Dimette paziente: primario colpito con un manganello a Lamezia Terme


Dimette una paziente, i parenti lo aggrediscono: violenza contro un primario al Pronto Soccorso di Lamezia Terme. Uno dei familiari aveva nascosto un manganello nel giubbotto

liste di attesa lamezia

Il primario del Pronto Soccorso dell’ospedale di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, è stato aggredito dal familiare di una paziente che stava per essere dimessa. L’episodio si è verificato a seguito di un colloquio con i parenti della donna. Secondo quanto appreso, il primario aveva appena comunicato la conclusione della degenza con il rientro a casa della paziente.

Alle sue parole sono seguite le rimostranze dei presenti, contrari al rientro a casa della donna. E quando il medico si è voltato per andar via uno dei familiari lo ha aggredito e colpito alle spalle con un manganello che aveva nascosto sotto un giubbotto.

Sul posto sono subito intervenute le forze dell’ordine e gli agenti di sorveglianza di presidio all’ospedale lametino.

“L’ennesimo episodio violento nei confronti del personale sanitario desta grande allarme e richiama l’urgenza di attivare ogni misura necessaria per tutelare i nostri medici e i nostri infermieri. Vicende di tale gravità, come quella avvenuta ieri sera nell’ospedale di Lamezia Terme, in cui il primario del Pronto soccorso Rosarino Procopio è stato aggredito con un manganello riportando varie contusioni, stanno diventando sempre più all’ordine del giorno”. Così il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto che aggiunge: “Per questo, ancora una volta, rinnovo l’invito alle istituzioni affinché si attivino tutte le opportune contromisure per arginare un fenomeno così inquietante. Sincera solidarietà e vicinanza al dottor Procopio, ai suoi colleghi, ai pazienti, e a tutta l’Asp di Catanzaro”.

“Mi auguro che l’individuo che si è permesso di entrare in ospedale con un manganello, un comportamento davvero pazzesco, con l’evidente intento di usare la violenza contro qualcuno – conclude – venga assicurato alla giustizia per il suo atto criminale e indegno di un Paese civile”.