Lupus: gli anticorpi anti-Ro sono predittivi di maggiore attività di malattia e di maggior ricorso all’impiego di steroidi
I pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico positivi agli anticorpi anti-Ro60 o anti-Ro52 possono andare incontro ad una maggiore attività di malattia ed a una necessità di trattamento più intensivo con steroidi.
Queste le conclusioni di uno studio recentemente pubblicato su Rheumatology.
Razionale e disegno dello studio
“Gli anticorpi anti-Ro60 e anti-Ro52 sono tra gli autoanticorpi più frequentemente rilevati e sono utilizzati per la diagnosi e la classificazione della malattia di Sjögren”, scrivono i ricercatori nell’introduzione allo studio.“Oltre alla malattia di Sjögren, gli autoanticorpi anti-Ro sono più frequentemente associati al LES.
“Mentre l’utilità del test degli anticorpi anti-Ro nella malattia di Sjögren come autoanticorpo chiave di definizione è ben nota, fino ad oggi vi erano pochi dati relativi al significato della positività degli anti-Ro nel LES”.
Di qui il nuovo studio, che si è proposto di approfondire le relazioni esistenti tra gli outcome del LES e la positività degli anticorpi anti-Ro.
I ricercatori hanno analizzato i dati dei pazienti dell’Australian Lupus Registry and Biobank. Il loro studio ha incluso 409 pazienti con LES (83,9% donne), il 47,2% dei quali era risultato positivo ad uno o entrambi gli anticorpi anti-Ro.
I ricercatori hanno fatto ricorso ad analisi di regressione lineare o logistiche per confrontare le caratteristiche dei pazienti con gli outcome di malattia.
Tra gli outcome considerati vi erano lo stato di attività di malattia elevata, definito dall’ottenimento di un punteggio pari o superiore a 10 dell’indice SLEDAI-2k, nonché lo SLEDAI medio aggiustato per la presenza di fattori confondenti.
Risultati principali
Dai dati è emerso che i pazienti con positività agli anti-Ro erano per lo più di etnia asiatica (OR vs. caucasici = 2,76; IC95%:1,76-4,28), con positività al dsDNA (OR = 1,75; IC95%: 1,05-2,93) e ipocomplementemia, definita da bassi livelli di C3 o C4 (OR = 3,15; IC95%:1,5-6,62).
In questi pazienti, inoltre, la probabilità di presentare un elevato stato di attività della malattia (OR = 1,65; IC95%: 1,1-2,48) e uno SLEDAI medio pari o superiore a quattro (OR = 1,84; IC95%: 1,18-2,88) era maggiore.
Lo studio, infine ha rilevato un utilizzo più frequente di glucocorticoidi (OR = 1,87; IC95%: 1,16-3,03) e immunosoppressori (OR = 2; IC95%: 1,26-3,17) tra i pazienti con positività agli anti-Ro.
I sintomi della sicca erano presenti nel 24,4% dei pazienti appartenenti a questa popolazione ed è stata osservata l’esistenza di un’associazione significativa con l’ipergammaglobulinemia (P = 0,042).
Da ultimo, i legami tra la positività agli anti-Ro e l’etnia asiatica, le gravi infiammazioni, la media aggiustata più elevata del punteggio SLEDAI, l’ipocomplementemia, il fattore reumatoide, la proteinuria, la leucopenia e i sintomi della sicca sono stati confermati dall’ analisi multivariata.
Riassumendo
In conclusione, “…la presenza di anticorpi anti-Ro nel LES aggiunge informazioni prognostiche per i medici” hanno scritto i ricercatori nella discussione del lavoro. “Oltre alla possibilità di una sindrome di sovrapposizione, la positività anticorpale è risultata associata ad una maggiore attività di malattia nei pazienti con LES, con una maggiore frequenza di associazioni di organi bersaglio specifici, come la malattia cutanea ed ematologica”.
“I pazienti con LES anti-Ro-positivo presentano anche una frequenza elevata di proteinuria, che dovrebbe indurre ad un esame più attento dell’istopatologia renale”, hanno aggiunto. “Lo studio sottolinea l’importanza di esaminare il raggruppamento di autoanticorpi, in particolare nei pazienti con caratteristiche di sovrapposizione, e di determinare le strategie di trattamento ottimali”.
Bibliografia
Liao K, et al. The implication of anti-Ro60 with or without anti-Ro52 antibody in patients with systemic lupus erythematosus. Rheumatology. 2024;doi:10.1093/rheumatology/keae362.
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