Nei pazienti con carcinoma epatocellulare in stadio intermedio l’aggiunta di pembrolizumab a lenvatinib migliora la sopravvivenza libera da progressione
Nei pazienti con carcinoma epatocellulare in stadio intermedio sottoposti a chemioembolizzazione transarteriosa (TACE), l’aggiunta del trattamento con l’anti-PD-1 pembrolizumab più l’inibitore tirosin chinasico lenvatinib migliora in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla sola TACE, riducendo il rischio di progressione o morte del 34%, con un profilo di sicurezza gestibile.
A dimostrarlo sono i risultati dello studio di fase 3 LEAP-012 (NCT04246177) presentati in un Simposio presidenziale al congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO) svoltosi a Barcellona.
Al cut-off dei dati del 30 gennaio 2024, la PFS mediana, valutata da un comitato di revisione centrale indipendente in cieco (BICR) secondo i criteri RECIST v1.1, è risultata di 14,6 mesi (IC al 95% 12,6-16,7) nel braccio trattato con pembrolizumab e lenvatinib in aggiunta alla TACE e 10 mesi (IC al 95% 8,1-12,2) nel braccio di controllo, trattato con la TACE più un doppio placebo. Nei due bracci, si sono verificati eventi (progressione o decesso) rispettivamente in 132 (56%) e 154 (63%) pazienti. Inoltre, la PFS a 12 mesi è risultata del 62% nel braccio pembrolizumab/lenvatinib contro 43% nel braccio di controllo, mentre la PFS a 18 mesi è risultata rispettivamente del 39% contro 28% (HR 0,66; IC al 95%, 0,51-0,84; P = 0,0002).
«Nel complesso, il trattamento con lenvatinib, pembrolizumab e la TACE può rappresentare una nuova opzione per i pazienti con carcinoma epatocellulare in stadio intermedio», ha dichiarato Josep M. Llovet, della Icahn School of Medicine del Mount Sinai di New York, durante la presentazione dei risultati.
I dati sulla sopravvivenza globale (OS) erano immaturi al momento dell’analisi e la soglia di significatività (P = 0,025) non è stata raggiunta. «Poiché i tempi di sopravvivenza tendono a essere relativamente lunghi in questo stadio della malattia, è accettabile avere un’analisi ad interim della PFS, in quanto ci dà un’idea dei risultati, senza aspettare i dati di sopravvivenza», ha commentato Lorenza Rimassa, dell’Humanitas University e IRCCS Humanitas Research Hospital, di Milano. «Poiché i pazienti nel braccio di controllo riceveranno terapie sistemiche al momento della progressione, i dati sulla OS potrebbero non essere positivi anche con un follow-up più lungo, ma lo studio ha mostrato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della PFS e una tendenza iniziale al miglioramento della OS nel braccio della combinazione», ha sottolineato l’esperta.
Lo studio LEAP-012
Lo studio LEAP-012 (NCT04246177) è un trial multicentrico randomizzato, controllato e in doppio cieco, che ha incluso 480 pazienti con epatocarcinoma in stadio intermedio assegnati in modo casuale al trattamento con pembrolizumab/lenvatinib più la TACE (237 pazienti) o la TACE più un doppio placebo (243 pazienti).
I pazienti nel braccio pembrolizumab/lenvatinib sono stati trattati con 12 mg (con un peso corporeo ≥ 60 kg) o 8 mg (con un peso corporeo < 60 kg) di lenvatinib per via orale una volta al giorno più 400 mg di pembrolizumab per via endovenosa con uno schema di dosaggio ogni 6 settimane per un massimo di 2 anni. I pazienti nel braccio di controllo sono stati trattati con un placebo per via endovenosa (schema di dosaggio ogni 6 settimane per un massimo di 2 anni) e un splacebo per via orale una volta al giorno. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a TACE da 2 a 4 settimane dopo l’inizio della terapia sistemica con un massimo di due trattamenti per tumore e non più di un trattamento al mese.
