Uno studio ha dimostrato che la presenza di bassi livelli di albumina è associata alla mortalità per tumori e malattie cardiovascolari negli individui di età pari o superiore ai 65 anni
I livelli bassi di albumina nel sangue (ipoalbuminemia) sarebbero correlati a un aumento del rischio di mortalità per malattie vascolari e cancro nelle persone dai 65 anni di età in su. È quanto emerge da uno studio congiunto condotto da Sapienza Università di Roma, in collaborazione con l’IRCCS Neuromed di Pozzilli, Mediterranea Cardiocentro di Napoli e Università LUM di Casamassima.
La ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista eClinical Medicine-Lancet, ha coinvolto 18mila persone e ha dimostrato la relazione tra i fattori sopra citati anche dopo aver escluso quelli come malattie renali o epatiche e stati infiammatori acuti, che possono influenzare i livelli di albumina. Come ha commentato la rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni, «la possibilità di ottenere indicazioni predittive su malattie con alta incidenza e elevato rischio di morte, come quelle cardiovascolari o i tumori, attraverso un esame semplice e ampiamente disponibile, anche a basso costo, rappresenta una importante conquista per la medicina moderna. Questo studio, che conferma e consolida l’eccellenza dell’attività scientifica delle università e degli enti di ricerca italiani in campo medico, ha anche un importante valore sociale attribuibile alle possibili ricadute nell’ambito della prevenzione».
«La nostra analisi – ha detto Francesco Violi, Professore Emerito della Sapienza Università di Roma e ideatore dello studio – origina dal fatto che nel sangue l’albumina è una proteina che svolge attività antiossidante, antinfiammatoria e anticoagulante. La sua diminuzione, pertanto, accentua lo stato infiammatorio sistemico, facilitando l’iperattività delle cellule predisposte alla cancerogenesi o alla trombosi. È importante, in questo contesto, sottolineare che cancro e infarto cardiaco condividono una base comune proprio nella presenza di uno stato infiammatorio cronico, e che pazienti a rischio di malattie cardiovascolari, come i diabetici e gli obesi, sono anche a rischio di cancro».
«I risultati dello studio – ha aggiunto Augusto Di Castelnuovo, epidemiologo della Mediterranea Cardiocentro e dell’I.R.C.C.S. Neuromed – mostrano che un livello basso di albumina, oltre a fornire indicazioni sullo stato nutrizionale e sulla salute del fegato, segnala anche un’aumentata suscettibilità verso altre gravi patologie. L’ipoalbuminemia potrebbe riflettere quel processo infiammatorio cronico, tipico dell’invecchiamento, noto come “inflammaging”, che potrebbe aver contribuito al rischio elevato di mortalità che abbiamo osservato».
Un dato interessante della ricerca è che l’ipoalbuminemia è correlata a un livello socioeconomico più basso. Questo solleva un’importante questione sociale, poiché per motivi economici, gli anziani optano spesso per una dieta meno salutare, scegliendo alimenti con proteine meno nobili. «Oltre a fornirci lo spunto per approfondire con ulteriori ricerche il rapporto tra albumina nel sangue e salute – commenta Licia Iacoviello, direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed e Professore Ordinario di Igiene dell’Università LUM – questo studio può avere implicazioni dirette sulla pratica clinica e sulla prevenzione. La misura dell’albumina nel sangue è infatti un test semplice e poco costoso. È quindi da considerare un’analisi di primo livello, che permetterebbe di porre una maggiore attenzione clinico-diagnostica verso gli individui anziani potenzialmente a rischio. Il nostro studio fornisce anche un valore di riferimento (35 g/L) che può guidare il medico nell’interpretazione della misura di albumina».