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Inaugura “Reti 2024”, la mostra a cura di Alessandra Redaelli

reti 2024

La mostra dal titolo RETI 2024 organizzata dall’Archivio Rachele Bianchi e da Isorropia Homegallery, presenta dall’8 novembre al 2 dicembre 2024 le opere di tre artisti contemporanei

La mostra dal titolo RETI 2024 organizzata dall’Archivio Rachele Bianchi e da Isorropia Homegallery, presenta dall’8 novembre al 2 dicembre 2024 le opere di tre artisti contemporanei Paolo CancelliereLuca Cecioni e Claudio Magrassi a confronto con il lavoro di Rachele Bianchi, scultrice milanese scomparsa nel 2018. L’esposizione a “quattro voci”, a cura di Alessandra Redaelli, parte dal corpo, fulcro del lavoro di Rachele Bianchi.

È il corpo femminile, soprattutto, il centro del lavoro di Rachele Bianchi. Scandito in forme al tempo stesso morbide e rigorose, declinato con un linguaggio che se trova le sue radici nella grande scultura del Novecento, non disdegna riferimenti alla statuaria antica.

Un’indagine intorno alla donna che l’artista ha alimentato della propria esperienza, anche quella di madre, e che ha trovato compimento nelle grandi figure ammantate, vestite di forme che vanno a ripensare lo spazio; gusci, armature, case, architetture affascinanti che talvolta sono mosse in pieghe morbide, altre volte incise in segni geometrici, squadrate come sarcofagi, arrotolate in volute dalle suggestioni vegetali o ancora rese in reti fluttuanti.

A questi suoi corpi si affiancano oggi due pittori – Luca Cecioni e Paolo Cancelliere – insieme allo scultore Claudio Magrassi, in un dialogo intenso con la “padrona di casa”, un dialogo serrato, mai prevedibile, intrigante nelle affinità come nelle differenze.

Luca Cecioni lo fa attraverso figure che nello spazio sembrano dissolversi, lasciando di sé talvolta soltanto una sagoma bianca, ectoplasmatica, resa reale dal cono di luce che la investe. Anche quando il corpo è più presente, riconoscibile nel dettaglio, ugualmente la sua materia si scompone, va a fondersi con l’ambiente che la contiene, ci illude facendosi molle, acquatica, inconsistente. Gli abbracci tra amanti – uno stringersi incerto e goffo di corpi – sembrano preludere a una fusione che più che alla tenerezza fa pensare all’annientamento. O al cannibalismo.

Artista che porta dentro di sé la grande pittura antica, dagli incendi del Rinascimento veneto alle cupezze barocche, Cecioni è soprattutto un pittore che ha fatto tesoro della lezione del Novecento, con la sua scomposizione dello spazio e con lo smarrirsi delle certezze. È infatti un senso strisciante di precarietà a dominare i suoi lavori. Interni, soprattutto, dove le pareti non hanno mai un andamento prospettico chiaramente leggibile, ma destrutturano lo spazio in piani pericolanti.

Soli dentro luoghi incerti, dunque, i personaggi di Cecioni raccontano un’umanità sperduta, paralizzata e prigioniera. Redenta, però, da una pittura piena, che sa muoversi con grazia tra la potenza del gesto e la precisione del dettaglio.

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