Per poter partecipare allo studio, i pazienti dovevano avere un carcinoma epatocellulare confermato e non idoneo per un trattamento curativo, almeno una lesione tumorale misurabile secondo i criteri RECIST v1.1 e tutte le lesioni dovevano essere trattabili con la TACE in una o due sessioni. Inoltre, non dovevano presentare trombosi della vena porta o malattia extraepatica e dovevano avere un punteggio Child-Pugh A e un performance status ECOG pari a 0 o 1.
Gli endpoint primari erano la PFS e l’OS, mentre gli endpoint secondari erano il tasso di risposta obiettiva (ORR), la durata della risposta (DOR), il tasso di controllo della malattia (DCR), il tempo alla progressione (TTP), la PFS secondo i criteri RECIST modificati e la sicurezza.
Tassi di sopravvivenza e di risposta superiori con lenvatinib/pembrolizumab
Al cutoff dei dati, l’OS a 12 mesi è risultata dell’89% nel braccio pembrolizumab/lenvatinib contro 83% nel braccio placebo, mentre l’OS a 24 mesi è risultata rispettivamente del 75% e 69% e il tasso di eventi è risultato rispettivamente del 29% e 34% (HR 0,80; IC al 95% 0,57-1,11; P = 0,0867).
L’ORR secondo i criteri RECIST v1.1 è risultata del 47% (IC al 95% 40,3%-53,4%) nel braccio sperimentale e 33% (IC al 95% 27,4%-39,6%) nel braccio placebo (differenza = 14,6%; IC al 95% 5,9%-23,1%; P nominale = 0,0005).
Nel braccio della combinazione, i tassi di risposta completa, risposta parziale, stabilizzazione della malattia e progressione della malattia sono risultati rispettivamente del 3,4%, 43,5%, 42,6% e 6,8%, mentre nel braccio del placebo i tassi corrispondenti sono risultati rispettivamente del 4,1%, 29,2%, 48,1% e 14,8%.
Inoltre, la mediana della DOR è risultata rispettivamente di 13 mesi (range: da 1,3+ a 39,1+ mesi) e 11 mesi (range: da 2,0+ a 39,5+ mesi), mentre il DCR è risultato rispettivamente del 90% (IC al 95% 84,8%-93,1%) contro 82% (IC al 95% 76,0%-86,2%).
Profilo di sicurezza gestibile
Eventi avversi correlati al trattamento si sono verificati nel 98,7% dei pazienti del braccio pembrolizumab/lenvatinib e nell’84,6% dei controlli. Nel 71,3% e nel 31,1% dei pazienti, rispettivamente, si sono verificati eventi avversi correlati al trattamento di grado 3 o 4, mentre hanno manifestato eventi seri rispettivamente il 33% e il 12% dei pazienti e nell’8,4% e 1,2% dei casi, rispettivamente, questi hanno richiesto l’interruzione del trattamento. Eventi avversi di grado 5 sono stati registrati nell’1,7% e nello 0,4% dei pazienti.
Gli eventi avversi correlati al trattamento più comuni sono stati ipertensione, proteinuria, aumento delle ALT, aumento delle AST, diminuzione della conta piastrinica, ipotiroidismo, aumento della bilirubinemia, riduzione dell’appetito, sindrome da eritrodisestesia palmo-plantare, diarrea, calo ponderale, affaticamento, disfonia e sindrome post-embolizzazione.
«Il profilo di sicurezza di lenvatinib più pembrolizumab è risultato gestibile e coerente con i profili di sicurezza noti di lenvatinib, pembrolizumab e la TACE. Non sono stati identificati nuovi problemi di sicurezza», ha concluso Llovet.
Bibliografia
J.Llovet, et al. LEAP-012: A Phase 3 Study of Lenvatinib Plus Pembrolizumab Plus Transarterial Chemoembolization for Intermediate-Stage Hepatocellular Carcinoma. ESMO 2024; abstract LBA3. Annals of Oncology (2024) 35 (suppl_2): 1-72. 10.1016/annonc/annonc1623. leggi