L’obesità non solo peggiora gli esiti del COVID-19 ma aumenta anche del 34% le possibilità di contrarre l’infezione rispetto ai soggetti non obesi
L’eccesso di peso non solo peggiora gli esiti del COVID-19 ma aumenta anche del 34% le possibilità di contrarre l’infezione rispetto ai soggetti non obesi, evidenziando l’utilità dei programmi di gestione del peso come misure preventive efficaci contro la trasmissione dell’infezione. Sono i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista PNAS Nexus (Oxford Academic).
L’epidemia di coronavirus SARS-CoV-2 ha avuto inizio nel dicembre 2019, si è diffusa rapidamente in tutto il mondo, è diventata una pandemia entro marzo 2020 ed è in continua evoluzione. Lo sviluppo di vaccini multipli ha contribuito ad attenuare la gravità delle ondate successive, ma i loro effetti dipendono dall’efficacia della distribuzione del vaccino all’interno delle comunità. Inoltre le nuove forme mutate del virus hanno mostrato diverse capacità di diffusione e una resistenza variabile alle vaccinazioni. Per contrastare la diffusione della malattia in caso di sospetta esposizione a portatori di SARS-CoV-2 è quindi fondamentale identificare le popolazioni a rischio che hanno una maggiore suscettibilità allo sviluppo di infezioni con replicazione virale attiva.
Ricerche precedenti si sono concentrate sui fattori predisponenti che influenzano la patologia e la gravità del COVID-19, mostrando che età avanzata, malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, obesità e ipertensione possono peggiorare significativamente gli esiti della malattia. Tuttavia la conoscenza delle predisposizioni che influenzano la suscettibilità all’infezione a seguito dell’esposizione al virus è limitata, hanno premesso gli autori.
Influenza dei fattori di rischio sulla trasmissione del virus
Lo studio si proponeva di valutare il tasso di trasmissione del virus SARS-CoV-2 a seguito di una sospetta esposizione virale e la sua associazione con potenziali fattori di rischio, in particolare anomalie del peso corporeo (obesità), ipertensione ed età. I dati sono stati acquisiti dal Mass General Brigham (MGB) COVID-19 Data Mart, composto da cartelle cliniche elettroniche provenienti da tutti gli Stati Uniti. Per ridurre al minimo gli effetti confondenti della vaccinazione, lo studio è stato limitato temporalmente e geograficamente al Massachusetts tra marzo 2020 e gennaio 2021 (prima della vaccinazione su larga scala nello Stato).
Sono stati raccolti dati demografici, socioeconomici e anamnestici. L’esposizione al virus è stata auto-riportata dai pazienti ed è stata definita come un sospetto contatto con un individuo infetto o un suo rappresentante. La suscettibilità all’infezione è stata definita come infezioni da SARS-CoV-2 confermate clinicamente tramite PCR che si sono verificate a seguito dell’esposizione. Quindi, se da un lato lo studio si è basato su dati di esposizione auto-riportati, il che introduce una certa soggettività, l’uso di casi confermati da PCR rafforza l’affidabilità dei risultati.
L’obesità aumenta del 34% la suscettibilità all’infezione
Dopo aver escluso i partecipanti con dati incompleti, l’analisi ha incluso oltre 72mila pazienti (58,8% donne). La stratificazione per classe di età ha rivelato che i soggetti nel gruppo 40-64 anni erano predominanti nel set di dati (39,7%), seguiti da quelli con più di 64 anni (30%), con 20-39 anni (24,7%) e con 13-19 anni (3,5%). I pazienti pediatrici rappresentavano il 2,2%. L’obesità era prevalente in tutte le fasce di età, con i tassi più elevati osservati negli adulti di mezza età (40-64 anni). Il 33,7% dei partecipanti è risultato obeso durante il periodo di studio.
Hanno sviluppato l’infezione circa 18mila pazienti. La suscettibilità in base alle fasce di età variava dal 22,8% (>64 anni) al 28% (13-19 anni), rispettivamente del 26,4% e del 24,6% per uomini e donne, suggerendo che età e sesso non sono fattori di rischio intrinseci nella suscettibilità al SARS-CoV-2. Tuttavia l’obesità è stata identificata come un predittore significativo dell’infezione, con un odds ratio (OR) di 1,34 che indica una probabilità di infezione del 34% maggiore negli individui obesi. Le valutazioni demografiche (età, sesso, contea) non hanno influito su questo risultato, rivelando che l’obesità è costantemente un fattore predittivo significativo delle infezioni in base a età, sesso e area geografica.
Come hanno fatto presente i ricercatori, nonostante l’obesità sia un fattore di rischio significativo, la natura auto-riportata dei dati di esposizione e le potenziali imprecisioni delle cartelle cliniche elettroniche sono limitazioni che dovrebbero essere considerate quando si interpretano questi risultati. La ricerca futura potrebbe concentrarsi su studi meccanicistici per esplorare i percorsi di segnalazione condivisi negli individui obesi, il che potrebbe portare all’identificazione di bersagli farmacologici per ridurre l’infettività del SARS-CoV-2.
Referenze
Matamalas JT et al. Obesity and age are transmission risk factors for SARS-CoV-2 infection among exposed individuals. PNAS Nexus. 2024 Aug 27;3(8):pgae294.