A Palazzo Ducale la Crocifissione del Maestro di San Vincenzo Martire


Per la prima volta esposte al pubblico due opere di recente acquisizione da parte di Palazzo Ducale. Una è raffigurante la Crocifissione del cosiddetto Maestro di San Vincenzo Martire

Maestro di San Vincenzo Martire

Al piano terra del Castello di San Giorgio, nel nuovo allestimento dedicato alla raccolta rinascimentale, sono per la prima volta esposte al pubblico due opere di recente acquisizione da parte di Palazzo Ducale.

Presentiamo oggi il primo dei due acquisti: un olio su tavola raffigurante la Crocifissione del cosiddetto Maestro di San Vincenzo Martire.

Il dipinto è di piccole dimensioni, misura 94×73 cm, e raffigura Cristo sulla croce, ai piedi della quale è Maria Maddalena, mentre a sinistra è mostrata la Vergine che sviene e, a destra, sono i santi Giovanni Evangelista, Benedetto e Girolamo. Apparsa sul mercato antiquario, è stata subito riconosciuta da L’Occaso e poi, indipendentemente, da Mauro Minardi, come opera del cosiddetto ‘Maestro di San Vincenzo Martire’.

Quando gli storici dell’arte individuano una personalità distinta, alla quale si può assegnare un gruppo di opere coerenti, ma non sono in grado di dare un nome a questa personalità – perché manca un’opera firmata o perché mancano documenti che permettano di riferire con certezza un’opera a un tale artista – di norma assegnano a questo ignoto artista il nome di comodo di ‘Maestro di…’ : può così nascere un ‘artista’ che prende il nome dalla provenienza di un’opera, dalla prima opera identificata del corpus, dalla sua collocazione, dal proprietario del dipinto, da un’iconografia particolare…

Il ‘Maestro di San Vincenzo Martire’ deve il suo nome a una tavola di grandi dimensioni che si trova nel Palazzo Ducale di Mantova, sulla quale è rappresentata la “Madonna col Bambino tra i santi Vincenzo Ferrer, Giovanni Battista, Osanna Andreasi, Vincenzo Levita, Barbara e Romano”. Il dipinto, una pala d’altare, proviene dalla chiesa delle domenicane di San Vincenzo di Mantova.

Intorno a quest’opera, la critica ha riunito un nutrito catalogo di dipinti che, prima di essere ricondotti a un unico artefice, il ‘Maestro di San Vincenzo Martire’ per l’appunto, sono stati collegati a diversi artisti: il reggiano Luigi Anguissola, Girolamo Marchesi da Cotignola, l’altro cotignolese Francesco Zaganelli, il carpigiano Marco Meloni, il veronese Bernardino Bonsignori. Nessuna di queste proposte ha mai persuaso e da diversi anni nel ‘Maestro di San Vincenzo Martire’ è stata rilevata la forte presenza di derivazioni da Pietro Perugino, “il meglio maestro d’Italia”, come lo definirono i suoi contemporanei. Perugino era famosissimo anche a Mantova e infatti Isabella d’Este cercò in più occasioni di recuperare sue opere e, inoltre, furono almeno due gli artisti mantovani che a Firenze ebbero contatti con il Perugino, il quale nel primo Cinquecento teneva bottega anche nel capoluogo toscano. Oltre a Lorenzo Leonbruno, i cui rapporti col Perugino sono però sporadici, abbiamo notizia dalle fonti d’archivio dell’attività di Bartolomeo Fancelli presso l’umbro. Bartolomeo fu figlio di Bernardo, uno dei numerosi membri della famiglia Fancelli, di origine settignanese ma trasferitasi a Mantova alla metà del Quattrocento. Bernardo fu infatti figlio di Bartolomeo, fratello di Luca Fancelli, colui che servì i Gonzaga per tutta la seconda metà del XV secolo. Ricordiamo inoltre il Perugino sposò Chiara Fancelli, la figlia di Luca.
Il nostro Bartolomeo Fancelli nacque probabilmente a Mantova, è documentato a Firenze, assieme al Perugino, nel primo decennio del Cinquecento, ma si dovette poi trasferire a Mantova, dove le fonti d’archivio lo documentano per anni, intorno al 1520. Di Bartolomeo si conosce una sola opera firmata e datata 1507, conservata in una collezione privata.
L’opera del ‘Maestro di San Vincenzo Martire’ rivela principalmente due fonti d’ispirazioneMantegna e il Perugino, dovette avere come base la città dei Gonzaga ed è particolare nel panorama della produzione mantovana di primo Cinquecento, anche perché l’artista dipinse su tavola, un supporto raramente usato a Mantova agli inizi del XVI secolo. Il ‘Maestro di San Vincenzo Martire’, un artista non eccezionale ma preziosa testimonianza di diffusione dell’arte del Perugino in nord Italia e per la precisione a Mantova, sembra quindi non possa essere identificato con altri che non Bartolomeo Fancelli e la nostra “Crocifissione” potrebbe essere la prova di questa ipotesi.

La tavola è ora esposta nel nuovo allestimento al piano terreno del Castello di San Giorgio, nella nuova sezione “Rinascimento a Mantova”, inaugurata il 25 ottobre.

Stefano L’Occaso, direttore di Palazzo Ducale di Mantova: «Chi altri se non Bartolomeo Fancelli, un mantovano nato alla corte del Mantegna e formatosi con il Perugino, avrebbe potuto proporre il curioso cocktail che ci offre la “Crocifissione”? La nostra tavola mescola, infatti, la “Crocifissione Chigi” del Perugino, a Siena (chiesa di Sant’Agostino), con il “Noli me tangere” mantegnesco della National Gallery di Londra, dal quale copia la Maddalena. L’opera è stata acquistata dall’antiquario perugino Fabio Mearini, il quale ha fatto restaurare la tavola e che ringrazio».