Iran, la studentessa Daryaei lascia l’ospedale senza essere denunciata


Iran, la studentessa Daryaei lascia l’ospedale: non è stata denunciata. Lo ha annunciato Asghar Jahangir, portavoce della magistratura: “È malata, torna a casa dalla famiglia”

studentessa iraniana in mutande

Ahoo Daryaei ha lasciato l’ospedale in cui era tenuta dal 10 novembre e ha fatto ritorno dalla sua famiglia. Lo ha annunciato Asghar Jahangir, portavoce della magistratura dell’Iran, aggiungendo che contro la studentessa “non è stata intentata nessuna azione legale”. Le dichiarazioni del responsabile sono state rilanciate dalla testata Iran Wire. “Considerato il fatto che la persona in questione non stava bene ed era per questo stata portata in ospedale, dove è stato confermato che è malata, ora si trova con la sua famiglia” ha aggiunto Jahangir. Daryaei, studentessa della facoltà di Scienze e Ricerca dell’Università Azad di Teheran, è divenuta nota a livello internazionale per aver deciso di togliere t-shirt e pantaloni come gesto di protesta per il rigido codice di abbigliamento a cui sono soggette le donne in Iran, a partire dall’obbligo di indossare il velo, imposto per legge. Secondo il racconto dei testimoni, la giovane avrebbe anche subito molestie da parte di agenti della polizia morale nel campus.

Dopo la sua protesta, è stata raggiunta da uomini in borghese ed è stata portata via a bordo di un automobile, come mostrano i filmati dei testimoni. Citando resoconti e fonti informate sui fatti, Amnesty International ha subito dopo riferito che la studentessa era stata trasferita in una struttura psichiatrica, come poi il governo ha successivamente confermato. Ha quindi sollevato allarme tra le organizzazioni per la difesa dei diritti umani l’annuncio della ministra per la Promozione della virtù e la prevenzione del vizio Mehri Talebi, di aprire sportelli con servizi specifici, telefonici o di gruppo, rivolti a donne che richiedono consulenza poiché incontrano difficoltà a indossare il velo. Una mossa che ha spinto molte organizzazioni, ma anche media internazionali, a temere che tali “cliniche per il velo” sarebbero diventate un passaggio obbligato per coloro che, invece, si rifiutano di indossarlo. A evidenziare la “prassi” di deferire donne che rifiutano tale indumento religioso verso servizi psichiatrici è stata, ancora, Amnesty International. Per l’agenzia Dire il portavoce per la sezione italiana dell’organismo commenta: “Se confermato sembrerebbe una buona notizia: le autorità iraniane si astengano da ulteriori azioni repressive nei confronti di Daryaei e dal compiere molestie e intimidazioni che possano ostacolarne il proseguimento dei suoi studi universitari”.