Daintree, l’Australia delle origini, per “Paradisi da salvare” e storie dall’Aspromonte con “Greci di Calabria” stasera su Rai 5
Con 125 milioni di anni, la foresta pluviale di Daintree, nel nord-est dell’Australia, è la più antica del mondo. Laboratorio di evoluzione, è popolata da animali unici come i casuari dall’elmo, i canguri arboricoli, gli uccelli del paradiso Victoria e persino enormi coccodrilli d’acqua salata. Lo racconta il doc “Daintree, l’Australia delle origini”, in onda domenica 10 novembre alle 21.15 su Rai 5.
Qui ogni animale riveste un ruolo fondamentale per la “rigenerazione” di alberi e piante e per l’equilibrio tra le specie. Ma cosa ancora più sorprendente, questo sito, Patrimonio dell’Umanità Unesco, con la sua eccezionale biodiversità, fornisce i nutrienti essenziali all’ecosistema marino più ricco del pianeta: la Grande Barriera Corallina.
A ciò si aggiunge il ruolo cruciale di alcune specie marine, come i pesci pagliaccio, impegnati nella preservazione della stessa Barriera. Daintree resta tuttavia fragile. Il canguro arboricolo e il casuario dall’elmo, ad esempio, sono minacciati dal disboscamento, dalla frammentazione del loro habitat e dalla deforestazione, a vantaggio della coltivazione della canna da zucchero che contribuisce peraltro all’inquinamento dei fiumi.
Alcune specie di alberi, inoltre, iniziano a patire a causa dei cambiamenti climatici. Gli scienziati, grazie a una gru, hanno deciso di lavorare direttamente nel cuore della foresta, al fine di comprendere meglio le strategie da introdurre per salvaguardare questo bene prezioso. E i cittadini, raggruppati in associazioni, stanno pian piano acquistando appezzamenti di terreno e ripiantando massicciamente gli alberi per riportare questo gioiello alla sua dimensione originaria.
Infine, il riscaldamento degli oceani minaccia l’ecosistema della Grande Barriera Corallina, la cui biodiversità ha impiegato milioni di anni per svilupparsi. Come misura preventiva, gli scienziati hanno creato un’enorme banca di coralli per preservarne la diversità genetica.
A seguire, a partire dall’VIII secolo a.C., i Greci si espansero verso il sud Italia e colonizzarono gran parte dei territori: nacque così la Magna Grecia, che si estende dalla Sicilia alla Puglia, fino alla Campania, passando anche per la Basilicata e la Calabria. E proprio la Calabria greca è la protagonista del documentario di Vincenzo Saccone “Greci di Calabria”, in onda domenica 10 novembre alle 22.15 su Rai 5: una terra ospitale e spirituale, isolata, selvaggia, rurale.
Greca nel paesaggio, nel cibo, nelle tradizioni religiose, nell’artigianato e soprattutto nell’idioma: tra l’Aspromonte e lo Jonio molti parlano infatti ancora la lingua di Omero, il greco antico. Questo lembo della Calabria, noto anche come Bovesìa e così vicino allo Stretto, è greco non solo nella toponomastica, ma soprattutto nel sentimento diffuso della “filoxenìa”, l’amore per il forestiero, mentre l’imponenza delle montagne, così come le valli con i loro “paesi fantasma”, creano un ecosistema unico, capace di tenere in perfetta armonia uomo e natura, cultura e spiritualità.
Una delle caratteristiche geologiche dell’Aspromonte sono le fiumare, luoghi primordiali, duri e affascinanti allo stesso tempo, e in quest’area, proprio ai bordi della fiumara Amendolea, saltano all’occhio le ampie distese di bergamotto, un frutto dall’identità sconosciuta. Qui si registra il 95% della produzione totale di bergamotto, un agrume che, sostengono gli scienziati, infonderebbe un senso di ‘positività’ in chi lo mangia.
In tutta l’area, il luogo dove maggiormente si sono conservate le tradizioni grecaniche, non solo in ambito linguistico, ma anche musicale, gastronomico e religioso è Gallicianò. È chiamato anche l’Acropoli della Magna Grecia, per il fatto che è considerato il paese più rappresentativo dell’antica colonia greca in Calabria. Borgo di appena 50 abitanti, ha una storia unica e particolare. Qui, nei pressi dei ruderi della Chiesa bizantina della Madonna della Grecia, è stata ricostruita l’omonima chiesetta, dove una volta al mese viene celebrata la messa secondo il rito greco-ortodosso.
E, seppur così piccolo, Gallicianò è rinomato anche come capitale della musica. Tarantelle e melodie tradizionali, da suonare, cantare e ballare. Tra i borghi grecanici abbandonati nel corso del tempo, o per emigrazione, o per calamità naturali, c’è Pentedattilo, incastonato tra le montagne dell’Aspromonte. Il nome deriva dal massiccio roccioso a forma di mano su cui è adagiato (“penta daktylos”, cinque dita). La famosa “mano del Diavolo” dove si consumò, tra storia e leggenda, una efferata “strage d’amore’ che per secoli ha reso il piccolo centro un prezioso punto di raccolta di narrazioni fantastiche e misteriose e una tappa amata dai viaggiatori/scrittori del Grand Tour, immortalata anche da Escher.
Soggetto a totale spopolamento nel corso degli ultimi decenni, oggi, grazie ai pochissimi abitanti e all’iniziativa di una rete di associazioni, il borgo è tornato a vivere, sotto forma di “villaggio diffuso”. Ma sono tante le storie che si raccolgono in Aspromonte, territorio tortuoso ma animato da persone orgogliose della propria terra, delle proprie tradizioni e del loro passato: un luogo fantastico dove ci si ferma e si riscopre la vera anima. Il tutto in nome del “bello”, non solo estetico, ma soprattutto morale ed etico.