJCC), ad alto rischio di recidiva.
I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 2:1 al trattamento con pembrolizumab 200 mg o un placebo, entrambi aggiunti alla chemioterapia pre-operatoria con antracicline, paclitaxel e carboplatino per 5-6 mesi. Dopo l’intervento, ognuno dei due bracci veniva sottoposto a un trattamento adiuvante con il solo pembrolizumab o un placebo per 9 cicli. Nella fase adiuvante era permessa anche la radioterapia.
I due endpoint primari del trial erano la risposta patologica completa (pCR, definita come ypT0/Tis ypN0) e la sopravvivenza libera da eventi (EFS), valutati in modo sequenziale in gruppi pre-specificati. L’OS era un endpoint secondario chiave dello studio. Altri endpoint secondari comprendevano la pCR valutata utilizzando definizioni alternative (ypT0 ypN0, cioè nessun tumore residuo invasivo o non invasivo alla mammella e ai linfonodi, e ypT0/Tis, cioè nessun tumore residuo invasivo alla mammella al momento dell’asportazione chirurgica completa), l’efficacia (pCR, EFS e OS) nei pazienti PD-L1-positivi, cioè quelli con un Combined Positive Score (CPS) ≥ 1, e la sicurezza.
Confermato il beneficio di EFS di pembrolizumab
Analisi precedenti dello studio KEYNOTE-522 hanno dimostrato che il trial ha centrato entrambi gli endpoint primari. Infatti, la prima analisi ad interim, con un follow-up mediano di 15,5 mesi, aveva mostrato un tasso di pCR significativamente superiore, di 13,6 punti percentuali, nel braccio trattato con pembrolizumab rispetto al braccio di confronto: 64,8% contro 51,2% (P < 0,001).
Inoltre, la quarta analisi ad interim aveva mostrato un miglioramento significativo della EFS nel braccio pembrolizumab rispetto al braccio di confronto (HR 0,63; P < 0,001), con un tasso di EFS a 3 anni rispettivamente dell’84,5% contro 76,8%.
L’analisi di efficacia aggiornata presentata ora all’ESMO ha mostrato che il trattamento perioperatorio con pembrolizumab in aggiunta alla chemio neoadiuvante ha mantenuto il suo benefico significativo di EFS rispetto alla sola chemio neoadiuvante (HR 0,65; IC al 95%, 0,51-0,83), con una riduzione del rischio di eventi del 35% e un tasso di EFS a 5 anni rispettivamente dell’81,2% contro 72,2%.
Beneficio di sopravvivenza confermato in tutti i sottogruppi
In un’analisi esplorativa di sottogruppo prespecificata, il beneficio di OS mostrato da pembrolizumab perioperatorio in aggiunta alla chemio neoadiuvante è risultato coerente nei vari sottogruppi analizzati, incluso quello dei pazienti PD-L1-negativi (con un CPS di PD-L1 < 1), e indipendente dal coinvolgimento o meno dei linfonodi.
I pazienti che nello studio hanno raggiunto una pCR con il regime neoadiuvante hanno anche ottenuto un beneficio di OS, indipendentemente dal braccio di trattamento, con un tasso di OS a 5 anni del 95,1% nel braccio pembrolizumab e del 94,4% nel braccio di confronto (HR 0,69; IC al 95% 0,38-1,26), mentre in coloro che non hanno raggiunto una pCR il tasso di OS a 5 anni è risultato superiore nel braccio pembrolizumab e pari rispettivamente al 71,8% contro 65,7% (HR 0,76; IC al 95%, 0,56-1,05).
Confermato il profilo di sicurezza di pembrolizumab
Proseguendo il follow-up, il profilo di tossicità è rimasto in linea con quello delle analisi precedenti dello studio e con i profili già noti di pembrolizumab e della chemioterapia utilizzata, e non sono state identificate nuove problematiche riguardanti la sicurezza.
Eventi avversi correlati al trattamento di qualsiasi grado si sono manifestati nel 98,9% dei pazienti nel braccio pembrolizumab e nel 99,7% nel braccio di confronto, e tali eventi sono stati di grado 3/5 rispettivamente nel 71,7% e 73,3%dei pazienti.
Eventi avversi correlati al trattamento hanno richiesto l’interruzione di uno qualsiasi dei farmaci in studio rispettivamente nel 27,6% e 14,1% dei pazienti e hanno causato il decesso rispettivamente nello 0,5% e 0,3% dei pazienti.
Eventi avversi immuno-mediati di qualsiasi grado si sono manifestati nel 35% dei pazienti del braccio pembrolizumab e nel 22,9% di quelli del braccio di confronto, e il più comune (osservato in ≥10% dei pazienti) è stato l’ipotiroidismo (15,1% contro 5,7%). Gli eventi avversi immuno-mediati hanno richiesto l’interruzione di uno qualsiasi dei farmaci in studio rispettivamente nel 7,7% e 1% dei pazienti e hanno causato il decesso di due pazienti (0,3%), entrambi del braccio pembrolizumab.
Pembrolizumab perioperatorio già disponibile in Italia
«Questi risultati forniscono un ulteriore supporto al trattamento neoadiuvante con pembrolizumab più la chemioterapia con platino, seguito da pembrolizumab adiuvante dopo l’intervento chirurgico, come regime di trattamento standard per i pazienti con tumore della mammella triplo negativo ad alto rischio in fase iniziale», ha detto, concludendo la sua presentazione, il primo autore dello studio, Peter Schmid, del Barts Cancer Institute della Queen Mary University di Londra.
Il trattamento perioperatorio con pembrolizumab in aggiunta alla chemioterapia adiuvante è stato approvato dalle autorità regolatorie (prima dalla Food and drug administration e poi dalla European medicines agency) per i pazienti con tumore della mammella in stadio iniziale ad alto rischio proprio grazie ai benefici di pCR ed EFS dimostrati nello studio KEYNOTE-522, e dal luglio 2023 è disponibile anche Italia rimborsato dal Servizio sanitario nazionale.
Bibliografia
P. Schmid, et al. Neoadjuvant pembrolizumab or placebo plus chemotherapy followed by adjuvant pembrolizumab or placebo for high-risk early-stage TNBC: Overall survival results from the phase III KEYNOTE-522 study. Annals of Oncology (2024) 35 (suppl_2): 1-72. 10.1016/annonc/annonc1623. leggi
P. Schmid, et al. Overall Survival with Pembrolizumab in Early-Stage Triple-Negative Breast Cancer. New Engl J Med. 2024; doi: 10.1056/NEJMoa2409932.
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